Magistrato prestato alla politica, ma nelle istituzioni per molti anni, salentino, classe 1958, Alfredo Mantovano torna al governo scelto da Giorgia Meloni per ricoprire il delicato incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Eletto nelle liste di Alleanza Nazionale nel 1996, da parlamentare Mantovano si occupa di giustizia e Antimafia. Cinque anni dopo si candida ma non viene rieletto, ma Silvio Berlusconi lo chiama a far parte della squadra di governo come sottosegretario all’Interno, con delega alla pubblica sicurezza, alla presidenza della Commissione sui programmi di protezione per collaboratori e testimoni di giustizia, al commissario antiracket e antiusura, al commissario sulle vittime della mafia. Ritornerà in Parlamento nel 2006, questa volta in Senato, eletto nelle fila di AN e diventa membro del Copasir. Nel 2008 torna al Viminale, con la funzione di vice ministro con delega alla Pubblica sicurezza. Nel dicembre 2012, insieme ad altri parlamentari del PdL, vota la fiducia al Governo Monti, a cui Berlusconi aveva invece tolto il sostegno e alla fine della legislatura deciderà di non ricandidarsi per tornare a indossare la toga, prima come consigliere alla IV sezione penale della Corte di appello di Roma e poi da consigliere di sezione penale alla Corte di Cassazione. Cattolico, con posizioni conservatrici in tema di diritti civili, Mantovano è una presenza abbastanza costante al Meeting di Rimini di CL, e fa parte di Alleanza Cattolica dal 1976. Giornalista pubblicista e saggista, collabora con la rivista Tempi. Dal 2015, Mantovano è presidente della sezione italiana della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, che si occupa di persecuzioni religiose, e dallo stesso anno diventa vicepresidente del Centro studi Rosario Livatino, formato da magistrati, avvocati, notai e docenti di materie giuridiche. Dal 2018 è direttore responsabile di L-Jus, rivista semestrale online dello stesso Centro studi.

Mantovano, la visione sulla giustizia

Sul fronte della Giustizia, Mantovano si è espresso a favore della separazione delle carriere. Pur esprimendo, "da garantista", dubbi sui quesiti referendari promossi da Lega e Radicali (e dal neo guardasigilli Carlo Nordio). Contrario al referendum sulla custodia cautelare, ritenuto «inaccettabile», Montavano scrive: «Le buone intenzioni poste a base dei referendum sulla giustizia ci sono tutte: chi, a 33 anni dall’operatività di un codice di procedura penale che ha trasformato il pubblico ministero in una parte, se pure pubblica, può ragionevolmente contrastare la separazione delle carriere fra P.M. e giudicanti? E chi, a fronte di aberranti privazioni della libertà personale, può affermare che si tratti di errori fisiologici, e non invece di un meccanismo che non funziona?». «Leggendo il relativo lunghissimo quesito - precisa in un articolo sul Foglio - ci si accorge però che da un lato esso è inutile, perché abroga disposizioni da tempo non più operative, dall’altro – pur precludendo il passaggio da una funzione all’altra – lascia in piedi un unico concorso di magistratura, un unico Csm, un’unica scuola di formazione. Lascia cioè invariata la sottoposizione dei giudici, quanto a progressione, incarichi e disciplina, a organi composti anche da pubblici ministeri, e viceversa, con un incremento della confusione».

Temi etici

Conservatore e cattolico, Mantovano ha preso parte al Congresso mondiale delle famiglie di Verona, dove è stato relatore di una tavola rotonda sulla Tutela della vita. In quell'occasione  ha sostenuto come la legge 194 non riconosca in realtà il diritto all’aborto, ma preveda una fase di “prevenzione” prima dell’interruzione di gravidanza. Contrario al referendum sul fine vita, ha espresso il suo pensiero nel libro "Eutanasia. Le ragioni del no" (Cantagalli), che fa il paio con il volume “Droga, le ragioni del no”, in cui Mantovano illustra gli effetti delle principali sostanze stupefacenti, e smonta i «luoghi comuni che si usano per sostenere la legalizzazione di quelle cosiddette leggere, anche alla luce di quanto accaduto negli ordinamenti che hanno introdotto leggi permissive, in primis alcuni States degli Usa».