«Sarà un momento di belle novità nel M5S». Danilo Toninelli, responsabile delle campagne elettorali e organizzatore del congresso grillino, presenta così gli Stati generali del Movimento, in programma dal 13 al 15 marzo. Le novità ci saranno senz’altro - e riguarderanno soprattutto l’organizzazione - è ancora presto però per capire se saranno davvero «belle» per il Movimento, come annuncia l’ex ministro dei Trasporti.

Una parte del gruppo parlamentare, infatti, non ha alcuna intenzione di celebrare un rito vuoto, che si concluda con la nomina, o la riconferma, di un leader per acclamazione. Per questo gli Stati generali del partito liquido potrebbe trasformarsi in un congresso tradizionale, novecentesco, con mozioni opposte a contendersi la maggioranza dei consensi.

O almeno questo ha invocato pubblicamente Emanuele Dessì, uno dei frontman, insieme a Mattia Crucioli e Primo Di Nicola, dei senatori ribelli che hanno chiesto al capo politico un cambio di passo radicale nella linea politico- organizzativa del M5S. «Non vorrei che ci si arrivasse con una mozione preconfezionata, da votare sì o no. Serve una discussione vera, con mozioni politiche. Non servono luci e papillon», ha dichiarato l’esponente M5S al Corriere della sera.

Difficile immaginare che i parlamentari “non allineati” accettino di mollare la prese in queste condizioni. Anche perché, tra le richieste avanzate al capo politico in un documento scritto, compare il definitivo collocamento del partito nel campo progressista. Ovvero, basta con la storiella “né di destra, né di sinistra”, il futuro del Movimento dovrà essere connotato: al fianco del Pd. La pretesa dei ribelli non entusiasma, però, quanti hanno accettato il cambio di maggioranza senza troppi entusiasmi.

«Se poi qualche mio collega si è innamorato di colpo del Pd, può anche traslocare», è ad esempio la posizione secca del sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Buffagni, considerato molto vicino a Davide Casaleggio. Le sirene dem non hanno mai ammaliato il sottosegretario, esponente dell’area “nordista” M5S e forse più a suo agio a interloquire con gli alleati del Conte uno. I grillini sono spaccati e Luigi Di Maio prova a parare i colpi provenienti da tutte le anime pentastellate. Perché comunque vada, la sua leadership finirà sul banco degli imputati. E senza una sintesi è inevitabile che il congresso si trasformi in una resa dei conti tra visioni differenti. E mentre Toninelli mette in moto la macchina organizzativa, il mondo grillino continua a ribollire.

Le novità più importanti riguardano Rousseau. Non solo l’associazione non incasserà più gli eventuali fondi rimasti in cassa a fine legislatura, ma in futuro potrebbero essere “internalizzati” dal Movimento alcuni dei servizi attualmente affidati all’associazione di Casaleggio. E il figlio di Gianroberto riorganizza la sua macchina operativa per attrezzarsi al nuovo contesto. Esce Max Bugani, che lascia il ruolo di socio numero due nell’associazione Rousseau, e dentro, a sorpresa, Alessandro Di Battista, che torna a rivestire una carica come “referente” del Portale Eventi Movimento 5 Stelle insieme a Paola Taverna e Marco Croatti.

Si dimette dunque un esponente storico del grillismo emiliano, un militante della prima ora, che alle Regionali avrebbe preferito stringere un patto di desistenza col Pd, e rientra dalla finestra di Casaleggio uno dei leader più amati dal popolo pentastellato anche per le sue posizioni radicali e ostili al matrimonio coi dem. «Per sfruttare al meglio tutte le funzionalità della piattaforma e renderle sempre più dinamiche e al servizio del Movimento 5 Stelle, il team dei referenti di Rousseau cresce», recita il post pubblicato sul Blog delle stelle, in cui si annuncia il nuovo incarico a Dibba.

E chissà che quello dell’ex deputato non sia un primo passo verso un ritorno definitivo all’impegno politico in prima persona. Il congresso, del resto, è vicino e per la prima volta nella storia la leadership è davvero contendibile. In attesa che Beppe Grillo batta un colpo, che il confronto abbia inizio.