Ieri, in un lungo messaggio inviato alle mailing list dell’Anm, il magistrato della Dda romana, Mario Palazzi, ha denunciato il clima avvelenato nel Csm e su certa stampa a causa di alcuni consiglieri in merito alle modalità di selezione dei membri del direttivo della Scuola Superiore della Magistratura. Ne parliamo con Giovanni Zaccaro, segretario di AreaDg.

Cosa ne pensa di questa polemica sollevata nella chat dell'Anm dal collega del suo gruppo?

Palazzi insieme ad altri colleghi valorosi come Castelli e Sciacca è stato per settimane indicato come beneficiario di un accordo spartitorio al Consiglio, senza che gli autori delle polemiche ne valutassero il profilo professionale e di formatore. Non mi pare che abbia fatto polemiche, ha solo annunciato azioni legali per tutelare il suo nome e la sua storia che sono di tutto rispetto come tutti i colleghi sanno bene.

Un articolo di Repubblica di dicembre: “’ Trattative e magheggi al Csm per la scuola della magistratura, la rivelazione di Mirenda”. Le correnti esprimono divergenze culturali o sono ancora un poltronificio?

Il consigliere Mirenda è stato eletto nell’organo costituzionale posto a presidio della autonomia e indipendenza della magistratura. Io non ho ancora capito quali siano le sue idee su temi importanti come la dirigenza degli uffici o la formazione dei magistrati. Mi pare che si distingua più per le polemiche, spesso solo contro AreaDg.

Ma alla fine le polemiche di Mirenda hanno raggiunto il loro scopo.

I nomi proposti per la Scuola mi sembrano di buon livello, alcuni sono ottimi giuristi, altri impegnati con successo da anni nella formazione dei magistrati. Non penso che i consiglieri si siano fatti condizionare da Mirenda ma il pericolo delle polemiche è un altro. Tutta questa demagogia contro le correnti rischia di disincentivare l’impegno nell’associazionismo giudiziario, facendo il gioco di certa politica che ha come nemico proprio le associazioni di magistrati che ragionano collettivamente sui temi della giustizia. Un magistrato che non si confronta con i colleghi su questioni giuridiche o sulla organizzazione degli uffici o sulla politica del diritto rischia di essere un magistrato più povero culturalmente e più facilmente preda di condizionamenti esterni.

Non mi ha risposto però se le correnti sono un poltronificio.

AreaDg ha organizzato in queste settimane tantissimi convegni e dibattiti sui temi più disparati. La cosa buffa è che se ci riuniamo per discutere delle nostre idee sulla giustizia ci accusano di fare politica. Se non ci riuniamo, invece ci accusano di occuparci solo di poltrone.

Per alcuni ormai i cosiddetti “frontman” delle correnti devono essere penalizzati quasi a prescindere. Come si risolve questo pregiudizio?

L’esperienza in una corrente è spesso una forma di arricchimento. Molti magistrati si autopercepiscono come monadi infallibili, invece confrontarsi con altri colleghi o addirittura litigare insegna a non essere superbi oltre a favorire la crescita culturale e professionale. Certo, siamo nel Paese del familismo amorale e i legami personali, territoriali, amicali spesso hanno la meglio sul merito individuale. Succede nelle nomine pubbliche, succede anche in magistratura. Ma non è possibile passare all’eccesso che taluno sia ritenuto subvalente solo per la sua esperienza associativa o per le sue prese di posizione. Nessuno più si occuperebbe di certi temi, nessuno interverrebbe nel dibattito pubblico. Sarebbe il trionfo di quei politici che vogliono trasformare i magistrati in grigi burocrati e impedire loro di esprimere le loro opinioni in materia di giustizia, diritti, garanzie.

Scuola della Magistratura molto ambita: cosa c'è davvero in ballo?

Ci sono molti modelli di formazione che risentono anche del diverso modo di intendere la giurisdizione: c’è chi pensa che la scuola debba solo spiegare ai magistrati cosa dicono le norme e quali sono gli orientamenti interpretativi della Cassazione. Noi di Area pensiamo che i magistrati possano scoprire i precedenti giurisprudenziali da soli o comprando un codice commentato. Preferiamo una Scuola laica, aperta agli altri saperi, alle fonti e alla giurisprudenza sovranazionale, che formi magistrati consapevoli del loro ruolo nel sistema di tutela multilivello dei diritti. Che ribadisca il modello costituzionale di magistratura, fatta di uguali e non di gerarchie. Che parli dei diritti e dei doveri costituzionali e sociali dei magistrati e non instilli solo l’ansia della definizione dei processi o peggio il terrore per il giudizio disciplinare. Siamo consapevoli che altri hanno un’idea più conservatrice della formazione e del diritto ed è giusto che il direttivo della Scuola rispetti il pluralismo culturale.