Il Senato conferma la fiducia al governo Conte II con 156 sì, 140 voti contrari e 16 astenuti.  La Presidente del Senato Elisabetta Casellati, dopo l’esame dei video, ha riammesso al voto per la fiducia i senatori Alfonso Ciampolillo e Riccardo Nencini, che votano sì. «È stato effettuato un accertamento sulla chiusura della votazione. Risulta che Ciampolillo sia arrivato alle 22.14. Io ho dichiarato la chiusura alle 22.15. Siccome ha alzato la mano e non ho potuto vederlo, riammetto alla votazione Ciampolillo», ha spiegato Casellati, riammettendo anche Nencini «che era arrivato subito dopo». Dopo dodici ore in Aula il Conte bis va avanti, senza la maggioranza assoluta di 161 voti garantita fino a ieri da Italia Viva, ma con un sostegno dei cosiddetti “volenterosi” che potrebbe aumentare nelle prossime settimane. Due i senatori di Forza Italia che votano a favore del governo, così come i tre senatori a vita Mario Monti, Liliana Segre ed Elena Cattaneo. È questo il sunto della giornata più lunga del secondo governo guidato dal presidente del Consiglio di Volturara Appula, prima a capo del primo governo populista della Repubblica, poi al vertice dell’alleanza giallorossa e ora a guida di un esecutivo che chiede aiuto a socialisti, liberali e popolari. Dopo la comunicazione di Conte sono stati 45 gli interventi che hanno animato la discussione in Senato, tra l’iniziale tentativo del “grande vecchio” Pier Ferdinando Casini di ricucire lo strappo tra Chigi e Italia Viva e gli attacchi pentastellati a «negazionismo, antiscientismo, sovranismo cieco e fanatismo oscurantista». Poi è arrivato l’attacco di Renzi, atteso e prevedibile, ai banchi dell’esecutivo. L’ex presidente del Consiglio si è difeso dall’accusa di aver aperto una crisi di governo in piena pandemia senza tuttavia far emergere le reti intenzioni di voto. Tanto che attorno alle 19, per alcuni minuti, è sembrato che Italia Viva potesse votare no piuttosto che astenersi, come poi invece confermato dall’ex ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova. «Mi sarei aspettato da lei un grande sogno per il futuro del Paese - ha detto Renzi rivolgendosi a Conte - Lei ha avuto paura di salire al Quirinale il giorno dopo le dimissioni delle ministre di Iv non perché sia utile al Paese, ma perché ha scelto un arrocco istituzionale». Il pomeriggio è scorso rapido fino alle repliche dell’inquilino di palazzo Chigi, che ha accusato Italia Viva di aver «bloccato il Recovery Plan» rifiutando il confronto collegiale. «A un certo punto avete scelto la strada dell'aggressione e degli attacchi mediatici - ha detto Conte - La rispettiamo ma possiamo dire che forse non è la scelta migliore negli interessi del Paese?». E così come si era aperta, la discussione si chiude con un’altra standing ovation, stavolta per Paolo Borsellino, ricordato da Conte nell’81° anniversario dalla nascita. Poi le dichiarazioni di voto, con il capogruppo dem Andrea Marcucci che invita i parlamentari di Italia Viva eletti con il Pd a «riflettere su dove è giusto andare» e il leader della Lega, Matteo Salvini, che sfora i tempi e attacca i senatori a vita. Infine, il voto e la moviola. Il Conte bis, azzoppato, per ora va avanti. Conte-Renzi, il "duello" in Aula In Aula della Camera, nella prima due giorni che decreteranno la sopravvivenza del suo governo, Giuseppe Conte non aveva mai citato Matteo Renzi. Nè il premier aveva riservato a Italia viva affondi e colpi diretti. Al Senato, invece, nelle repliche al dibattito sulla fiducia, il presidente del Consiglio - forse anche complice il fatto che poco prima a lanciare l’affondo era stato direttamente Renzi guardandolo in faccia dai banchi di palazzo Madama - cita espressamente «il senatore di Italia viva Matteo Renzi» e si toglie qualche sassolino dalle scarpe e risponde fermo, ma per le rime. La premessa sembra essere una replica all’accusa di «arrocco». Scandisce Conte: «Se questo governo non avrà i numeri andrò a casa». Quindi, cita la Costituzione e alla difesa di Iv che ha sempre rivendicato di non tenere alle poltrone, a differenza di altri, Conte scandisce: «Parlate sempre di poltrone, io non mi vergogno di dire che siamo seduti su queste poltrone, non è importante dire che non si è interessati alle poltrone, ma essere interessati a starci seduti con disciplina e onore». E all’accusa di non aver cercato il confronto e il dialogo, la mediazione, il presidente del Consiglio replica ricordando e rivendicando che non è vero, il confronto c’è stato, ma questo può avvenire anche «in modo collegiale con toni tranquilli». Anzi, spesso, quando c’è stato confronto collegiale e tranquillo, «avete trovato il sottoscritto a difendere le vostre posizioni». «Il dialogo è sempre possibile - scandisce - e quando si è scelta la strada del dialogo, avete trovato il sottoscritto a difendere le vostre posizioni. Ma a un certo punto avete preso una strada diversa, un strada che non è della leale collaborazione. Diciamolo di fronte a tutti: questa non è stata la strada giusta nell’interesse del Paese», scandisce ancora riferendosi alla crisi aperta con le dimissioni delle ministre renziane. Quanto al Recovery, difende Conte, «non è stato elaborato in qualche oscura cantina di palazzo Chigi ma in incontri con tutti i ministri, anche le ministre di Iv». Poi, però Iv ha voluto «distruggere» la bozza, con l’unico risultato di «perdere 40 giorni e ora dobbiamo correre». E ancora: «Il Mes è un tema divisivo. È contraddittorio, una volta aver contribuito al miglioramento del Recovery plan, decidere di non accettarlo perché non c’era il Mes». Insiste Conte nelle repliche al Senato, sempre rivolgendosi ai renziani: «Non avete mai trovato le porte chiuse». Ma «a un certo punto avete scelto non una strada di leale collaborazione, ma quella dell’aggressione e degli attacchi mediatici». E andare via sbattendo la porta è «una vostra scelta, la rispettiamo ma permetteteci di dire che forse non è la scelta migliore nell’interesse del Paese, questa situazione non significa avere a cuore l’investire nel futuro». Conte ricorda poi che se il motivo della rottura è stato la mancanza di un nuovo accordo di governo, «stavamo già lavorando a un patto di fine legislatura» e garantisce che «lavoreremo se avremo la fiducia al rafforzamento della squadra di governo».