LA FNP VICINA ALLE FAMIGLIE DI COLORO CHE NON CE L’HANNO FATTA, AGLI ANZIANI E PIÙ FRAGILI

Quest’anno, per la seconda volta, il 18 marzo è stata l’occasione per ricordare le vittime di quello che resta uno dei drammi più terribili degli ultimi decenni. Un dramma che a volte pensiamo di aver superato, erroneamente però, visto che in molte parti del mondo il virus sta rialzando la testa. Infatti, dopo settimane di trend in diminuzione, i nuovi casi di Covid tornano ad aumentare nei Paesi del Pacifico occidentale, in Africa e in Europa, come segnalato dal nuovo Rapporto settimanale dell’Oms.

«Per questo motivo – afferma Emilio Didonè, segretario nazionale Fnp con delega alle Politiche sociali - a due anni dall’inizio di questa pandemia, dovremmo tutti cercare di ricordare per non dimenticare.

Ricordare quel 18 marzo del 2020, quando i camion militari sfilarono per le strade di Bergamo.

Ricordare ciò che accaduto: la sofferenza, la paura, la solitudine di tante persone che purtroppo ci hanno lasciato, e che nei momenti più difficili non sono stati nemmeno degnamente confortati dai familiari più stretti. Non possiamo dimenticare le tante vittime che questo virus ha fatto e continua a fare e le tante famiglie, papà, mamme, figli, nipoti e fratelli che non hanno potuto accompagnare in chiesa i loro cari defunti, che non hanno potuto visitare in ospedale i loro malati o gli anziani ospiti delle Rsa; il lavoro di medici, infermieri, soccorritori e operatori sanitari, che hanno cercato e cercano di curare le persone e di salvare vite umane anche a costo di sacrificare se stessi e i propri familiari; infine i tanti magnifici esempi di ‘ operatori del bene’ espressi nell’emergenza da questo Paese».

«E’ nostro dovere – continua Didonè - ricordare i primi casi di Covid, le tragedie di Alzano e della bergamasca, le prime due zone rosse in Italia a Codogno e Vo' Euganeo, il silenzio assordante delle strade vuote, così vuote da poter sentire anche a grande distanza l’eco continuo delle sirene delle autoambulanze. Dovremmo rammentare che siamo stati i primi in Europa colpiti dal virus, e che gli unici Paesi venuti subito in aiuto sono stati Albania, Cina, Cuba e Russia, mentre altri vicini chiudevano i confini, e accanto a questo avere sempre davanti i nostri occhi anche il senso di appartenenza e solidarietà creatosi in quei primi mesi di terrore, quando tappezzavamo i nostri balconi con lo slogan “andrà tutto bene”. Non dimentichiamoci di come tutto quello che ci sembrava scontato adesso non lo è più, perché ogni cosa ha assunto un valore diverso, e la lista delle cose da non dimenticare sarebbe ancora lunga.

Tutto questo lascerà inevitabilmente un segno. Questa difficile esperienza, che stiamo ancora vivendo, non passerà nel silenzio, nel dimenticatoio, e sicuramente cambierà per sempre qualcosa anche nei nostri rapporti personali, nel prendersi cura delle persone, nel collaborare insieme, nel distinguere il necessario dal superfluo e, soprattutto, nella scelta delle priorità nella nostra vita».