Si riaccende la bagarre sul referendum costituzionale. «Non chiediamo di votare pro o contro il governo Renzi, pro o contro il Pd, ma di votare per quale Italia vogliamo per i prossimi trent’anni. Chi propone di votare no, non lo rispetta», ha sostenuto ad Asti il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. «Abbiamo scelto di rispettare in toto la procedura prevista dall’articolo 138 della Costituzione per modificarla. La strada più dura, un impegno notevole. Ma ora è un elemento di forza anche rispetto a chi propone di votare no, buttando via due anni di lavoro e ricominciare daccapo, immaginando che ci sia una maggioranza per una riforma diversa. Questo vuol dire non rispettare il lavoro che il Parlamento ha fatto: sei votazioni con maggioranze che hanno sfiorato il 60%. Un dibattito vero», argomenta il ministro.«Lei non rispetta la Costituzione, che prevede il Referendum se una riforma non è condivisa», replica il deputato di Forza Italia Elio Vito. Polemica anche nel Pd, per la scelta di schierare la Festa dell’Unità a favore del sì. Alla minoranza non piace lo slogan «L’italia che dice sì», affiancato da una grande “x” che richiama quella che si traccia sulle schede elettorali. Per i dissidenti «un errore, una forzatura sguaiata, una militarizzazione che rischia di trasformarsi in un boomerang».«Ma di cosa parla il ministro Boschi? Quel Parlamento il cui lavoro non verrebbe rispettato se vincessero i No al referendum, come erroneamente sostiene il ministro Boschi, avrebbe dovuto essere sciolto già nel 2013 essendo stato votato con una legge elettorale poi dichiarata incostituzionale», sostiene invece RobertoCalderoli della Lega.