«Matteo Renzi non cadrà per mano della politica, ma per quella della magistratura». Dopo l’arresto di ieri dell’imprenditore Alfredo Romeo, la profezia pronunciata da Massimo D’Alema poco prima del referendum del 4 dicembre sembra sempre più avverarsi. E il buco nero politico- giudiziario che minaccia di inghiottire l’ex premier e il suo “giglio magico” è quello dell’affaire Consip. Prima della cattura di Romeo, infatti, i magistrati avevano tirato in ballo Luca Lotti e, qualche settimana dopo, Tiziano Renzi in persona. Secondo la procura il padre dell’ex premier, indagato per concorso in traffico di influenze, avrebbe fatto da mediatore nel bando milionario della Consip attraverso il suo vecchio amico Carlo Russo, un imprenditore toscano «molto vicino ad Alfredo Romeo». E così il cerchio si chiude, almeno per gli inquirenti. Del resto, come già detto, prima di Renzi senior nella rete giudiziaria era finito il ministro Luca Lotti. Secondo i pm, il fedelissimo dell’ex premier avrebbe svelato l’indagine in corso sui bandi Consip all’amministratore delegato e al presidente di Consip stessa.

Insomma, la trama della vicenda è molto ingarbugliata, ma una cosa è certa: il bandolo della matassa arriva dritto in casa Renzi, peraltro nel momento di maggior fragilità politica. È che i pm vogliano dimostrare il legame ambiguo e interessato tra pezzi di politica e di imprenditoria, emerge in modo del tutto chiaro dall’ordinanza della procura: «Siamo in presenza di una lotta imprenditoriale per aggiudicarsi gli appalti che, a detta degli stessi indagati, sembra essere gestita a suon di tangenti o attraverso la ricerca di appoggi all’interno dell’alta politica», scrive il Gip. Ecco, la chiave di tutta l’inchiesta sembra proprio essere rinchiusa in quelle due parole: «Alta politica». Ed è fuori da ogni ragionevole dubbio che il nome di Renzi sia da considerare iscritto a tutti gli effetti nella voce “alta politica”. Vedremo fin dove arriverà un’indagine che al momento sta “utilizzando” Romeo come cavallo di troia per arrivare - come scrivono i magistrati - «alla sua rete di conoscenze istituzionali».