Quando Stefano Parisi ha alzato un po' la voce e ha detto "Noi siamo il futuro della politica" si è capito che era nato un leader. E anche che qualcosa era cambiato dai giorni in cui il candidato al ruolo di sindaco di Milano snocciolava il suo programma mantenendo quel tono pacato e colloquiale che gli aveva accattivato tante simpatie ma aveva anche suscitato qualche dubbio. Avrà il "quid"? si erano domandati in molti. Chi lo ha guardato e ascoltato non può non aver notato quel suo tenero impaccio.In certi momenti lo fa somigliare un po' a Woody Allen e più spesso a Massimo Troisi sia ormai solo piccola parte del politico che Parisi è diventato. L'applausometro ha registrato picchi molto alti sabato mattina, nel corso dell'intervento conclusivo della due giorni di studio un po' dottorale (e a tratti un po' noiosa). Rispetto alla quale occorre sottolineare che, al contrario di quanto accade normalmente nei congressi di partito, i partecipanti hanno seguito con una certa attenzione le relazioni, senza disperdersi nei corridoi a costruire trame e correnti. C'è stato anche qualche intervento dal pubblico, probabilmente programmato, che ha toccato soprattutto il tema della giustizia, che nella giornata di venerdi era stato il Grande Assente. Ai liberali piace sentirsi ricordare che se i poteri sono esecutivo legislativo e giudiziario, perché c'è un soggetto, il magistrato, che vuole esercitarli tutti e tre? Ai liberali piace ed è piaciuto sentirlo. Così come è stata apprezzata l'unica relazione sul tema, sabato mattina, di Annalisa Chirico, punteggiata da applausi entusiastici. Il che dimostra l'alta percentuale di militanti e simpatizzanti di Forza Italia presenti all' appuntamento di Stefano Parisi.La giustizia, appunto. Il nuovo leader del movimento "liberale e popolare" ha capito molto bene che il popolo dei "moderati" è ormai un popolo di incazzati, fatto di quella media borghesia che ha subito più di altri la crisi e soprattutto la politica strabica degli ultimi tre governi. La due giorni del Megawatt ha dato giustamente una grande sottolineatura alle ingiustizie economiche. E sul piano delle libertà, soprattutto a quella educativa e contro i privilegi della scuola statale rispetto a quella paritaria. Ma forse il popolo liberale si aspettava qualcosa di più sulle garanzie del cittadino, anche di fronte alla forza dello Stato. Parlare di legalità della politica è poca cosa se non la si accompagna alla legalità delle istituzioni, di tutte le istituzioni e in particolare di quell' "ordine" giudiziario, che diventa potere nel momento in cui può togliere la vita, cioè la libertà, al cittadino. Una bella relazione su diritti e doveri di tutti ci sarebbe stata bene.Sarebbe piaciuta anche a Silvio Berlusconi, che ha "lanciato" Parisi nella bufera della politica e anche (come ha sempre fatto, anche in azienda) nella bufera della competizione. Si butta il bambino nell'acqua, e si vede se sa nuotare, anche in mezzo agli squaletti. Lo stesso Berlusconi che ha "autorizzato" Giovanni Toti ad andare a Pontida da Salvini, ma ha "delegato" Stella Gelmini, coordinatrice lombarda di Forza Italia e anche la più sensata tra i dirigenti di partito, a presenziare e farsi vedere al Megawatt. Nel grande capannone si era tra amici. E forse c'era anche qualche "amico" di troppo. Ma fuori? Fuori c'è un Silvio Berlusconi che va conquistato davvero. Il resto non conta.