Un’inchiesta che non lo riguarda. Che non lo vede tra gli indagati. Eppure Angelino Alfano finisce colpito in pieno da uno strumento d’indagine trasformato in arma contundente, l’intercettazione in cui si racconta di suo fratello: il solito materiale polveroso e sottile. Sarebbe il caso classico che dovrebbe ispirare una riforma di sistema sugli ascolti. «Ma se non ce l’ha fatta il centrodestra nella legislatura 2001-2006, con una maggioranza ampia e idee chiare in materia di giustizia, non credo che l’attuale Parlamento potrà trovare la forza di cambiare il quadro della situazione». A parlare è Pierantonio Zanettin, avvocato, consigliere laico del Csm, ex senatore di Forza Italia. Oggi, da componente dell’organo di autogoverno della magistratura, sarebbe felice di poter esprimere un parere su una riforma delle intercettazioni.Che però, lei dice, non arriverà.Non mi pare che questo Parlamento abbia la forza per un intervento così significativo, non credo che il governo Renzi potrà spendersi su questo. Ma lo dico da osservatore esterno, evidentemente.Lei è stato in Senato fino a due anni fa.Ma così come mi aspetto equilibro dai magistrati che scelgono l’impegno politico, credo di essere tenuto a rispettare un equilibrio a mia volta ora che sono al Csm.Ma i passaggi delle intercettazioni in cui si cita il ministro dell’Interno sembrano destinati ad alterare proprio il confronto legislativo in materia di giustizia.Sull’uso delle intercettazioni ci troviamo spesso di fronte alla stessa scena: e cioè alla degenerazione di persone che vengono esposte in modo plateale, magari poi assolte quando si tratta di indagati, comunque distrutte o pesantemente segnate anche se non entrano mai nell’inchiesta.Come si ferma la degenerazione?Andrebbe normato in maniera restrittiva rispetto a come è regolato. Da parlamentare ricordo le informazioni che furono diffuse da Vodafone, secondo cui in Italia c’è il maggior numero al mondo di richeste di intercettazione da parte della magistratura. I numeri sono impressionanti, l’uso che si fa di questo strumento è abnorme, ma non credo che lo si possa scoprire ora che ad essere citato è il ministro dell’Interno.Che intende dire?Che il tema è arcinoto, da una parte, e dall’altra che riguarda innanzitutto decine di migliaia di comuni cittadini, di persone che vedono la propria esistenza violata con questi pesanti strumenti di intrusione. Se poi vogliamo ricordare un precedente che riguardi un politico, citerei il caso di Maurizio Lupi, ex ministro dimessosi dalla carica di governo proprio in seguito a un’intercettazione. La responsabilità di questo abuso è innanzitutto della politica.Nel senso che non interviene sul tema? C’è una delega a riguardo, nella riforma del processo penale.Ma ripeto che non mi sento di scommettere sul varo di una riforma delle intercettazioni. L’insuccesso con cui ci si misurerà anche stavolta sarà l’ennesimo da aggiungere alla collezione.La vicenda che riguarda Alfano condizionerà il confronto Pd-Ncd sulla riforma del processo penale?Non mi aspetto che Ncd cambi il proprio atteggiamento garantista, è un partito chiaramente connotato in questa direzione.Però potrebbe succedere che sia il Pd a preferire un’intesa con M5s piuttosto che con i centristi.Può essere vero, ma il problema del Nuovo centrodestra e degli stessi parlamentari di Ala mi pare sia di carattere politico più generale. Riguarda il rapporto con Renzi nel suo insieme, non solo il voto al Senato sulla riforma del processo.C’è un picco nella tensione tra ministro della Giustizia e Csm?Non direi, se facciamo il confronto con quanto accaduto negli ultimi quindici anni tra diversi governi e la magistratura. Stavolta il quadro mi sembra meno conflittuale.Il guardasigilli Orlando vorrebbe riformare il sistema per l’elezione dei togati al Csm e ha subito suscitato reazioni nervosissime.Ecco, se c’è una riforma che invece in genere a ogni legislatura si riesce a fare è quella per l’elezione dei togati, sempre con lo stesso obiettivo: limitare l’influenza delle correnti. Puntualmente la legge cambia ma il risultato non arriva: l’associazionismo delle toghe riesce comunque a far sentire il proprio peso nella rappresentanza, e forse è inevitabile. La sola via drastica sarebbe sarebbe quella del sorteggio, ma credo che l’ipotesi sia incostituzionale.Le pesa confrontarsi con dinamiche come quelle delle correnti, che a volte ricordano i partiti?No, guardi, posso dire casomai che alla fine del mio mandato da consigliere tornerò volentieri alla politica. Non in Parlamento, magari ricomincerò a partecipare ad assemblee territoriali del mio partito, seduto all’ultima sedia.La polemica tra politica e magistratura riguarda anche gli organici dei cancellieri.Su questo mi sento di condividere la posizione del ministro Orlando. Certo che ci sono carenze di organico, ma le risorse vanno anche organizzate meglio. E a mio giudizio sono anche distribuite spesso in modo irrazionale. Ci sono territori a bassa densità di popolazione e con minor indice di dinamicità produttiva come il Molise dove troviamo tre tribunali e una Corte d’Appello, poi una regione come il Veneto è l’ultima per rapporto tra popolazione e magistrati. C’è bisogno di una distribuzione più razionale, prima di dare per acquisito che i numeri complessivi siano scarsi.A proposito di tensioni: anche il Csm è stato scosso da un caso, quello mediatico che ha riguardato il consigliere Aschettino.Sì però intendiamoci: è emerso che non esiste alcun procedimento penale né disciplinare a carico di Aschettino, credo che ci si debba fermare a questo.Garantista con tutti, anche con i magistrati.Assolutamente sì.