Urla, accuse reciproche, cartelli co su scritto «non in mio nome» e grida di «vergogna». È scoppiata la bagarre in Aula a Montecitorio dopo l’intervento del deputato di Fratelli d’Italia Walter Rizzetto che ha chiuso le dichiarazioni di voto sulla delega al governo sul salario minimo, lanciando accuse alle opposizioni. Le quali, dal Pd al M5S, da Azione ad Avs, hanno reagito alzando cartelli e urlando contro la maggioranza, tanto che il presidente di turno, Fabio Rampelli, ha sospeso la seduta.

Alla ripresa, la legge delega nata da un emendamento alla precedente proposta di legge delle opposizioni, poi ritirata, è stata approvata con 153 voti favorevoli, 118 contrari e 3 astenuti.Poche ore prima, era stata la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a commentare i colpi bassi tra maggioranza e opposizione sul tema. «Un po’ sorrido - ha detto l’inquilina di palazzo Chigi a Rtl - M5S e Pd ci dicono che il salario minimo è l’unica cosa che va fatta in Italia ma in dieci anni al governo non l’hanno fatta, e mi stupisce la posizione di alcuni sindacati che vanno in piazza per rivendicare il salario minimo quando accettano anche contratti con poco più di cinque euro all’ora, come accaduto di recente con il contratto della sicurezza privata: bisognerebbe essere un po’ coerenti».

Per la presidente del Consiglio la proposta delle opposizioni di una paga di almeno 9 euro l’ora, «per paradosso rischia di abbassare gli stipendi, perché il 95% dei lavoratori ha una paga oraria più alta e si rischierebbe di arrivare al paradosso in cui un datore dice: “se posso abbassarla a 9 euro, perché devo pagare di più?» e «certo ci sono poi quelle sacche che prendono meno e sulle quali occorre intervenire come il governo intende fare».

Parole intollerabili per le opposizioni, che in Aula hanno accusato in vario modo governo e maggioranza. «Oggi è un giorno triste - ha detto la segretaria del Pd, Elly Schlein, nel suo intervento - Accartocciate con una mano la proposta di salario minimo delle opposizioni e con l’altra date un manrovescio a milioni di lavoratori poveri: vorremmo sapere perchè Meloni ce l’ha così tanto con i poveri». Per la leader dem il governo sta «tagliando i fili all’ascensore sociale» perché «dei nuovi 441 nuovo contratti, solo 25 sono stati sottoscritti da organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative».

Il presidente M5S Giuseppe Conte, dopo aver strappato il testo della legge due giorni fa in Aula, è intervenuto con un video sui social. «Dopo rinvii e balletti vari, si è consumata la pantomima di Giorgia Meloni, del governo e di queste forze di maggioranza che hanno gettato la maschera, hanno votato no al salario minimo legale- ha sottolineato l’ex presidente del Consiglio - E non hanno detto no al M5S ma all’Italia e a 3 milioni e 600mila lavoratori che prendono buste paga vergognose. Guardate che le buste paga della vergogna non hanno colori politici». Per poi promettere di vincere «questa battaglia».

Dello stesso avviso Nicola Fratoianni di Avs, secondo il quale «le opposizioni avevano un obiettivo semplice: intervenire sull’emergenza del lavoro povero e con quello strumento spingere la contrattazione collettiva». mentre il governo ha «voltato le spalle al paese reale» e Mariastella gelrmini, di Azione, che parla di «grave errore della maggioranza».

Nella polemica prova a gettare acqua sul fuoco Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro in quota Lega, che parlando con i giornalisti in Transatlantico ha spiegato di aver «ascoltato in commissione e anche in questa assise tutte le proposte, anche da parte di questa stessa opposizione» garantendo «che nella delega al governo ci saranno tanti concetti» e che questa «sarà sicuramente concertata anche con le stesse parti sociali perché sarà un momento importante per dare una risposta ai salari poveri».

Soddisfatta la maggioranza, con Maurizio Lupi di Noi moderati, che definisce il salario minimo «una risposta sbagliata e demagogica ad un problema reale» mentre per la responsabile Lavoro di Forza Italia, Chiara Tenerini, «la proposta della maggioranza è quella di percorrere la strada della contrattazione collettiva di qualità che favorisce la riduzione della precarietà».