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Un'operazione «raffinata», l'ha definita qualcuno nei corridoi di Palazzo. Si parla del tentato blitz della Lega in aula al Senato sull'abolizione dei ballottaggi, che se da una parte non aveva alcuna possibilità di riuscita, dall'altra ha assolto all'obiettivo che gli aveva assegnato Matteo Salvini. E cioè inviare un messaggio agli alleati su quale potrà essere il leitmotiv della campagna elettorale del Carroccio da qui a giugno. Mettere in imbarazzo politico FdI e Fi può significare, infatti, riproporre delle norme che il centrodestra aveva caldeggiato con spirito unitario, quando i rapporti di forza interni non avevano magari la conformazione attuale, sottolineando l'incoerenza di chi oggi preferisce tornare sui propri passi. E così, l'abolizione del ballottaggio diventa la puntura di spilla nei confronti di chi, esattamente un anno fa, aveva tentato un blitz analogo presentando lo stesso emendamento di mercoledì in un altro provvedimento.
A marzo del 2023, nelle more della discussione di un ddl tecnico sulla modalità di raccolta delle firme per le elezioni amministrative, tutto il centrodestra tentò di mettere ai voti lo stop ai ballottaggi nei grandi Comuni, nel caso il candidato sindaco più votato raggiungesse una percentuale superiore al 40 per cento.
L'elemento curioso è che, in quel caso, a spingere maggiormente per introdurre la modifica era stato un parlamentare azzurro, il senatore ed ex- sindaco di Brescia Adriano Paroli. Non è un caso che, di fronte all'iniziativa dei senatori del Carroccio di ieri l'altro, nessuno dei colleghi degli altri partiti di maggioranza abbia pensato di denigrare o contrastare nel merito l'emendamento, ma abbiano optato per una diplomatica richiesta di trasformazione in un ordine del giorno, con la speranza di gettare la palla in tribuna almeno per un po'. Ma prendendo la parola in chiusura di seduta, il capogruppo leghista Massimiliano Romeo, rivolgendosi ai suoi alleati più che alle opposizioni, ha fatto chiarezza dicendo che anche su questo tema il suo partito tornerà alla carica. Dunque una Lega “dura e pura”, custode del programma originale del centrodestra su riforme, autonomia, fisco, immigrazione e rapporto con l'Ue, pronta a esaltare i cambi di rotta e le edulcorazioni operate da FdI e da Fi.
Sul fronte più sentito dall'elettorato (il fisco) la presidente del Consiglio sta conducendo una campagna preventiva, che la metta al sicuro dall'attivismo salviniano: la frase «le tasse non sono una cosa bella» è esemplificativa, soprattutto se accompagnata da provvedimenti come il discarico automatico delle cartelle esattoriali non riscosse dopo cinque anni, su cui il Capitano - alfiere del “saldo e stralcio” - avrebbe volentieri messo il cappello.
Ma c'è un tema sul quale la premier non può difendersi dal suo alleato leghista, ed è quello della politica estera e comunitaria. Proprio su questo terreno Salvini sta preparando la propria “guerriglia” per le Europee, della quale si potrà avere un antipasto oggi a Milano con l'evento dei giovani del Carroccio, presentato come un appuntamento «contro le follie dell'Ue e del politicamente corretto». Ma il piatto forte ci sarà il 23 marzo nella Capitale, con la kermesse sovranista “Winds of change” alla quale parteciperanno esponenti di tutti i partiti collegati al gruppo Id, tra cui i francesi lepenisti di Rassemblement National e i discussi tedeschi di Afd.
A chiudere, l'intervento di Salvini, dal quale sarà lecito attendersi parole di fuoco contro Bruxelles su green deal e immigrazione. Tra i bersagli preferiti difficile non immaginare il Ppe di Ursula von der Leyen e la sua alleanza con la sinistra europea, argomento che il segretario leghista non mancherà di brandire fino allo sfinimento per mettere in imbarazzo - in chiave anti- sorpasso - Antonio Tajani, reduce dal voto di Bucarest con cui Fi, al congresso del Ppe, ha detto sì alla ricandidatura della politica tedesca a capo della Commissione. Il ministro degli Esteri, però, non sta a guardare e, sull'onda dei buoni risultati ottenuti dal suo partito in Sardegna e in Abruzzo potrebbe fare scouting tra i leghisti di rito bossiano delusi dalla linea di Salvini: l'ex- capogruppo del Carroccio Marco Reguzzoni, infatti, è in lizza per una candidatura con gli azzurri alle prossime Europee nel collegio Nord-Ovest.