Per la prima volta nella storia la maggioranza assoluta alle prossime elezioni europee potrebbe averla il partito del non voto. Le previsioni dei principali istituti di rilevazione, alla vigilia della tornata per il rinnovo del Parlamento europeo, sono concordi nell’indicare nell’aumento dell’astensione uno dei principali fattori con i quali i partiti, insieme ai loro leader, dovranno fare i conti.

Il generare senso di disillusione degli italiani, il sentire l’Europa come qualcosa di lontano dalla vita quotidiana, i giovani sempre più lontani dalla politica e il weekend di sole potrebbero realizzare la tempesta perfetta. Del resto, già nel 2019 la percentuale dei votanti si fermò al 54,5 per cento, seppure con le votazioni che si erano svolte in una sola giornata. Una percentuale non certo lusinghiera che dovrebbe essere ritoccata verso il basso, secondo i principali analisti e che, nelle previsioni peggiori, potrebbe scendere sotto la soglia simbolica del 50%.

Ecco perché i partiti stanno moltiplicando gli sforzi e sperano di salvare il salvabile nelle ultime ore. Con il partito del non voto maggioranza assoluta, la bocciatura per i principali partiti sarebbe evidente e avrebbe un sapore ancora più amaro per i leader, come Meloni, Schlein e gli altri che hanno deciso di “metterci la faccia” e di chiedere un voto di fiducia personale, nonostante la certezza di non andare a ricoprire il ruolo di parlamentari europei.

La premier, in occasione della sua ultima uscita pubblica, non a caso si è lasciata andare ad un vero e proprio appello al voto. «I cittadini vadano a votare e non si voltino dall’altra parte, perché l’Europa si occupa della loro quotidianità molto più di quel che credono», ha dichiarato Meloni, sottolineando l’importanza di ogni singolo voto. «Ogni croce sul simbolo di Fratelli d’Italia la userò per portare a casa risultati per i cittadini italiani». E soprattutto per rafforzare la propria leadership.

Nonostante Meloni abbia più volte sottolineato come si tratti di una competizione esclusivamente europea, non si è nascosta: «Allo stesso tempo, considero questa tornata un'indicazione importante sulla strada percorsa finora» . Inevitabile, tuttavia, che astensione e percentuali raggiunte dai partiti disegneranno un nuovo scenario e al Sud, dove l’astensionismo potrebbe raggiungere vette ancora maggiori, è duello all’arma bianca tra Lega e Fi. Tajani, con i suoi governatori meridionali, ci crede e vuole lasciare solo le briciole a Salvini per poi passare all’incasso sul piano nazionale. E se il ministro degli Esteri continua a dire di non fare la corsa sugli alleati, i suoi alfieri sul territorio svelano la strategia.

L’europarlamentare azzurro ricandidato al Sud Fulvio Martusciello da Napoli è stato chiaro: «Siamo quelli del ’ 94. A Salvini dico prenderemo quattro volte i suoi voti qui nel Mezzogiorno. E non dimentichiamo come la Lega chiamava il Sud». Un messaggio chiaro ai naviganti anche in vista della ripresa dell’attività di governo che dovrà affrontare la stagione delle riforme e tra queste l’autonomia differenziata che al Meridione proprio non piace e sulla quale Salvini rischia di giocarsi la propria leadership.

Discorso analogo nel centrosinistra dove l’astensionismo rischia di azzoppare la rivoluzione Schlein all’interno del Pd. Anche lei ha legato il suo nome alla tornata elettorale e anche lei rischia di uscire indebolita in caso di alta astensione e soprattutto se al Sud le trappole dei “cacicchi” dovessero regalare al Pd percentuali inferiori a quelle dei Cinque Stelle. Giuseppe Conte non aspetta altro per provare a prendersi il campo largo.