PHOTO
Qui cè tutto il centrodestra nessuno escluso, dice Gaetano Quagliariello allargando soddisfatto lo sguardo sui partecipanti al tavolo che vuole proporre il referendum abrogativo («Ma solo su alcune norme») della legge sulle unioni civili, fresca di definitiva approvazione a Montecitorio. Ha ragione. Lex ministro ex Ncd fotografa un dato di realtà perché per quella battaglia risultano affiancati FI e Lega, Fdi e alfaniani, amici di Fitto e di Passera.Ma è una fotografia che vale ed ha corso solo dentro al Palazzo. Fuori, nelle piazze dove si consuma la campagna elettorale amministrativa, ha tuttaltre tinte e tuttaltri protagonisti che con determinazione si impegnano a stracciarla. Sulla base di quella medesima normativa, infatti, Alfio Marchini annuncia di non voler celebrare matrimoni gay se dovesse diventare sindaco di Roma; la Meloni lo critica duramente «perché le leggi vanno rispettate» ma è poi costretta a sganciarsi dal suo alleato Salvini il quale invita esplicitamente alla disobbedienza i sindaci del Carroccio; e sulla stessa linea, fatto salvo qualche lievissimo distinguo, si pone anche la capolista dei padani a Roma, Irene Pivetti, che pure affianca la Meloni nella sua corsa verso il Campidoglio. A proposito: sempre a Roma lex candidato sindaco forzista, Guido Bertolaso, prende a cannonate il capo leghista («Salvini? Un fascista che sputa sul tricolore») e si becca gli sberleffi dei capigruppo parlamentari del Carroccio: «Un perdente poco lucido». Però nei gazebo leghisti a Roma aveva vinto lui.Insomma una Babele, giusto? Sì, ma fino ad un certo punto. Bisogna mettere le cose in ordine dimportanza per capire qual è la situazione effettiva. Proviamo. Il primo dato da cui partire è la mossa di Marchini. Come già rilevato, si tratta della prima, vera e significativa azione da competitor della grillina Virginia Raggi nella lotta a primo cittadino. Mossa che lo mette in rotta di collisione con la destra-destra (tanto poi si fa sempre in tempo a recuperare: «Mussolini il più grande urbanista di Roma», per esempio) ma che tuttavia allinea al cento per cento con lirritazione vaticana - e con il tavolo di Quagliariello: ecco la sintesi possibile - e il voto dei cattolici più tradizionalisti. E la conferma che la scelta di Berlusconi di appoggiarlo è stata lungimirante e forse anche produttiva, visto il balzo in su nei sondaggi. Appaiata a quella di Milano - dove pure, guardacaso, il candidato sindaco unitario Stefano Parisi litiga con i leghisti - può dare una fisionomia più solida ad una metà campo fin qui troppo vaporosa per candidarsi come alternativa allo strapotere renziano.Tutto questo vale per le urne di giugno, ormai molto vicine. Più complicato diventa allungare lo sguardo sul dopo. Se dovesse emergere vittorioso (o quasi) nelle grandi città, lex Cav dovrà poi vedersela con linsofferenza leghista e la rabbia di Fdi. Lo farebbe da posizioni di ritrovata forza, è vero. E a quel punto anche da capofila dello schieramento per il No al referendum costituzionale, anche qui con ampie frange del voto cattolico a fargli da ala e i due riottosi alleati costretti a rientrare nei ranghi. Però resta che in politica quel che si lacera poi non è mai facile da ricucire, e in ogni caso i rammendi si vedono.Problemi del dopo, appunto. Per ora ciò che si divarica la sera: latteggiamento sulla gestione delle unioni civili; la mattina si ricompone: il tavolo unitario sul referendum abrogativo. Se di fotografia vogliamo parlare, diciamo che è un po mossa. I risultati del primo turno e dei ballottaggi amministrativi ne fisseranno i contorni. Basta aspettare.