Ci sono delle sfumature, come quelle esplicitate dal forzata Gorgie Mulè, ma in pubblico la maggioranza si sforza di dimostrare compattezza sul caso Donzelli-Delmastro, sul quale in merito alla vicenda Cospito il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha informato Camera e Senato.

Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia fanno quadrato non tanto per convinzione, visto che l’uscita del coordinatore nazionale di Fdi non è piaciuta praticamente a nessuno, e perché a nessuno conviene alzare il livello dello scontro. Anche perché le opposizioni sono già sul piede di guerra, e pur controvoglia la maggioranza non può far altro che compattarsi e rispondere agli attacchi.

Fratelli d’Italia per il semplice motivo che Donzelli e Delmastro sono due esponenti di punta del partito, l’uno vicepresidente del Copasir e di fresca nomina a commissario del partito a Roma; l’altro sottosegretario alla Giustizia con delega al Dap, nel momento in cui la riforma della giustizia viene definita una delle priorità del governo Meloni.

La Lega ha da subito offerto il proprio salvagente al partito alleato e che tanti voti ha saputo strappargli negli ultimi anni, e con il quale per questo motivo non scorre fino in fondo buon sangue. D’altronde il Carroccio non poteva fare altro, perché tra dieci giorni ci sono delle Regionali da vincere, soprattutto con Attilio Fontana in Lombardia, e soprattutto perché domani arriverà in Cdm la proposta di legge sull’Autonomia differenziata del ministro Calderoli, che Fratelli d’Italia nemmeno troppo sotto traccia osteggia e sulla quale quindi non è il caso di offrire ulteriori motivi di discussione. «È un momento in cui fra politica e magistratura, fra maggioranza e opposizione, meno polemiche ci sono e meglio è - ha detto infatti Salvini - Conto che finisca il tutto con una stretta di mano. Tutti contribuiscano a non accendere il clima e a stemperare i toni».

Resta Forza Italia, che di certo, assieme alla presidente del Consiglio Meloni (ci arriveremo) è il partito di maggioranza che ha dato prova di maggiore insofferenza per quanto accaduto martedì a Montecitorio. Tanto che Giorgio Mulè, fedelissimo di Berlusconi, è arrivato a dire che «Fratelli d’Italia ha la sindrome di Fonzie» e che «rivelare documenti secretati è un problema istituzionale». Con piccata risposta dello stesso Delmastro, secondo il quale mule «è evidentemente caduto nella trappola culturale della sinistra».

Se gli atti fossero coperti o meno da segreto istruttorio lo si saprà dopo gli accertamenti decisi dal Guardasigilli, che durante l’informativa alla Camera ha spiegato che «gli atti che riguardano il 41bis sono sensibili, ma bisogna vedere di che atti si tratta, quale livello di segretezza abbiano, se e chi potesse averne conoscenza e se il destinatario potesse o meno condividerli con terzi».

Ma il silenzio più assordante che si è sentito finora è quello della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che si trova stretta tra due fuochi. Da un lato, di certo non può rinnegare due dei suoi fedelissimi, uno dei quali (Donzelli), appena insediato da lei stessa a commissario del partito di Roma con vistoso disappunto di Fabio Rampelli, che starebbe pensando di dare vita a una vera e propria corrente nel partito. Dall’altro, però, il patatrac è avvenuto nel momento in cui l’inquilina di palazzo Chigi ha ben altri problemi da affrontare, da un Pnrr che sul quale la Commissione europea chiede un’accelerazione (alla quale sta lavorando il ministro Fitto), a un tour europeo che nei prossimi giorni la vedrà a Berlino, dove sarà ricevuta dal Cancelliere Olaf Scholz, a Stoccolma, con la Svezia che ha la presidenza di turno del Consiglio dei ministri dell’Ue, fino al viaggio a Kiev, che dovrebbe tenersi entro tre settimane, cioè a ridosso dell’anniversario del primo anno di guerra. Passando, la prossima settimana, per il Consiglio europeo straordinario del 9 e 10 febbraio in cui i temi principali saranno le rotte migratorie e le politiche economiche anti inflazione.

Va da sé che un periodo del genere necessita di tutto tranne che di un aspro scontro politico parlamentare innescato dagli stessi esponenti di maggioranza. E così Meloni si è limitata a un tweet in cui ha espresso «totale solidarietà» al giornalista Stefano Fumagalli e alla troupe del Tg2, aggrediti dagli anarchici davanti al carcere di Opera. «Ringrazio le Forze dell’ordine per essere intervenute evitando il peggio - ha scritto la presidente del Consiglio - Non arretriamo davanti a intimidazioni e minacce». Per poi accogliere a palazzo Chigi la presidente dell’Ungheria, Katalin Novak. La parola d’ordine, insomma, è panta rei.