Marco Cappato, presidente di Radicali italiani, questo è il primo congresso senza Marco Pannella ed è stato preceduto anche da molte discussioni interne. Che appuntamento sarà?Pannella denunciava l'involuzione delle liberaldemocrazie in anti-democrazie, dove la ragion di Stato prevale sullo Stato di diritto. La situazione continua a peggiorare perché terrorismo e guerre fanno prevalere nazionalismi e logiche emergenziali. A Rebibbia dovremo discutere di obiettivi e strumenti per spezzare questo circolo vizioso.Ha fatto molto discutere la scelta di tenere il congresso a Rebibbia. Cosa pensa di queste polemiche?Detenuti e agenti comprendono meglio di chiunque altro le conseguenze della violazione delle leggi da parte dello Stato, perché le vivono costantemente sulla propria pelle, e sono dunque un patrimonio di intelligenza capace di creare politica. La questione di come garantire in carcere un congresso aperto alla partecipazione di tutti non era una polemica, ma un'esigenza reale.Molti hanno anche messo in dubbio la legittimità della convocazione, qualcuno ha ventilato l'esistenza di una vera e propria resa dei conti all'interno del Partito radicale, addirittura di un sua possibile chiusura.Sono le condizioni esterne a minacciare la vita della galassia radicale. Avere avuto ragione in anticipo su tanti temi diventa quasi una condanna se poi le persone non sono in grado di conoscerti e riconoscerti. È pur vero che la fuga dai problemi esterni attraverso la caccia ai nemici interni è un classico di ogni settarismo. Spero sapremo evitare questa cadutaAl congresso si discuterà anche della 'forma-partito'. Secondo lei lo statuto del 1967 è ancora attuale o occorre pensare a formule organizzative diverse?Lo statuto in vigore garantisce la libera adesione di qualsiasi cittadino del mondo e prevede diverse possibilità di aggregazione tematica e territoriale. È una buona impostazione, federalista, che va fatta funzionare. Forse la rivoluzione digitale rende il compito finalmente possibile.La connotazione transnazionale del Partito radicale ha ancora una sua ragion d'essere?Sì. Che gli Stati nazionali non siano adeguati per governare questioni come l'immigrazione o il riscaldamento del pianeta è ormai persino una banalità. Ma nessun altro sembra accorgersi dell'importanza di occuparsene attraverso un soggetto politico che consenta a ogni essere umano di deliberare democraticamente e agire direttamente in una dimensione transnazionale e transpartitica, dando priorità di metodo alla nonviolenza.Quali sono le due linee politiche che si confronteranno/scontreranno al congresso?C'è chi contrappone transnazionalità a localismo, ma non ha senso perché le città sono attori globali e il federalismo parte dall'individuo. Nemmeno contrapporre le campagne su Stato di diritto e giustizia alle altre ha senso, perché l'attenzione al diritto attraversa tutta l'azione radicale. C'è stato uno scontro sull'utilizzo del termine 'radicali' alle ultime elezioni, che si supererà se, dal punto di vista politico-elettorale, si avrà la forza di dar vita a un progetto più grande.Pensa di candidarsi per assumere un ruolo nel gruppo dirigente che verrà eletto dal congresso?Più che dei ruoli che ciascuno vorrebbe assumere, c'è il problema della creazione di una classe dirigente davvero transnazionale, senza la quale il Partito radicale rimarrebbe un progetto incompiuto.V. S.