Ha voluto incontrare gli operai in sciopero davanti allo stabilimento ex Ilva, il premier Giuseppe Conte. Unico esponente del governo, il presidente del Consiglio ha cancellato gli impegni istituzionali ed è volato a Taranto, dove ha affrontato le delegazioni degli operai attorniato da una grande folla di manifestanti e attivisti di associazioni ambientaliste, che lo hanno accolto con slogan: “Taranto libera”, “Chiusura della fabbrica”, “Vogliamo vivere”, proponendo la riconversione del siderurgico. «Non ho la soluzione in tasca.

Vedremo nei prossimi giorni», ha concluso il premier fuori dai cancelli dell’ex Ilva, spiegando che «in questo momento il dato di fatto è che Mittal restituisce la fabbrica», e non nascondendo le difficoltà del momento: «È aperto 24 ore su 24 un gabinetto di crisi sulla vicenda. Nei prossimi giorni vedremo come andrà la situazione, non ho pronta una soluzione ma qualsiasi situazione può diventare anche una opportunità». Poi è entrato e ha incontrato il consiglio di fabbrica, per ascoltare le ragioni dei lavoratori. Intanto, la giornata politica e le 24 ore di sciopero non hanno mutato sostanzialmente alcuna posizione. La Arcelor Mittal ha confermato la volontà di recedere dal contratto, la dichiarazione di 5mila esuberi ( ma si teme che siano di più, quasi 7mila) e l'atto di citazione verso i commissari di Ilva. Sul fronte opposto, il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha ribadito che il punto fermo del governo è quello che la società ritiri la procedura: «L’ipotesi sul tavolo è che Mittal adempia ai propri impegni. Deve sviluppare gli investimenti, il piano ambientale e quello industriale che si è impegnata a portare avanti. È questa la prospettiva del governo».

Una prospettiva, tuttavia, che sembra sempre più complicata da realizzare dopo l’incontro per nulla risolutivo con la multinazionale. Se a tenere banco in maggioranza è ancora lo scudo penale, il Movimento 5 Stelle ( che lo volle abolire) non cambia posizione. In una riunione con i suoi ministri, Luigi Di Maio ha ripetuto che «La linea su Arcelor Mittal non cambia».

Sul fronte sindacale, invece, il segretario della Cgil, Maurizio Landini ha rilanciato: «Chi vieterebbe che lo Stato intervenga con una quota del 20- 30% nell’ex Ilva, in modo da garantire che non c’è ostilità e gli investimenti vengano fatti?», già oggi, infatti «i grandi gruppi industriali di questo Paese sono pubblici: Poste, Eni ed Enel».

L’idea di una nazionalizzazione, tuttavia, viene smentita direttamente dalla maggioranza: «Non è sul tavolo», ha detto il viceministro all’Economia Antonio Misiani che ha invece rilanciato: «Bisogna costringere ArcelorMittal a mantenere gli impegni.

Non è accettabile che dopo pochi mesi la società si disimpegni», e ha spiegato che «È una crisi legata a condizioni di mercato difficili, ma le crisi si affrontano con gli strumenti previsti in Italia, non certo - ha evidenziato con disimpegni che violano gli impegni contrattuali». La strada maestra del governo, dunque, rimane quella della negoziazione.