Uno dei ricordi più belli della mia infanzia risale alla fine degli anni 90. L'allora sindaco Francesco Rutelli invitò noi bambini delle scuole romane in Campidoglio per raccontarci il progetto di un sogno: ospitare a Roma le Olimpiadi e le Paralimpiadi del 2004. Ci fu consegnata una maglietta grigia con il logo di quella candidatura.Conservo ancora la maglietta perché quella fu per me la prima grande festa di sport per la nostra Capitale. Quella candidatura, infatti, fu un'occasione per avvicinare alla pratica sportiva tanti ragazzi, anche se poi i Giochi furono ospitati da Atene. Proprio in quei giorni è cresciuta dentro di me la voglia di provare a fare sport, conoscere quali fossero i limiti della mia disabilità e provare a superarli.Roma è molto cambiata da allora. Si è spenta lentamente. Le grandi opere sono ferme al Giubileo del 2000, le manifestazioni come la Notte Bianca o l'Estate Romana sono un pallido ricordo, i mezzi di trasporto fatiscenti, le strade piene di buche, la distanza tra periferia e centro sempre più evidente e insanabile, lo spostamento verso i luoghi di lavoro o di studio sempre più complesso, la presenza di barriere architettoniche e sensoriali pressoché ovunque ormai limita oggettivamente il diritto di autodeterminazione delle persone disabili. Un problema sempre più spinoso che si è tentato nel corso degli ultimi anni di arginare inseguendo le contingenze piuttosto che elaborando un piano organico e strutturale.In questo quadro, la candidatura di Roma 2024 metteva in campo una nuova idea di città e contemporaneamente consentiva lo stanziamento di fondi per realizzare delle opere che avrebbero permesso alla periferia di avvicinarsi di nuovo al centro. Una candidatura che avrebbe sostenuto un progetto culturale e sociale di avviamento dei bambini alla pratica motoria e sportiva. Una candidatura che avrebbe permesso finalmente di realizzare le grandi opere per la mobilità cittadina come, ad esempio, il prolungamento della metro A fino a Tor Vergata che avrebbe sicuramente contribuito a decongestionare il traffico di superficie in una delle periferie più popolose di Roma.Inoltre avremmo potuto beneficiare di un investimento esclusivo sulle palestre scolastiche e sul loro equipaggiamento poiché sarebbero diventate il luogo di allenamento per le varie nazionali, infine, sarebbero state riammodernate le strutture esistenti come ad esempio lo stadio Flaminio e il palazzetto dello sport dell'Eur. Sarebbero stati Giochi completamente nuovi perché lo sviluppo del progetto avrebbe dovuto seguire i nuovi criteri stabiliti dal Comitato Olimpico Internazionale nel 2014 e che entreranno in vigore dalla candidatura del 2024, che puntano soprattutto sulla valutazione dell' "eredità" che lasceranno i giochi alla città e al paese ospitante. Niente più cattedrali nel deserto.Il progetto italiano, inoltre, prevedeva il coinvolgimento diretto di 12 città da nord a sud del Paese: oltre a Roma, Torino, Milano, Genova, Verona, Udine, Firenze, Bologna, Napoli, Bari, Cagliari, Palermo, quindi, sulla scelta di Roma ricade anche il futuro olimpico e paralimpico di queste città.La candidatura avrebbe portato un progetto organico per l'abbattimento delle barriere architettoniche e sensoriali in tutte queste città: avremmo potuto raggiungere Milano che, come dimostra una recente inchiesta de La Repubblica, è diventata la città più accessibile d'Europa grazie anche agli interventi previsti per il grande successo dell'Expo. Quello di cui Roma e il Paese avevano bisogno erano interventi organici e strutturali. Avevamo la possibilità di riuscire in questa impresa con fondi stanziati dal comitato olimpico internazionale, ma non hanno voluto accettare la sfida perché non sono all'altezza del compito di vigilanza, governo, immaginazione che li avrebbe aspettati. Hanno deciso che Roma non meritava l'opportunità di ottenere dei fondi per realizzare delle opere che andassero oltre l'evento olimpico per rimanere patrimonio della città. Non possono farlo, non ne sono capaci: vivono raccontando menzogne, nutrire il malcontento e il disagio è il loro pane quotidiano. Raccontare una realtà diversa è la loro garanzia di sopravvivenza: dei cittadini poco gli interessa quello che conta è salvare l'apparenza e quel senso di miraggio permanente. Un sogno insomma che fa a pugni con la realtà quotidiana.Che peccato!Le Olimpiadi e le Paralimpiadi, avrebbero anche portato cultura. Torino, ultima città italiana ad ospitare un evento di questa natura nel 2006 ha completamente cambiato pelle. E non solo per quanto riguarda l'accessibilità. Lo scorso anno, infatti, il capoluogo piemontese è stata la Capitale Europea dello Sport realizzando quasi 1500 eventi che hanno continuato ad avvicinare grandi e piccoli alle differenti discipline sportive, dimostrando che la città ha saputo mantenere viva la fiaccola olimpica e paralimpica ben oltre la cerimonia conclusiva dei Giochi.Farage durante la campagna elettorale sulla Brexit raccontò senza scrupoli che l'uscita dall'Euro avrebbe prodotto un risparmio di 350 milioni di sterline e, come se non bastasse, promise che quei soldi sarebbero stati impiegati nel National Health Service, il sistema sanitario nazionale.Terminato il referendum ha ammesso candidamente che quella promessa non poteva essere mantenuta. Tutto qui. Il populismo è stato nutrito.Ecco, oggi mi sembra di assistere a una pietosa replica di quella campagna: il racconto falso e distorto dell'occasione olimpica per sedare i drammi interni da prima repubblica del M5S e per convincere i cittadini di essere gli incorrotti moralisti che salveranno l'Italia. Ad oggi non sono stati neppure capaci di trovare un assessore al bilancio che in questi giorni li avrebbe probabilmente aiutati a comprendere meglio la portata dell'evento. Mi rallegra sapere che l'assessore all'urbanistica Berdini, noto per la dura lotta ai palazzinari condotta in questi anni, sarebbe stato assolutamente a favore della candidatura di Roma. Purtroppo, le decisioni sul nostro futuro si prendono a Milano o a Genova sondando gli umori dell'ultima ora e la nostra Capitale tra poco spegnerà definitivamente la luce.Laura Coccia: deputato, responsabile settore calcio del Partito Democratico