Il più bello spettacolo del mondo è stato da più parti definito il gioco del calcio. Definizione in linea di massima esatta perché coglie l’aspetto più evidente di un fenomeno assai complesso e di vasta estensione nella vita sociale di ogni nazione, che trova modelli antichissimi nelle tragedie greche e in ogni rappresentazione pubblica di passioni, di lotta, di abilità e di coraggio.È stato, invero, acutamente osservato da Roland Barthess che «in alcune epoche e in alcune società il teatro ha svolto un’importante funzione sociale: riuniva tutta la cittadinanza in un’esperienza comune, la conoscenza delle proprie passioni. Oggi questa funzione viene svolta, a suo modo, dallo sport, e in particolare dal gioco del calcio». Si può convenire allora con Roland Barthess che «lo sport è una grande istituzione moderna che ha assunto le forme ancestrali dello spettacolo». Dunque il calcio, ormai senza eccezioni, una componente naturale - a vari livelli - del modo di essere e di manifestarsi di intere comunità, che allo spettacolo sportivo dedicano attenzione, tempo, denaro e passione, talvolta sfrenata. È un dato di comune esperienza, infatti, che piccoli e grandi comunità vengono massicciamente coinvolte nelle vicende sportive delle squadre locali e nazionali e che a volte detto coinvolgimento raggiunge emozioni indefinibili, dai vertici assai elevati, nel bene e nel male.Non esiste invero città, piccola o grande che sia, che non possegga una squadra di calcio, e a volte più di una, e non esiste nazione che si rispetti che non esprima una sua squadra nazionale per la partecipazione a tornei continentali e addirittura olimpionici o mondiali che la televisione diffonde in diretta in ogni parte del globo. Questa diffusa realtà sociale non è però solo spettacolo, ma anche espressione di valori atletici, che i giocatori, capaci di gesti esaltanti e di impensabili virtuosismi, esprimono con vigore e fantasia davanti a un pubblico che si esalta nel vederli trattare la palla come funamboli o nel dribblare l’avversario, o nel librarsi in aeree sforbiciate, o in colpi di testa che, fuor di metafora, fanno impazzire gli spettatori.Spettacolo e valore atletico non restano tuttavia fini a se stessi. Altri e più significativi valori è dato riscontrare in un fenomeno che va oltre il ristretto agone sportivo. Sono i valori della libertà, della partecipazione, dello spirito di appartenenza e dell’identificazione. Non v’è dubbio, infatti, che la costituzione di un’associazione sportiva senza finalità politiche né condizionamenti autoritari rappresenta un momento attuativo della libertà dei singoli di aggregarsi per realizzare un’esigenza dello spirito, in particolare dello spirito sportivo, mediante il quale inserirsi nella vita sociale per ivi seguire percorsi di sviluppo e di potenziamento della personalità. Anche le associazioni sportive, infatti, vanno comprese nel novero delle formazioni sociali che l’art. 2 della nostra Costituzione prevede come componenti essenziali, assieme all’individuo, dello Stato-comunità.La scelta di tifare per una o per un’altra squadra è anch’essa - a ben vedere - espressione di libertà individuale e di manifestazione dei pensiero.Quando, poi, un’associazione sportiva riesce ad esprimere una squadra che lotta per conseguire la palma dello scudetto o per non retrocedere, o comunque per l’affermazione dei propri colori, si verifica un fenomeno particolare. Ai soci ufficiali, ai giocatori, ai dirigenti, all’allenatore, si uniscono i tifosi, una folla a volte enorme e indefinibile per numero e per qualità, che, pur rimanendo esterna alla compagine societaria, ritiene di essere (e in realtà lo è) la vera titolare degli interessi, delle aspirazioni e dei destini della squadra del cuore. Quest’ultima espressione, che un’intelligente pubblicità più di cinquantanni addietro aveva sfruttato con lo slogan: «Se la squadra del tuo cuore ha vinto brinda con Stok; se ha perso consolati con Stok», rivela che il fenomeno è alimentato da una carica sentimentale che è davvero il perno sul quale ruota il rapporto affettivo che si instaura tra i tifosi e i colori della squadra.A questo punto si verifica qualcosa di magico, una sorta di immedesimazione che non ha eguali in altri tipi di spettacolo: tutto ciò che accade ai giocatori accade agli spettatori. I tifosi infatti non si limitano ad osservare lo svolgimento del gioco, ma sono essi stessi attori, tant’è che è stato, con molta acutezza osservato, che« guardare non è soltanto vivere, soffrire, sperare, comprendere, ma anche e soprattutto esprimere i propri sentimenti con la voce, il gesto, il volto, significa prendere a testimone il mondo intero, in una parola, comunicare». Già queste notazioni fanno vedere come il rapporto tra tifoseria e squadra del cuore sia complesso, difficile, particolare e comunque coinvolgente in maniera così intensa e ampia da interessare l’intera comunità di cui la squadra è espressione.Emerge così spontaneamente, assieme all’identificazione di cui si è detto, lo spirito di appartenenza alla comunità che vede nella squadra, nei colori societari, nelle magliette, nella bandiera, negli inni, nei cori, simboli attorno ai quali coagulare forti e intensi momenti di aggregazione che si traducono in unità di sentire e di essere come attestano gli slogans - semplici e suggestivi, ironici o osannanti – sbandierati dai tifosi sugli spalti dello stadio di casa e su quelli della altre città nelle trasferte della squadra del cuore.Satsera all’Olimpico di Roma si incontreranno i cinque volte tricolori della Juventus e i “diavoli” rossoneri del Milan, desiderosi di riscattare una stagione tutt’altro che positiva. Sarà una sfida esaltante che coinvolgerà le contrapposte tifoserie sugli spalti, nei bar, nei circoli privati, nelle abitazioni dei ricchi e dei poveri e dovunque ci sia una televisore da guardare o una radiocronaca da ascoltare, per soffrire e gioire con la mente e con il cuore, sempre intensamente, più intensamente degli anni passati. Perchè lo sport è di tutti!