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Matteo Salvini è il grande vincitore. Perché anche se non tocca quota 30, realizza un risultato storico sfondando nel centro- sud. Ma il potente leader della Lega, ministro dell’Interno, che in Abruzzo, e con tutta probabilità replicherà anche in misura maggiore alle Europee, diventa la prima forza politica, deve fare i conti con un grande “sopravvissuto” forse per la Lega ( visti certi sfottò sui social) un po’ inaspettato. E cioè Silvio Berlusconi “The revenant” che un po’ arretra, ma non crolla. Perché al di là di quanto si dava per scontato, ovvero che la Lega avrebbe svuotato Fi, Salvini il grosso dei voti in Abruzzo lo prende ai Cinque Stelle, proprio i suoi alleati di governo. Che dimezzano i consensi con il rischio ora di aprire, in vista delle Europee, altri confitti con il capo leghista, proprio mentre da loro dipenderà se andrà sotto processo per la “Diciotti”. Quell’ oltre 9 per cento di Forza Italia, è in realtà più consistente, è stato quantizzato tra il 12 e il 15 per cento ( quindi la stessa percentuale delle politiche), come spiega Antonio Tajani, presidente del parlamento europeo e numero due di Fi a Il Corriere della sera. In quella doppia cifra ci sono le liste dei centristi che correvano con Fi ( La Dc di Gianfranco Rotondi, Idea di Gaetano Quagliariello, l’Udc di Lorenzo Cesa. Che saranno con Fi alle Europee.
E la doppia cifra, che era la soglia psicologica della sopravvivenza azzurra, ha un valore altamente politico. Perché, come spiega a Il Dubbio il capo dell’organizzazione azzurra Gregorio Fontana, «rappresenta quel centro del centrodestra senza il quale Salvini non solo non può governare in Abruzzo, ma neppure su scala europea può incidere più di tanto nella Ue e nel governo del Paese. Si aprirebbe la sindrome Le Pen: prendere tanti voti ma non poter governare». Spiega Sestino Giacomoni, capo dei coordinatori azzurri: «E’ evidente che solo Berlusconi in Europa può federare popolari con sovranisti». Inequivocabile il Cav: «Il voto è la conferma che il centrodestra è la naturale maggioranza degli elettori».
La notte azzurra viene passata in apnea finché il portavoce unico dei gruppi parlamentari, Giorgio Mulè, twitta invitando Salvini a staccare con quelle alte percentuali della coalizione la spina al governo. Mulè, ex direttore di Panorama, uno che parla senza peli sulla lingua, ammette che lui era pronto perfino a commentare un dato catastrofico, tipo il 5 per cento. Ma ora l’orgoglio azzurro rialza la testa: «Morti come prevedevano tutti non siamo» e ringrazia il Cav «per essersi speso così tanto». Su Twitter si scatenano ferventi fans, come Fabio: «Presidente dopo 25 anni il tuo funerale politico è rinviato ancora a data da destinarsi». Mulè si toglie un sassolino della scarpa con Giovanni Toti, il governatore azzurro ligure, considerato da sempre il capo dell’ala filoleghista di Fi, ritenuto ora in uscita verso la seconda gamba sovranista che Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, sta costruendo, con l’ambizione di superare Fi. Mulè dà del “tafazzista” a Toti che aveva attaccato: «Fi ha perso più di 5 punti, sveglia!». Cosa alla quale vanno dietro altri considerati dell’ala “filoleghista” azzurra, come il coordinatore emiliano, Galeazzo Bignami che viene da radici di destra e Giorgio Silli, capo del dipartimento immigrazione, fra i detrattori del blitz di Stefania Prestigiacomo, azzurra lei veramente doc, a bordo della Sea Watch. Il centrista Rotondi è tranchant: «L’Abruzzo dove la seconda gamba senza il risultato di Fi e delle nostre liste avrebbe avuto il 2,2 per cento, è già stata azzoppata. Perché se Meloni non è riuscita a sorpassare Fi neppure ora che aveva in campo un ottimo candidato come Marco Marsilio, quando cavolo ci riuscirà?». Il Cav da qui alle Europee non allenterà la presa sull’alleato locale Salvini incuneandosi sempre di più in quelle contraddizioni che nell’esecutivo gialloverde sembrano destinate a esplodere sempre più forti. Osserva Giacomoni: «La Lega ha saputo battere bene il tasto dei temi della sicurezza ma noi ora li dobbiamo incalzare sempre più sull’economia a picco, appaltata ai 5s, dice tutto il fatto che in Abruzzo i pentastellati si siano dimezzati nonostante il reddito di cittadinanza riguardi 50 mila nuclei familiari». Continua: «Abbiamo il 10 per cento? Craxi con quella cifra la Dc la fece ballare». E ad Arcore si starebbe già pensando, anche se la Lega non vuole, di lanciare un referendum sul reddito di cittadinanza. Non solo sulla Tav. Sarebbe un bel problema, con il malcontento che c’è nel Paese, per la Lega e l’esecutivo sovran- populista.