IL LAVORO RENDE LIBERI?

FOUNDER ECONOMIA CARCERARIA

Con l’inizio del nuovo millennio, sotto la presidenza Ciampi e con l’esecutivo guidato da Giuliano Amato, si cerca di dare una svolta radicale per incentivare il lavoro in carcere e in particolar modo il lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro esterno alla direzione carceraria. Per fare questo si utilizza per la prima volta lo strumento più banale ma anche più efficiente che uno Stato può predisporre: l’incentivo economico.

Si comprende finalmente che l’assunzione di personale detenuto comporta per l’impresa una serie di svantaggi che devono essere compensati. Assumere una persona detenuta obbliga le imprese a seguire un iter burocratico non semplice e non veloce; impegna l’amministrazione dell’impresa a un dialogo continuo con la direzione carceraria nella speranza che quest’ultima non cambi i propri rappresentanti per evitare di cominciare un nuovo dialogo e rinnovare la fiducia tra le parti; la flessibilità per orari e trasferte è minore rispetto ai standard del mondo del lavoro “libero”; se si opera all’interno del carcere si è sottoposti ad orari e logistiche decise dall’organizzazione dell’istituto; si richiede uno sforzo importante affinché l’impresa possa formare la persona detenuta e tale sforzo potrebbe essere vanificato se per qualsiasi motivo tale persona sia trasferita in altro istituto o liberato.

Con la legge Smuraglia si cerca appunto di compensare tali fallimenti nel mercato del lavoro carcerario attraverso il più classico degli incentivi, quello economico.

La legge mette a disposizione un fondo, finanziato dal Ministero della Giustizia e dell’allora Ministero del lavoro e della previdenza sociale, volto a coprire il 95% dei contributi previdenziali e il riconoscimento fino a un massimo di 520 euro mensili per ogni detenuto assunto, sotto forma di contributo di imposta. Con grande lungimiranza si è anche disposto che tali incentivi possano continuare ad essere erogati fino ai 18/ 24 mesi successivi alla scarcerazione della persona, per evitare che l’impresa non avesse più interesse a continuare il rapporto lavorativo al momento della liberazione e, nello stesso tempo, permettere al “neo- libero” di costruire una propria rete sociale fuori dal carcere con la sicurezza di un posto di lavoro.

Il più grande limite di questa legge, così semplice e allo stesso tempo rivoluzionaria nei principi ispiratori, è rappresentato dal budget. I fondi sono a budget e quindi limitati, annualmente si stanziano poco meno di 10 milioni di euro che possono coprire una platea di sole 1.000 persone detenute assunte. Considerando il totale di 55.000 reclusi, si comprende facilmente che la dotazione finanziaria sia assolutamente insufficiente e ostacoli il successo pieno dell’iniziativa.