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ANTONIO TAJANI SEGRETARIO NAZIONALE AZZURRO E MINISTRO DEGLI ESTERI
Generalmente la stagione più propizia, in Parlamento, per i cambi di casacca, è la parte finale della legislatura. Quando infatti si incomincia a intravedere la via delle urne e i sondaggi indicano con sempre maggiore precisione quanti potrebbero essere i seggi spettanti ad ogni partito, i peones o gli eletti di caratura media cercano di comprendere se e dove vi sarà spazio per una ricandidatura.
Il discorso potrebbe essere tacciato di un certo qualunquismo, ma i dati delle ultime legislature ( consultabili sui siti di Camera e Senato) stanno a testimoniare senza alcun dubbio che ogni mandato parlamentare ha presentato un partito, di volta in volta, leader nel ruolo di calamita per gli insoddisfatti. E' stato così per il Pd di Renzi, che a suo tempo provocò una scissione a sinistra ma parallelamente guadagnò alla causa del Nazareno più di un esponente dell'ala cattolico- moderata, e alla Lega di Salvini quando le vacche erano grasse. Il flusso più clamoroso degli ultimi anni è stato decisamente quello che, nella scorsa legislatura, ha portato nelle file di FdI numerosi esponenti di altri partiti di centrodestra, ma soprattutto del M5s.
Nell'estate del 2022, il gruppo di Fratelli d'Italia aveva fatto registrare un + 10 nel saldo dei parlamentari, rispetto al 2018, e la maggior parte di questi erano ex- grillini. E' fin troppo facile spiegare che il partito di Giorgia Meloni era approdato alla XVIII legislatura con poco più del quattro per cento e, dopo quattro anni e mezzo, era accreditato di una crescita elettorale pari a sette volte il dato di partenza. Ciò stava a significare, con tutta evidenza, una discreta possibilità di utilizzo dei parvenus.
Ebbene, il passaggio del senatore Antonio Trevisi dal M5s a Forza Italia ha confermato l'impressione che, in questa prima metà di legislatura, la forza politica su cui stanno scommettendo maggiormente i transfughi è il partito fondato da Silvio Berlusconi, per una serie di ragioni già ampiamente emerse nelle analisi degli addetti ai lavori e corroborate dalle ultime performance elettorali degli azzurri.
L'arrivo di Trevisi, salutato con compiacimento dai vertici del gruppo a Palazzo Madama, arriva qualche giorno dopo il passaggio a Fi di un gruppo di eletti leghisti del consiglio comunale di Milano e di alcuni municipi del capoluogo lombardo, che ha fatto seguito, a sua volta, alla costituzione di una corrente ex- leghista chiamata “Forza Nord”. Molti hanno già dimenticato, inoltre, che quello di Trevisi è già il secondo passaggio di un senatore dal movimento di Giuseppe Conte al partito guidato da Antonio Tajani, poiché lo scorso febbraio analogo passo era stato compiuto da Raffaele De Rosa. Ciò significa, anzitutto, che la crisi in cui versa
il M5s da anni ( che la vittoria di Alessandra Todde aveva illusoriamente arrestato) continua ad alimentare la diaspora, favorita anche dai recenti contrasti tra Conte e Beppe Grillo, ma soprattutto che il pronostico più favorevole, nel medio termine, da parte della classe politica è proprio per Fi. E non è da escludere che le scelte di De Rosa e Trevisi di fare il salto adesso siano dovute a una tattica che intende anticipare un eventuale maggiore flusso verso gli azzurri quando si dovesse profilare con certezza la crescita di questi ultimi.
C'è la tattica, ma questa va sempre riempita di contenuti politici che possano giustificare scelte apparentemente incoerenti. Per De Rosa l'elemento che ha reso intollerabile la permanenza dentro il M5s è stata, a suo dire, «l'ambiguità» sul sostegno all'Ucraina e sull'atlantismo dell'Italia, mentre a Trevisi non è andata giù «l'opposizione fine a sé stessa» di Conte. Il dato più rilevante, per il momento è che, anche se Giorgia Meloni può fare affidamento su numeri tranquilli nelle Camere, il perimetro della maggioranza si è allargato di due unità. Il secondo è che i parlamentari citati, a differenza di quelli che nella scorsa legislatura erano approdati a FdI, sono passati dalla forza più giustizialista dell'opposizione a quella più garantista della maggioranza.
Basti pensare, per rimanere all'ultimo anno, a tutte le prese di posizione dei pentastellati contro ogni ipotesi di riforma della giustizia, dalle intercettazioni alla prescrizione, passando per l'abuso d'ufficio e, ovviamente, la separazione della carriere. Per tacere del fatto che il M5s è l'unica forza di opposizione ad essersi pronunciata contro la proposta di legge del deputato Iv Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata dei detenuti, rinviata in commissione proprio ieri. Tornando alla separazione delle carriere, il cui iter dovrebbe prendere quota al rientro dalle vacanze in commissione Affari costituzionali alla Camera, il ddl costituzionale del governo ha dunque guadagnato un altro voto favorevole. Che da solo non fa la differenza ma che, sommato a quello di De Rosa e a quelli dei parlamentari di Iv e Azione che hanno fatto già sapere di voler sostenere la riforma, contribuisce se non altro a creare un quadro parlamentare molto interessante.