Un'ora e mezzo di faccia a faccia a Palazzo Chigi, dopo le comunicazioni telefoniche delle 24 ore precedenti. La premier Giorgia Meloni e il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, da giorni nell'occhio del ciclone per la vicenda della collaboratrice Maria Rosaria Boccia e del presunto accesso di quest'ultima a informazioni riservate, nonché all'utilizzo di fondi del ministero, hanno concordato la linea da tenere nei confronti del pressing sempre più forte di media e opposizione.

E hanno deciso di confermare quanto già detto negli ultimi giorni: Sangiuliano – almeno per il momento – non si dimette, poiché nei rapporti intercorsi con Boccia non sussistono a suo avviso due elementi che giustificherebbero il passo indietro: l'utilizzo di fondi del Mic (quindi pubblici) per le trasferte della collaboratrice, e l'invio alla stessa di documnenti riservati, soprattutto quelli relativi al G7 della Cultura, originariamente in programma a Pompei (città di Boccia) dal 19 al 21 settembre successivamente trasferito a Positano.

Al termine dell'incontro nella sede del governo, Sangiuliano ha rilasciato una breve nota: «Sono stato a colloquio», ha scritto il ministro, «con il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per ribadire la verità delle mie affermazioni contenute nella lettera inviata questa mattina (ieri, ndr) al quotidiano 'La Stampa': mai un euro del ministero, neanche per un caffè, è stato impiegato per viaggi e soggiorni della dottoressa Maria Rosaria Boccia che, rispetto all'organizzazione del G7 Cultura, non ha mai avuto accesso a documenti di natura riservata».

Sangiuliano ha insistito su questo punto perché, dopo che tale tesi era stata da lui affermata e ripresa in toto dalla presidente del Consiglio nel corso di un'intervista televisiva, Boccia si era affrettata a pubblicare dei post allusivi sui suoi canali social per contestare la ricostruzione del ministro, lasciando intendere di essere in possesso di ulteriori documnenti sensibili e – probabilmente – di registrazioni. La decisione di ribadire questa linea, presa a Palazzo Chigi, può voler dire che le affermazioni del ministro vengono ritenute da Meloni a prova di smentita.

Si vedrà nelle prossime ore, anche perché è verosimile che la diretta interessata batta di nuovo un colpo sui social. Per il momento, resta caldo il fronte politico, dove per tutta la giornata di ieri gli esponenti deim partiti d'opposizione hanno battuto sul tasto delle responsabilità del ministro e sulla necessità che quest'ultimo venga a riferire in Parlamento sulla vicenda. «Il Parlamento», ha dichiarato la dem Irene Manzi, «deve essere informato con urgenza, siamo davanti a una vicenda grave che sta disonorando le istituzioni e i cui contorni torbidi lasciano pensare che il ministro Sangiuliano non si trovi più nelle condizioni di agire autonomamente. Le continue pressioni sui social che lo stanno portando a modificare giorno dopo giorno la riscostruzione dei fatti lasciano intendere di un probabile ricatto. E questo», ha concluso, «non è possibile».

«È chiaro», ha osservato il M5s, «che l'Italia non può affrontare il G7 della Cultura in queste condizioni e con questo ministro tanto screditato da un indecente rimpallo di indiscrezioni, che riguardano anche la sicurezza, la riservatezza e il denaro delle istituzioni, repliche e smentite reciproche». Avs, attraverso Angelo Bonelli, ha presentato un'interrogazione, che nei prossimi giorni potrebbe trasfomarsi in una mozione di sfiducia unitaria di tutte le opposizioni.