Si potrebbe immaginare che nel frattempo a Guido Bertolaso sia passata la voglia. Che non possa nemmeno sentir parlare di emergenze da risolvere, popolazioni da soccorrere e ospedali da ricostruire. «E invece è quello che continuo a fare in Africa: mi sono appena impegnato con il presidente della Repubblica della Sierra Leone a risolvere il problema rifiuti. Ce l'hanno anche lì». Non si è fermato, l'ex capo della Protezione civile, che per un decennio è stato chiamato a risolvere qualunque cosa e che ora, forte dell'assoluzione dall'accusa di omicidio colposo plurimo al processo Grandi Rischi bis, rilegge l'uragano mediatico del 2011. «Fu messa su un'operazione per gettare fango su di me, ma alla fine si mirava a Berlusconi». Una «operazione mediatica» insomma. Che è l'espressione da cui parte l'odissea giudiziaria di Bertolaso: la usò al telefono con l'assessore alla Protezione civile dell'Abruzzo per dire che bisognava «rassicurare la gente». Cinque giorni dopo, il 6 aprile 2009, venne il terremoto che distrusse L'Aquila. «Ma nella furia dell'attacco contro di me nessuno si chiese la ragione di quella telefonata».La spieghi lei.Era chiaro. In quel periodo era in corso uno sciame sismico in Abruzzo che durava ormai da tre mesi. Il 30 marzo 2009 mi trovo davanti un comunicato dell'assessore Daniela Stati in cui si dice che la scossa della notte prima sarebbe stata l'ultima. Gli abruzzesi erano sconcertati da informazioni contrastanti: per alcuni scienziati non c'era un rischio terremoto, per altri sì. Mi attaccai al telefono e feci un cazziatone violentissimo all'assesore.E perché mai?Ero incazzato come una iena, quel comunicato non aveva senso, non si poteva prevedere nulla. Perciò dissi che si doveva fare ?un'operazione mediatica per tranquillizzare la gente': si doveva spiegare che non c'era modo di prevedere alcunché, appunto.Quella telefonata due anni dopo finisce sui giornali.Non solo come testo. Repubblica mette in rete anche l'audio della conversazione. Tutto per farmi apparire come un personaggio orribile, cinico, distante dalle ansie delle persone.Perché ci sarebbe stato interesse a colpirla?L'obiettivo era far dimenticare la straordinaria operazione che avevamo fatto dopo il terremoto: tante strutture ricostruite in pochissimo tempo, una comunità rimessa in condizioni di vivere.Dell'operazione si fa vanto Berlusconi: è lui il vero obiettivo?Evidentemente sì. Ci fosse stato Renzi a Palazzo Chigi, mi avrebbero fatto un monumento a piazza Venezia. Dico Renzi, potrei dire Prodi, insomma uno che non fosse Berlusconi. Il mio lavoro in Abruzzo sarebbe stato presentato come una pagina gloriosa della storia italiana.Si è trovato al centro dell'uragano intercettazioni: in quel periodo i brogliacci finivano sistematicamente sui giornali.Lo so. Ho pagato questo. E ho pagato il fatto di fare diecimila cose contemporaneamente e di parlare al telefono senza stare lì a calibrare le sillabe. Come possono permettersi di fare invece i burocrati che non corrono mai il rischio di essere giudicati per quello che dicono.Lei era tutto il contrario: il decisionista per eccellenza.E in questo Paese una figura così non può essere sopportata. Uno che decide, comanda, coordina. Che il comandante della Guardia di Finanza chiama ?generale senza stellette'. Dopo l'operazione a L'Aquila ero diventato il più popolare d'Italia, i sondaggi erano tutti per il sottoscritto. Berlusconi disse ?questo lo faccio ministro'... e lì qualcuno evidentemente si spaventò.Si è dato troppo da fare.Di fronte a un'emergenza con oltre trecento morti e settantamila sfollati pensai: se non c'è qualcuno che si rimbocca le maniche finisce come tante altre emergenze in Italia.Ripeterebbe tutto o si è pentito di averci messo quello slancio?Rifarei tutto, non sono affatto pentito. Non ho nulla da rimproverarmi, sono orgoglioso del lavoro che abbiamo fatto. Ma lo dissi già all'epoca: me la faranno pagare. Tutto previsto. D'altronde a me non interessava fare politica. Non me ne fregava nulla dei rischi che correvo. Mi dispiace solo che hanno massacrato la mia famiglia con tutte quelle cattiverie sui giornali. Ma anche da questo punto di vista stiamo rimettendo la chiesa al centro del villaggio.La citazione dall'ex allenatore della Roma Garcia tradisce la sua fede giallorossa.E già.Di cosa va più orgoglioso?Dei soccorsi a L'Aquila ma anche della ricostruzione a San Giuliano di Puglia. La Protezione civile italiana è stata la più ammirata al mondo, ci hanno riempiti di onorificenze: abbiamo riportato in Europa i turisti che si trovavano in Indonesia con lo tsunami, fummo gli unici a dare una mano agli Stati Uniti dopo l'uragano Katrina, arrivammo a Beslan lo stesso giorno della strage a costruire un ospedale da campo per i bimbi ustionati. Chiedete ai russi.Torniamo in Italia: se dovesse esserci una nuova amministrazione andrebbe a fare l'assessore a Roma?Rileggetevi quanto dissi in campagna elettorale: che negli altri candidati non vedevo competenze all'altezza dei problemi di Roma, e che se fosse stata eletta Raggi saremmo tornati a votare nel 2017. Mi pare ci siamo: se entro dicembre non approvano il bilancio devono andare a casa per legge. Siamo a ottobre e non hanno ancora il Capo di gabinetto, che come i burocrati sanno benissimo è una figura indispensabile.Ma accetterebbe o no di dare una mano?Non se ne parla proprio. Ho chiuso con le vicende italiane, e anche per le questioni giudiziarie la verità a poco a poco, come vede, si ristabilisce. Sono impegnatissimo a costruire ospedali in Africa, non mi fermo mai.Secondo lei i romani rimpiangono di non averla potuto eleggere sindaco?Credo che i romani piangano per le condizioni della loro città e spero comincino a farsi sentire.E se la chiama Parisi per dare una mano ai moderati?Parisi è un amico ed è stato mio collega a Palazzo Chigi per diversi anni: conosco la sua competenza, sa benissimo cosa deve fare e non ha assolutamente bisogno di Bertolaso. Non sono l'uomo per tutte le stagioni, non sto alla finestra o col cappello in mano in attesa di poltrone.Lei passa per un decisionista: allora visto che la riforma costituzionale rafforza l'azione dell'esecutivo diamo per scontato che voterà sì al referendum?Sono ancora indeciso ma credo che una riforma costituzionale, per quanto incompleta, parziale, lacunosa, sia da preferire all'ingovernabilità in cui ci troviamo. Renzi ha sbagliato a personalizzare il voto, fosse per questo sarei per il no, Ma a me interessa il futuro. E se il 4 dicembre sarò in Italia non escludo di andare a votare, e di votare sì.Darà un dispiacere a Berlusconi.Berlusconi è assolutamente imprevedibile. Non darei per scontato un suo no a priori. Potrebbe prendere una posizione diversa, è una persona troppo intelligente per votare no a prescindere senza valutare le conseguenze.