«Invito il Pd a svolgere i lavori congressuali cercando di approfondire un tema assolutamente importante: quale traiettoria intravedono anche nel confronto con altre forze politiche». Giuseppe Conte approfitta della conferenza stampa di presentazione della candidata pentastellata alle Regionali del Lazio, Donatella Bianchi, per lanciare una stoccata al “mancato” alleato. «Decidano bene cosa vogliono fare del loro futuro», scandisce l’avvocato riferendosi al Pd, «non vorrei che completassero queste riflessioni finendo poi col campo largo pensando che il M5S possa collaborare. Il nostro programma riformista non può avere nulla a che vedere con il programma di Azione e Italia viva», aggiunge Conte, chiudendo le porte a ogni ipotesi di riesumazione delle alleanze larghissime.

Il nuovo capitolo della saga “assalto alla diligenza dem” passa per la Regione Lazio, dove l’alleanza giallo- rossa non ha visto la luce perché il Pd ha scelto di convergere su Alessio D’Amato, «il nome indicato dal duo Renzi-Calenda», assicura il leader pentastellato. Di chiunque sia la responsabilità, a beneficiare della querelle sarà comunque Francesco Rocca, candidato di Fratelli d’Italia, strafavorito anche grazie alla frammentazione di quello che un tempo veniva definito campo progressista e oggi non esiste più.

I grillini hanno scelto di puntare infatti su Donatella Bianchi, nota conduttrice del programma Rai Linea Blu, ex presidente del Wwf ed ex membro del “comitato Colao” composto da in materia economica e sociale chiamati a organizzare la ripartenza italiana dopo il Covid. Un profilo civico, ma senza il piglio del trascinatore di folle, in grado però di dar vita a un nuovo esperimento politico che potrebbe alla lunga impensierire il Pd.

A sostenere Bianchi, infatti, non c’è solo il Movimento 5 Stelle, ma anche il “Polo progressista”, una sigla che ai più non dirà nulla e che di certo non porterà quintali di schede nelle urne della candidata, ma rappresenta il primo caso di un’alleanza elettorale andata in porto tra i pentastellati e la sinistra radicale.

Per Conte è la certificazione dell’avvicinamento definitivo tra due mondi estranei fino a poco tempo fa. Polo progressista, infatti è figlio di “Coordinamento 2050”, un progetto politico nato dall’unione di ex esponenti del Pd, di Sinistra italiana ed ex Verdi come Stefano Fassina, Loredana De Petris e Paolo Cento. E capolista del Polo progressista nel Lazio sarà Tina Balì, a capo della Flai-Cgil, la sigla che tutela i lavoratori del settore agroalimentare e ambientale. Un altro colpo basso per i dem che temono un contatto troppo ravvicinato tra il M5S e lo storico sindacato rosso, che dal canto suo nega sostegni organici al mondo grillino. Del resto, da tempo il feeling tra Giuseppe Conte e Maurizio Landini è finito sotto i riflettori del Nazareno e ulteriori segnali d’intesa cominciano a infastidire il quartier generale Pd.

«Non siamo per la logica del voto utile o del meno peggio, perché non porta da nessuna parte», dice l’ex premier 5S, anticipando la probabile campagna dem. «I cittadini sono stanchi e vogliono parlare di cose concrete. Per noi non basta dirci progressisti ma dobbiamo agire da progressisti. Noi abbiamo fatto appello a tutte le forze politiche e civiche per un programma progressista». Ma il Pd ha risposto picche e i grillini hanno optato per un profilo civico.

«La mia è una candidatura di servizio, non sono una politica di professione», dice l’aspirante governatrice Bianchi, «ho fatto la giornalista nel pubblico servizio e ritengo che oggi il mio impegno debba essere quello di mettermi a disposizione di persone con le quali condivido visioni e progetti e un percorso di crescita per il futuro non solo della Regione Lazio ma anche del Paese», spiega la candidata. Che poi interviene sul tema più caldo per la propaganda M5S: il termovalorizzatore di Roma. «Ho molte perplessità», dice la giornalista.

«Nessun fanatismo, ma serve un nuovo modello di gestione dei rifiuti e quindi un nuovo piano per diminuire la produzione e aumentare la differenziata: a quel punto l'inceneritore non servirà più, ma serviranno impianti più piccoli». Toni forse troppo pacati per il nuovo Conte di battaglia che punta a rosicchiare ancora consensi a sinistra. Ma la campagna elettorale è appena cominciata.