L’ anno delle grandi riforme. Così la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha definito il 2024 nel corso del primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva, nel quale l’inquilina di palazzo Chigi ha fatto il punto con l’esecutivo in vista dei prossimi impegni, primo tra tutti la stesura della manovra di bilancio.

Meloni ha fatto riferimento alla riforma della giustizia, a quella dell’autonomia differenziata fortemente voluta dal ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, e alla delega fiscale. Ma anche, e soprattutto, alla riforma costituzionale, sulla quale, ha detto la leader di Fdi, «il ministro Casellati è pronta con una proposta che centra due obiettivi: dare stabilità ai governi e far decidere ai cittadini chi debba governare». Per poi sottolineare che questo sarà «uno dei primi provvedimenti» che il governo varerà. Opposizioni permettendo.

Sì perché come da indicazione del Quirinale e come peraltro da prassi parlamentare, quando la posta in gioco riguarda le regole del gioco stesso, e dunque la Costituzione, occorre l’accordo più largo possibile, e dunque il coinvolgimento delle minoranze. E se da Pd e M5S il progetto di riforma costituzionale è rispedito in toto al mittente, è con Azione e Italia viva che Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia devono parlare. Tant’è vero che ieri il leader di Iv Matteo Renzi è tornato sull’argomento con la consueta e- news, offrendo una sponda alla maggioranza. «L’elezione diretta del Sindaco d’Italia è da sempre l’obiettivo di molti di noi - ha scritto l’ex presidente del Consiglio - Scegliere chi ci governa è giusto. Trent’anni fa l’Italia eleggeva i primi sindaci votati direttamente dai cittadini e solo chi ha un minimo di memoria istituzionale si ricorda come fosse un disastro andare in consiglio comunale con un sindaco e uscirne con un altro».

Secondo Renzi «aver affidato a una persona il compito di rappresentare la comunità non è la negazione della democrazia, come dice chi ha paura dei voti: è la massima espressione della democrazia» e per questo Iv andrà avanti «con questa proposta che abbiamo presentato ai cittadini da sempre, l’ultima volta alle elezioni politiche con il simbolo del Terzo Polo».

Una sintesi con la maggioranza, che nel corso dei mesi ha aperto all’ipotesi di un presidente del Consiglio eletto dai cittadini dopo essersi trincerata per anni dietro la proposta presidenzialista, è facilmente prevedibile. «Far diventare il cittadino arbitro, come diceva la migliore cultura costituzionale italiana, è uno sforzo difficile da realizzare ma doveroso per contrastare l’antipolitica e la confusione», continua Renzi. Che poi però tira il governo per la giacchetta e ipotizza una sorta di immobilismo proprio sul tema delle riforme. «Mia previsione: la destra non avrà il coraggio di andare avanti, sono troppo divisi insiste - E l’elefante nella stanza si chiama Roberto Calderoli che sul disegno di legge sull’autonomia si sta giocando la partita della vita. Sintesi: resterà tutto com’è, anche se spero di sbagliarmi» . Insomma le due riforme per Renzi vanno insieme, e su questo si giocherà il futuro della maggioranza. Di certo la Lega non abbandonerà l’autonomia e dunque su questo Matteo Salvini non farà sconti, ma da qui a rischiare l’immobilismo ce ne passa.

Sul tema si muove anche il Pd, che critica il progetto del governo e, di rimbalzo, anche quello renzista. Secondo il vicepresidente dem della commissione Affari costituzionali, Dario Parrini, proporre la transazione a livello nazionale della legge sui sindaci è «assai fuorviante» perché «si cade in un eccesso di semplicismo se si equipara il governo dello Stato alle giunte comunali e regionali, il Parlamento ai consigli comunali e regionali, il presidente del Consiglio a un sindaco».

E poi la critica che investe anche l’ideati Casellati di votare direttamente il capo del governo. «La verità è che l’elezione diretta del presidente del Consiglio è pericolosa perché azzopperebbe sia il Parlamento sia il presidente della Repubblica, alterando in maniera pesante l’equilibrio tra i massimi organi dello Stato fissato dai padri costituenti- spiega Parrini - I fautori del progetto del sindaco d’Italia dovrebbero chiedersi come mai nessuna Repubblica parlamentare al mondo ha un sistema del genere». Per i dem serve invece una riforma sul modello tedesco o spagnolo, la riduzione dei decreti legge e la modifica del bicameralismo, con la Camera avente poteri di fiducia e sfiducia al governo e un Senato legato a regioni e autonomie locali. Temi, almeno al momento, molto lontani dal disegno “Casellati”.