«Ancora tu, ma non dovevamo vederci più?». Se Lucio Battisti fosse ancora vivo difficilmente s’interesserebbe di abuso d’ufficio, eppure l’argomento è tornato con forza al centro del dibattito politico vista la partenza, oggi, della discussione in commissione Giustizia al Senato del ddl Nordio che contiene la sua abolizione. Un’abolizione chiesta da tutto il centrodestra, con diversi distinguo nei principali partiti della coalizione, ma anche da parte delle opposizioni, con Azione e Italia viva in prima fila e il Pd spaccato tra la linea ufficiale del partito, contraria alla soppressione del reato, e quella dei sindaci, che da anni chiedono a gran voce di poter essere messi nelle condizioni di lavorare senza il fardello della cosiddetta «paura della firma».

In vista dell’avvio di lavori in commissione, ieri il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, ha spiegato a Repubblica che «nella Costituzione non sono secondari i diritti dei privati cittadini rispetto alle possibili angherie dei pubblici poteri». Non solo. Santalucia si è detto contrario all’eliminazione del reato perché «innanzitutto perché non è seriamente comprensibile come possa restare indifferente al sistema penale l’abuso dei pubblici poteri» poi perché è una «palese violazione dei diritti dei cittadini nei loro rapporti con l’autorità pubblica». E schierandosi contro i primi cittadini e i loro timori. «In ogni caso - ha spiegato il presidente dell’Anm - con la paura della firma non ha nulla a che vedere l’abolizione del reato anche per la parte in cui punisce chi viola il dovere di astensione e agisce e firma atti pur quando sussiste un suo evidente interesse personale nella vicenda».

Esternazioni che hanno suscitato la reazione dei favorevoli alla cancellazione dell’abuso d’ufficio tout court. «Il reato di abuso di ufficio è inutile, come dimostrano le pochissime condanne, e anzi dannoso perché blocca l’azione degli amministratori pubblici con la paura della firma - ha detto la coordinatrice nazionale di Iv, Lella Paita - Per questo è giusto proseguire nella riforma Nordio e abolire il reato: noi stiamo dalla parte dei sindaci, di tutti gli schieramenti politici, che chiedono la cancellazione dell’abuso d’ufficio». L’esponente di Iv poi attacca lo stesso Santalucia. «Oggi ( ieri, ndr) - aggiunge Paita - registriamo l’ennesimo tentativo dell’Associazione nazionale magistrati e del suo presidente Santalucia di rivoltare la frittata. L’abuso d’ufficio sarebbe un argine alle angherie sui cittadini del potere pubblico. Naturalmente, secondo l’Anm, tra i poteri pubblici che andrebbero arginati non rientrano quelli, strabordanti, dei magistrati e dei pm, che oltre tutto non pagano per i loro errori. Anm garantista quando fa comodo. L’interesse dei cittadini si persegue consentendo agli amministratori di realizzare infrastrutture, di concedere appalti, di gestire nel migliore dei modi la cosa pubblica, nel pieno rispetto delle leggi. Senza il timore di finire nel tritacarne di inchieste che, dopo aver paralizzato l’attività amministrativa e distrutto carriere politiche, si rivelano insussistenti».

Il segretario di Azione Carlo Calenda attacca invece Repubblica, rea di scovare “complotti” laddove non ci sono. «Repubblica spiega che l’abolizione dell’abuso d’ufficio è parte di un sordido complotto della destra per rovesciare le istituzioni democratiche - scrive Calenda - Intendiamoci, non un errore o un’iniziativa sbagliata etc.. no, proprio un “gomblotto”. Sotto, nella stessa pagina, un altro articolo associa inconsapevolmente al complotto anche i sindaci del Pd. Dall’epoca del Governo Craxi descrivono ogni comportamento dei loro avversari politici come eversivo. Quando arriverà un comportamento davvero eversivo nessuno gli darà più retta».

E dice la sua anche il segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, pur parlando in generale della riforma della giustizia. Che definisce «fondamentale, non solo quella penale ma anche quella civile» perché «tre milioni di cause ferme sono un danno di 3 punti di Pil» e quindi «riforma della giustizia significa anche rilancio della nostra economia».