Il ministro dell’Interno Angelino Alfano è sotto attacco: una parte dell’Ncd - ma non tutta - lo difende mentre il premier Renzi preferisce il silenzio. Un silenzio nel quale rimbombano però le parole del capo dello Stato che, nel pieno della bufera mediatico-giudiziaria che sta investendo l’inquilino del Viminale, decide di ribadire l’importanza della legalità scagliandosi contro ogni «opacità e ambiguità».Ma andiamo con ordine. Dopo le bordate giudiziarie che hanno colpito il padre di Alfano - «è un signore di 80 anni malato», ha dichiarato indignato il ministro -, ieri sono arrivate anche quelle politiche con un coro di richieste di dimissioni che le opposizioni hanno intonato all’unisono. A partire da Matteo Salvini - il quale ha un conto aperto da tempo con l’inquilino del Viminale - che vuole la testa del ministro non tanto o non solo per la vicenda giudiziaria che lo ha coinvolto ma, parole sue, per «la sua manifesta incapacità in qualità di ministro».Sulla stessa linea c’è anche il Movimento 5 stelle: «Poste Italiane SpA, sta per “Poste Italiane Società per Alfano”? - hanno scritto i capigruppo grillini di Camera e Senato - Chiediamo le immediati dimissioni del ministro degli Interni, se vuole per chiederle siamo pronti ad inviare un raccomandata senza ricevuta di ritorno tramite “Poste Società per Alfano”... ». Toni diversi ma richieste simili arrivano da Sinistra italiana, per la quale «il passo indietro di Alfano è indispensabile perché l’Italia non può avere un ministro dimezzato e distratto da altro».E di fronte all’assalto al Viminale, i vertici di Ncd, anche quelli meno alfaniani, hanno fatto quadrato. Renato Schifani chiede al Parlamento di intervenire e di «occuparsi dell’uso mediatico e spettacolare delle intercettazioni».Fabrizio Cicchitto, invece, lascia intravvedere i contorni di una vicenda “occulta”: «C’è chi punta ad enfatizzare una storia nel suo complesso assai mediocre mentre l’Italia ha problemi assai seri, da Brexit alle banche, perché nel mirino ha Alfano e non solo Alfano. C’è chi vuole giocare d’anticipo e arrivare ad una sorta di resa dei conti anticipata».Solidarietà arriva anche da Forza italia che per bocca del capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, ribadisce il proprio garantismo: «Angelino Alfano è un nostro avversario, eletto nelle fila di Berlusconi presidente, che è passato dall’altra parte, che sorregge un governo che noi avversiamo, il governo Renzi. Però continuiamo ad essere e saremo sempre garantisti».Ma il suono più assordante arriva da Palazzo Chigi e dal silenzio del premier Matteo Renzi che, almeno fino a ieri sera, non ha trovato il tempo di spendere neanche mezza parola per difendere l’alleato principale e il ministro più importante del suo esecutivo. L’unica voce istituzionale che si è sentita è stata quella di Sergio Mattarella il quale, nel giorno dell’assalto giudiziario ad Alfano, ha intonato un peana alla «cultura della legalità: un bene comune che va difeso contro qualsiasi ambiguità e opacità». Ma la replica di Alfano è chiara: «Non farò come Lupi - uscito dal governo dopo lo scandalo “Grandi opere” - io non lascio».