Se c'è un leader per il quale il tema salute alla fine ha avuto sempre come altra faccia della medaglia quella della conferma della sua centralità ancora una volta questo si dimostra Silvio Berlusconi. E' bastato un lieve malore, venerdì scorso, nella fase di atterraggio del volo a New York, per rimettere ancora una volta al centro della scena il leader azzurro, avvolgendone in una nuvola di mistero le future mosse. E creando così di nuovo apprensione, più che per la salute (Berlusconi, assicurano in ambienti del suo éntourage, dopo il ricovero si sarebbe già ripreso e la prossima settimana dovrebbe far ritorno) per quello che intende fare sul piano politico. Come se le rassicurazioni, comprese le ultime sul fatto che Stefano Parisi deve solo "aggiungere", non finissero mai. La versione ufficiale in queste ore, in cui il Cav continua ad essere negli Usa è che la linea di Forza Italia resta quella stabilita nell'ultimo ufficio di presidenza. E quindi che Berlusconi «aprirà e chiuderà la conferenza programmatica di FI», che si annuncia come un primo ritorno in campo per un No al referendum, sul quale sono stati rassicurati gli alleati Matteo Salvini e Giorgia Meloni in un summit a tre svoltosi a Milano a ridosso degli 80 anni del Cav. Solo che non è stata ancora fissata la data precisa della conferenza programmatica, inizialmente annunciata per metà novembre. E si sa quanto i colonnelli azzurri, insofferenti e sospettosi nei confronti di Stefano Parisi, tengano a quell'appuntamento necessario a rilanciare FI. Chi conosce bene il Cav e ne sa analizzare le mosse, per quanto imprevedibili, però già prevede con Il Dubbio che Berlusconi si potrebbe decidere a scendere in campo negli ultimi quindici giorni che precedono il referendum del 4 dicembre, ma solo dopo aver però ben visionato gli ultimi sondaggi. Da questi potrebbe dipendere se ci metterà fino in fondo la faccia. Perché, come dicono dentro FI, «non è certo uomo da intestarsi le sconfitte, ma neppure da fare da comprimario in una vittoria del No, che potrebbe intestarsi invece Grillo e una certa sinistra che lo ha sempre avversato».Berlusconi avrebbe interesse a spendersi davvero se per una vittoria del No risulteranno determinanti gli elettori di centro. Si tratta di quelli di FI, di cui per ora, secondo un sondaggio riservato in mano al Cav, un 40% sarebbe spaccato tra chi sceglie il Sì e chi invece non ha ancora deciso. Secondo questa rilevazione, non sarebbe vero che questo 40% in blocco abbia deciso per il voto favorevole. La soglia ideale che potrebbe indurre Berlusconi negli ultimi quindici giorni a mettere fino in fondo la faccia per il No sarebbe se questo 40% frastagliato di elettori forzisti si riducesse a un 15-20%. Allora, sarebbe possibile dare la sterzata per il No e l'ex premier potrebbe intestarsi una vittoria dove i cosiddetti moderati, dei cui voti si è detto a caccia già Matteo Renzi, risulterebbero decisivi. Ecco perché Parisi è tutt'altro che scomparso dai radar di Arcore. La mission affidata al politico-manager sembra proprio quella di conquistare questi voti di centro decisivi alla causa del No. E alla causa soprattutto del tentativo di logorare il premier per portarlo a un cambiamento della legge elettorale, anche nel caso il Sì dovesse vincere di misura. Non sembra affatto un caso che ieri sera a Porta a Porta il compito sfidare proprio il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, sia stato affidato Parisi. Il politico-manager nelle ultime settimane ha fatto una virata palese per allontanare da sé sospetti di ritorni a Patti del Nazareno, ha scelto la linea del "No costruttivo", senza la linea dura di Brunetta e di Salvini, proprio per conquistare quel fatidico blocco azzurro del 40%. Si tratta di elettori che fanno gola al premier, insidiato a sua volta da Parisi nella fascia di elettorato renziano più spostato a destra, dove il politico-manager raccoglie qualche simpatia. Intanto, se l'ex candidato sindaco di Milano sta contattando i coordinatori regionali per invitarli alle iniziative della sua MegaWatt per il No, cresce il protagonismo dei vari colonnelli. Ieri iniziativa a Roma per il No con Brunetta, Giovanni Toti, Maurizio Gasparri e Altero Matteoli. La manifestazione inizialmente era nata dagli ex An di Fi, Fabrizio Di Stefano, Alberto Giorgetti e Pietro Lanfranco. Bordate a Parisi, seppur non citato, da parte di Matteoli. Chissà che alla fine politicamente parlando ancora una volta per Berlusconi non tutto il male (consigli dei medici alla cautela compresi) sia venuto per nuocere. E non riesca a coronare l'incoffessabile desiderio, che lo avrebbe attraversato durante gli ultimi giorni di vacanza, di rientrare in scena a cose fatte, dopo il referendum. Emblematica la battuta polemica di Daniela Santanchè la quale avrebbe detto che il malore americano del Cav non solo ha giustificato il legittimo impedimento a comparire nel "Ruby ter" ma si è rivelato come un «legittimo impedimento a fare campagna per il referendum».