L’alleanza tra M5S e Pd? «Improbabile». E se accadesse «sarebbe la morte dei dem», mentre ai grillini «interessa solo ottenere il potere». Parola di Fabrizio Cicchitto, di Ap, presidente della commissione Affari esteri e comunitari della Camera nella scorsa legislatura, che ora guarda alle trattative tra i partiti alla ricerca della quadra per formare il governo come ad uno spettacolo di «trasformismo», una cosa «assolutamente anomala» in un paese normale.

Dopo Salvini, Di Maio porge la mano ai suoi nemici del Pd. Come va interpretata questa strategia?

Faccio io una domanda: a parti rovesciate, quale sarebbe stato il giudizio del M5S nei confronti di un qualsiasi partito della Prima o Seconda Repubblica che si fosse comportato così? Si sarebbe giustamente parlato del più puro trasformismo, di caccia a una posizione di potere. Questo punto pregiudiziale, in modo sorprendente, perché evidentemente il M5S ha conquistato una sua egemonia etico- politica, sta passando assolutamente sotto silenzio. Purché il presidente sia Di Maio, nessuno si scandalizza se prima si apre un tavolo con la Lega, cercando di trovare astuzie mediatiche per oscurare Berlusconi, e una volta che questa cosa non riesce si passa indifferentemente al confronto con il Pd. È assolutamente fuori dal normale, ma oramai ci siamo assuefatti a tutto. Secondo punto, e questo riguarda sia M5S sia Pd: fino a qualche giorno fa se ne sono detti di tutti i colori. Il M5S ha sviluppato contro i governi del Pd un attacco frontale e non basterebbe una stanza per mettere insieme tutti gli insulti politici. Che dopo una cosa di questo tipo il M5S metta in moto tutti i meccanismi seduttivi per incontrare il Pd e che nel Pd si apra una discussione seria se accettare o meno il confronto è un altro avvenimento straordinario.

Perché, nonostante questo, il Pd ha deciso di valutare l’invito del leader Cinque stelle?

Perché è in preda a una crisi fortissima e rischia una sorta di decerebralizzazione. È in corso una gara di correnti, quindi pronunciarsi in un modo o nell’altro è come prendere posizione per l’una o per l’altra parte. Avevo creduto molto in Renzi e ne sono rimasto fortemente deluso, ma sono stupefatto che si possa porre con tranquillità il tema non di un confronto, ma addirittura un’ipotesi di sostegno a un governo Cinque stelle. Secondo me, nel momento stesso in cui il Pd appoggiasse o partecipasse a un governo M5S, quei sei milioni di voti si annullerebbero. Perderebbe ogni ragione sociale, visto quello che è successo e visto anche che il Pd è stato sconfitto duramente da M5S e Lega su tutta una serie di questioni.

Di Maio è convinto che si possa trovare un accordo sui programmi, ma è davvero così?

C’è una difficoltà obiettiva. Il programma, con il M5S, è una piuma al vento. Da presidente della commissione Esteri mi sono misurato, assieme ai colleghi, con una mozione del Movimento sull’uscita dell’Italia dalla Nato. Ma qualche giorno fa Di Maio ha cambiato questa posizione, dicendo semplicemente che sono atlantici. In un qualunque partito normale e minimamente democratico, se il leader sostiene questo dopo quella mozione o lo fa perché ha fatto pregiudizialmente una discussione e c’è stato un pronunciamento, o la discussione si apre dopo. Invece nulla di tutto ciò. Con queste parole ha messo fuorigioco Salvini, con la sua rocciosa fedeltà a Putin. Qual è la credibilità di un partito che rovescia una posizione strategica come questa senza discussione? Dice di praticare democrazia diretta, invece qui ci sono solo le decisioni del capo.

Quindi che tipo di partito è?

Se usassimo i vecchi canoni della politica, dovremmo dire che il M5S è il trasformismo fatto persona. Sembra un paradosso, ma lo definirei una sorta di trasfor-mismo leninista, nel senso che il problema è la conquista del potere. I programmi sono funzionali a questo, quindi cambiabili a seconda della opportunità. Una delle differenze più marcate tra M5S e Lega, ad esempio, in una prima fase era sull’immigrazione. Sembrava una versione di estrema sinistra per tante cose, ma poi, avendo avvertito che nel paese c’era una reazione contraria, ha cambiato direzione.

Se si dovesse tornare al voto è vero che il M5S ne uscirà ulteriormente rafforzato, come dice Di Maio?

Ci andrei cauto. Oggi abbiamo movimenti incredibili. In Sicilia, alle regionali, ha vinto a mani basse il centrodestra, alle politiche i Cinque stelle. Una mobilità determinata dal fatto che non ci sono partiti degni di questo nome, tutto è affidato all’opinione. Il voto al M5S non è organizzato, ma affidato all’opinione. Se ne fregano della persona candidata, si vota la lista, come dimostra la vittoria di Cecconi a Pesaro dopo lo scandalo dei rimborsi. Dopo aver sempre proclamato che non avrebbe fatto alleanze, sono 60 giorni che Di Maio cerca mediazioni e non riesce a realizzarle. Ho l’impressione che qualche logoramento ci sia stato, ma non posso dirlo con certezza. Secondo me, l’unico ad aver gestito in modo lineare la vicenda è Salvini, che ha assunto una posizione e l’ha tenuta fino alla fine.

Berlusconi dice: se il Pd dicesse sì all’accordo segnerebbe la sua scomparsa dal panorama politico italiano. È così?

Secondo me, ma non è detto che ci riesca, per il Pd l’unica via per ricostruire un consenso sarebbe una battaglia d’opposizione, qualora si formasse una maggioranza fra M5S e centrodestra. Non vedo assolutamente possibilità di un recupero del Pd in un’alleanza di governo con i grillini, mentre potrebbe con difficoltà sottrarsi ad un’ipotesi del governo del presidente che coinvolga quasi tutti. A quel punto farebbe una figura di irresponsabilità politica se dicesse di no, ma è un’ipotesi possibile nel caso in cui ci fosse una personalità autonoma ed estranea a questi partiti.

E allora cosa li spinge alla trattativa?

Da un lato c’è l’angoscia, piena di un realismo eccessivo, che porta alcuni a dire che in caso saltasse questa ipotesi si tornerebbe alle elezioni e il Pd ne uscirebbe distrutto, ma fare politica sulla base delle angosce rischia di far passare da un guaio all’altro. E poi c’è chi dentro il Pd - vedi Emiliano, forse Orlando e buona parte in LeU - pensa che il M5S in effetti sia una formazione di estrema sinistra, rozza, non totalmente consapevole di se stessa, ma con il cuore da quella parte e che possa rilanciarsi per diventare poi - coi vari Bersani, D’Alema e un po’ di Fratoianni dura, pura e colta, il che sarebbe il compimento dell’opera. Ma questa, secondo me, sarebbe una versione moderna di “Sogno di una notte di mezza estate”.