Dario Parrini, senatore dem e presidente della commissione Affari costituzionali di palazzo Madama, spiega che mettere i bastoni tra le ruote al governo nella risoluzione di oggi «sarebbe un atto sia irresponsabile che autolesionistico». Poi avverte i Cinque Stelle: «al Pd servono alleati stabili, coesi e costruttivi». Senatore Parrini, oggi Draghi in Aula ribadirà l'impegno del paese al fianco dell’Ucraina. Teme possano esserci scossoni contro il governo, magari da parte del sovranismo della Lega o del populismo dei Cinque Stelle? La linea di Draghi è quella di tutti i maggiori Paesi occidentali: sostegno multiforme alla Resistenza ucraina, impegno forte finalizzato a creare le condizioni di base per un cessate il fuoco seguito da una soluzione diplomatica equa e sostenibile del conflitto, salvaguardia dell’integrità e sovranità territoriale del Paese invaso e dei principi- chiave del diritto internazionale, a cominciare dal diritto dei popoli alla libertà e all’indipendenza e all’autodifesa contro aggressioni di altri Stati. Si tratta di una linea giusta e ampiamente condivisa, che deve uscire rafforzata dal nostro dibattito parlamentare di oggi. Credo che questo sarà ciò che succederà. Minare la credibilità del governo in una fase così delicata della storia europea e delle relazioni internazionali sarebbe un atto sia irresponsabile che autolesionistico. Francamente non vedo in nessuna componente della larga maggioranza che sostiene l’esecutivo Draghi la voglia di fare danni o di farsi del male. Resto pertanto ragionevolmente fiducioso.

Però i Cinque Stelle, vostri alleati, stanno vivendo ore di forte tensione. Letta dice che parlerà sia con Di Maio che con Conte, ma pensa che una spaccatura nel Movimento possa consegnare il paese al centrodestra nel 2023?

Rispetto sempre il dibattito interno agli altri partiti, specie se sono alleati. Ovviamente mi auguro, ed è un auspicio comprensibile, di poter contare su alleati stabili, coesi e costruttivi, che diano la priorità al bene del Paese portando avanti un programma forte di giustizia sociale e ambientale, di lotta contro le disuguaglianze, la fiammata dei prezzi e il cambiamento climatico e per lo sviluppo produttivo e del lavoro. Su questi presupposti il centrosinistra può presentarsi compatto e con ampi confini alle elezioni del 2023, e vincerle. Il centrodestra presenta molte contraddizioni e lacerazioni, che nelle prossime settimane si aggraveranno e diverranno sempre più evidenti.

A proposito di elezioni, in attesa dei ballottaggi il primo turno delle Amministrative ha certificato un buono stato di salute del Pd. Crede che Letta riuscirà nell’intento di riunire il cosiddetto campo largo, da Calenda a Leu, o dovrà preferire l’alleanza con il centro piuttosto che quella con i grillini? Il primo round delle Amministrative ha indicato che il Pd tiene bene il campo, gli elettori premiano la sua capacità di governare bene a livello locale, il suo senso di responsabilità nazionale e la chiarezza della sua posizione di leale supporto al governo in un momento per tanti versi complicato e faticoso. Grazie a ciò usciamo da questa tornata di voto come il partito nettamente primo per consensi. Se da qui alle prossime Elezioni le regole elettorali rimarranno queste, la sfida del 2023 non potrà che essere principalmente tra due ampie coalizioni: in tal caso sarà importante che ne nasca una di stampo progressista e europeista di cui il Pd si candida a essere baricentro, perno e forza motrice. Una coalizione dove non dovranno esserci veti incrociati e narcisismi ma il desiderio intenso e corale di mettere in pista una proposta coerente e seria di rinnovamento sociale ed economico del Paese, di riduzione dei suoi squilibri e di valorizzazione delle sue potenzialità. Se continueremo ad avere un sistema elettorale che impone alleanze pre- voto, dobbiamo sapere che ad avere successo sono le alleanze costruite ' per qualcosa” più che “contro qualcuno”.

In questi giorni Macron è in difficoltà in Francia, avendo perso la maggioranza assoluta con Von der Leyen che si è detta preoccupata per il futuro dell’Europa. Pensa che il risultato indebolirà l’impegno europeista del governo francese e quali ricadute avrà sulla politica italiana? Non vedo ricadute per l’Italia, e l’europeismo in Francia resta maggioritario. Macron ha ottenuto la maggioranza relativa con più di 100 seggi di vantaggio sul polo di sinistra guidato da Mélenchon ma ha subito uno smacco politico cocente e sostanziale: è distante 50 seggi dalla maggioranza assoluta e dovrà fronteggiare in Parlamento, dove negli scorsi cinque anni è stato autosufficiente e dominatore, l’opposizione senza sconti di una sinistra in ripresa e di un’estrema destra che non è mai stata così forte nelle istituzioni. Le regole costituzionali della Quinta Repubblica consentono a Macron, che ha pur sempre ottenuto il 42 per cento dei seggi, 246 su 577, di scegliere di governare senza alleanze formali, sfruttando i meccanismi pro- governabilità previsti nell'articolo 49 che disciplina l’approvazione con voto di fiducia delle leggi e che prevede il principio della fiducia implicita al governo, che può essere costretto alle dimissioni solo se viene approvata una mozione di censura a maggioranza assoluta dei componenti dell’Assemblea Nazionale.

Quindi non crede a tutto questo allarme scattato anche nelle istituzione europee? Personalmente credo che se Macron seguisse la strada appena descritta, come coi governi Rocard- Cresson- Bérégovoy fece nel 1988- 93 Mitterrand in una situazione non identica ma simile, rispetterebbe le forme ma commetterebbe un errore politico. Meglio provare ad allargare il consenso intorno al suo gruppo, dialogando con le forze europeiste e costruttive che si trovano nei settori moderati sia della sinistra socialista e verde che della destra gollista. Del resto il Paese, a due mesi circa dalla sua rielezione all’Eliseo, ha mandato a Macron un segnale chiaro: lo vuole meno solo al comando, più aperto e più attento al disagio sociale, che è acuto e che i partiti populisti hanno dimostrato di saper cavalcare con pochi scrupoli e molta abilità.

SULLE STRATEGIE IN VISTA DLELE POLITICHE

«SE DA QUI ALLE PROSSIME ELEZIONI IL SISTEMA DI VOTO RESTERÀ QUESTO, LA SFIDA DEL 2023 NON POTRÀ CHE ESSERE PRINCIPALMENTE TRA DUE AMPIE COALIZIONI: IN TAL CASO SARÀ IMPORTANTE CHE NE NASCA UNA DI STAMPO PROGRESSISTA ED EUROPEISTA DI CUI IL PD SI CANDIDA A ESSERE BARICENTRO, PERNO E FORZA MOTRICE, COSÌ DA METTERE IN PISTA UNA PROPOSTA COERENTE E SERIA DI RINNOVAMENTO SOCIALE ED ECONOMICO DEL PAESE »