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IL GOVERNO UNGHERESE VIOLA SISTEMATICAMENTE I DIRITTI DEI MIGRANTI
La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha condannato l’Ungheria per le politiche migratorie che comprendono sia l’accoglienza che l’eventuale rimpatrio dei migranti, in particolare per i fatti accaduti nel 2015.
All’epoca il governo di Budapest, guidato, come ora, da Viktor Orban, aveva istituito zone di transito al confine serbo- ungherese per accogliere i migranti, valutarne le richieste ed eventualmente respingerli verso la Serbia. Due anni dopo un’altra legge ha ristretto il periodo massimo di permanenza di un richiedente asilo in territorio ungherese, portandolo a quattro settimane.
La Corte, riunita in Grande Sezione, ha accolto la parte essenziale del ricorso per inadempimento presentato dalla Commissione europea, riconoscendo che l’Ungheria “è venuta meno al proprio obbligo di garantire un accesso effettivo alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, in quanto i cittadini di Paesi terzi che desideravano accedere, a partire dalla frontiera serbo- ungherese, a tale procedura si sono trovati di fronte, di fatto, alla quasi impossibilità di presentare la loro domanda”.
La sentenza analizza in maniera approfondita i fatti tra il 2015 e il 2017, arrivando a dire che “l’obbligo imposto ai richiedenti protezione internazionale di rimanere in una zona di transito durante l’intera procedura di esame della loro domanda costituisce un trattenimento ai sensi della direttiva “accoglienza”.
Nella direttiva si fa riferimento esplicito ad alcune tutele da garantire ai migranti definiti come soggetti “vulnerabili” e ai minori, garanzie che non sono state rispettate dalla legge ungherese.
Per quanto riguarda i rimpatri, la Corte precisa che “la normativa ungherese consente di allontanare i cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno nel territorio è irregolare senza rispettare preventivamente le procedure e le garanzie previste da tale direttiva”, e questo rappresenta una violazione della direttiva comunitaria relativa ai rimpatri. Infine, la sentenza fa riferimento anche al periodo di permanenza dei migranti, specificando che “un richiedente asilo ha diritto di rimanere nel territorio dello Stato membro interessato dopo il rigetto della sua domanda, fino alla scadenza del termine previsto per la presentazione di un ricorso avverso tale rigetto o, se è stato presentato un ricorso, fino all’adozione di una decisione su quest’ultimo”. Adesso l’Ungheria dovrà adeguarsi alla direttiva comunitaria e, nel caso in cui non lo facesse, la Commissione può a quel punto presentare un altro ricorso chiedendo sanzioni pecuniarie.