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ROBERTO CALDEROLI MINISTRO
La “vannaccizzazione” della Lega non è più solo un rischio evocato dai critici interni: è un processo già ben avviato, visibile nelle scelte politiche e simboliche di Matteo Salvini.
La carta bianca data al generale Roberto Vannacci per la gestione delle liste in Toscana – con la presentazione a Lucca di un “team” che porta la sua impronta – è solo l’ultimo tassello di una trasformazione che scuote il Carroccio dalle fondamenta. A Viareggio, la città del generale, l’intero direttivo locale e la storica segretaria Maria Pacchini hanno rassegnato le dimissioni denunciando «ordini militari» e un azzeramento di fatto degli organi eletti. Una vera e propria rivolta, che si somma ai malumori già esplosi in Puglia, alle dimissioni di Giovanni Galli e alle perplessità di Susanna Ceccardi. Vannacci, nominato vicesegretario, gira la Toscana predicando i principi della sua associazione parallela “Il mondo al contrario”, che più di un dirigente leghista considera una sorta di partito nel partito. Non stupisce che anche figure di primo piano abbiano preso le distanze: Attilio Fontana ha scandito «col cavolo che ci facciamo vannaccizzare», Luca Zaia ha ricordato che «la Lega ha dei valori, lui non ha fatto la gavetta con noi», mentre il senatore Gian Marco Centinaio ha fatto trapelare il proprio disagio per una linea che sposta il baricentro del Carroccio su posizioni identitarie e geopolitiche lontane dal leghismo delle origini.
Ma c’è un elemento ancora più politico che rischia di pesare come un macigno. Il vertice di maggioranza di mercoledì scorso sull’autonomia, convocato proprio per consentire a Salvini di presentarsi a Pontida il 21 settembre con una vittoria da offrire ai vecchi militanti nordisti, si è chiuso con un nulla di fatto. La riforma bandiera, quella che dovrebbe completare il processo di devoluzione, è bloccata tra le resistenze malcelate di Forza Italia, il fastidio di FdI e la scure della Consulta. E il leader leghista, a dirla tutta, non sembra in ansia per la cosa. Salvini e il generale appaiono piuttosto concentrati su tutt’altro: polemica anti-Ue, attacchi frontali alla NATO, comprensione per la Russia di Putin, campagne martellanti contro l’Islam. Argomenti che accendono le piazze virtuali, ma che hanno poco a che vedere con le battaglie per il federalismo e il residuo fiscale del Nord.
In particolare, il Capitano sta insistendo sui social sull’assassinio dell’influencer conservatore statunitense Charlie Kirk, in memoria del quale ha anche consegnato un mazzo di fiori all’ambasciata americana a Roma. «Le parole di Charlie Kirk dello scorso aprile», ha scritto, «oggi suonano quasi come una profezia. Nelle ore successive al suo assassinio, un omicidio politico che lascia sconvolti, sui social, sui giornali e sulle televisioni abbiamo purtroppo assistito a una lunga e squallida sequela di distinguo, di ‘se l’è cercata’, persino di esultanze e giubilo per la sua morte. E questi sarebbero quelli buoni, tolleranti e democratici. Un clima d’odio terrificante e inaccettabile», ha proseguito, «che va fermato. Qualsiasi sconfitta, che si tratti di perdere un'elezione o una causa in tribunale, diventa per loro motivo sufficiente a giustificare la risposta più violenta possibile. E la conseguenza naturale di una cultura di protesta di sinistra che da anni tollera violenza e caos».
L’appuntamento di Pontida, dunque, non potrà disporre di un traino forte come quello dell'anno scorso, quando su Salvini incombeva il processo per la vicenda Open Arms, con tanto di passerella di solidarietà per tutti i leader sovranisti europei, a partire da Orban e Le Pen. Si tratterà necessariamente di una kermesse orientata verso il nuovo corso della Lega, con Vannacci come uomo immagine e con la promessa di una campagna elettorale aggressiva in Toscana e altrove. Ma il Nord freme: gli alleati frenano sulle riforme, i governatori si sfilano, e le defezioni locali sono solo la punta dell’iceberg di un malcontento più profondo.
Il rischio, però, per il segretario è che la “vannaccizzazione”, da strumento di rilancio, si trasformi in un detonatore. La linea muscolare serve a cementare il consenso in un’area identitaria, ma può allontanare quel ceto amministrativo e quel voto produttivo che erano l’ossatura della Lega di Bossi e Maroni. La sensazione, insomma, è che la Lega stia entrando in un passaggio cruciale: o la trasformazione voluta da Salvini e incarnata da Vannacci diventa un progetto politico capace di includere il Nord produttivo, o rischia di restare un’operazione di immagine che spacca il partito. E a un mese dalle regionali toscane, con un centrodestra in cerca di equilibrio, l’ultima cosa che Salvini può permettersi è certificare a Pontida le divisioni del partito.