Prosegue il dibattito aperto dal Dubbio tra magistratura e avvocatura sulla riforma costituzionale che introduce la separazione delle carriere, il sorteggio dei togati al Csm e l’Alta Corte disciplinare. Ne parliamo con Giovanni Zaccaro, segretario della corrente progressista AreaDg.

Domenica scorsa, in un’intervista al Tempo, il viceministro Sisto ha detto: «Per parafrasare Erika Jong, quella dell’Anm la chiamerei “paura di cambiare”». Siete così conservatori?

Già Renzi rispose così quando alcuni, me compreso, contestarono la sua riforma costituzionale. C’è una costante in Italia: chi ha la maggioranza parlamentare vuole subito cambiare l’assetto costituzionale dei poteri. L’attuale maggioranza si inserisce in quel solco. Con il premierato rafforzerà i poteri del governo in danno del Parlamento e degli organi di garanzia. Con l’autonomia differenziata romperà la solidarietà nazionale, e le regioni più ricche lo saranno ancora di più a scapito della più povere. Con la riforma del Csm si cerca di ridurre l’indipendenza della magistratura, ovviamente a favore dei poteri forti che non vogliono controlli. Se è questo il cambiamento, io sono conservatore, nel senso che preferisco conservare la Costituzione nata come antidoto alla dittatura e alla guerra.

Nella mozione approvata sabato al direttivo Anm ci si propone di creare ‘ luoghi di confronto’. Non le sembra paradossale visto che voi non siete disposti a cedere su nulla?

La magistratura italiana e sicuramente AreaDg sono pronte a confrontarsi su ogni proposta che migliori le risposte di giustizia, nell’interesse dei cittadini. Ma non transigiamo sul mantenimento dell’assetto costituzionale dei poteri, proprio perché è la prima garanzia per i diritti dei più deboli. La propaganda governativa spaccia la riforma della magistratura come la panacea per i problemi della giustizia. Noi vogliamo confrontarci con tutta la società italiana per disvelare il grande inganno: la riforma non renderà i processi più veloci o più giusti, ma creerà solo magistrati più intimoriti innanzi al volere della maggioranza di turno.

Si è scritto che dovete mettere in atto una strategia comunicativa nuova. Il presidente Santalucia ha ammesso che voi magistrati non siete bravi comunicatori. Come spiegherebbe in maniera semplice al cittadino comune i pericoli sottesi alla riforma?

Un pm che non appartiene alla giurisdizione avrà come unico interesse ottenere una condanna. E cosa farà? Si concentrerà sui ladri di polli lasciando in pace il più ricco o il più potente o quello con l’avvocato più bravo.

Ripetete come un mantra che il pm diviso dal giudice sarà un superpoliziotto: ma davvero i pm non avranno la forza di mantenere la barra dritta delle garanzie? Saranno così “culturalmente deboli”?

La proposta di riforma è molto pasticciata sul punto e già questo imporrebbe cautela. Oggi un pm è obbligato a esercitare l’azione penale a fronte di una notizia di reato, e la sua indipendenza, dai condizionamenti di chi guida la Procura o peggio dal contesto socio- economico e politico esterno, è garantita dal Csm. Già prevedere due Consigli superiori concorre a indebolirne l’indipendenza, dopodiché nel dibattito pubblico e, mi spiace dirlo, anche in alcuni interventi di dirigenti dell’Ucpi, ho letto di proposte perché sia la politica a guidare la magistratura. Mi pare un passo indietro per i diritti e le garanzie di tutti.

L’avvocato Valerio Spigarelli vi obietta: «Che Gelli fosse anche per la separazione delle carriere non significa niente: anche un orologio rotto due volte al giorno segna l’ora giusta. Perché non dicono che l’unitarietà delle due funzioni venne presentata dal ministro Grandi a Mussolini come elemento qualificante dello Stato fascista?». Come replica?

Sono felice che Spigarelli utilizzi la pregiudiziale antifascista, di questi tempi è una rarità. Non conosco l’episodio a cui si riferisce, ma so che al tempo del fascismo non c’era il Csm che tutelava l’indipendenza della magistratura, e i pm erano sotto il controllo del governo. La riforma del governo Meloni- Nordio umilia il ruolo costituzionale del Csm, e spero non sia il viatico perché i magistrati rispondano al governo di turno. Ha presente Porte Aperte di Sciascia? Davvero vogliano tornare a quel tempo?

Perché l’Alta Corte non vi piace? In fondo finora la vostra è stata una giustizia prettamente domestica.

I magistrati italiani, se commettono reati, sono sottoposti a processo penale e, spesso, subiscono condanne severe. Se sperperano denaro pubblico sono assoggettati a responsabilità contabile. Se commettono illeciti disciplinari sono processati innanzi alla sezione disciplinare del Csm, che è molto più severa rispetto a tutti gli organi di disciplina interna degli Ordini professionali italiani. Cosa non funziona in questo sistema? Perché riformarlo? Forse si è osato cercare di processare qualche magistrato che ha buoni rapporti con la politica?

Lei due giorni ha contestato il comunicato dell’Ucpi. I rapporti sono più esasperati nei confronti della politica o dell’avvocatura?

Abbiamo ottimi rapporti con l’avvocatura italiana. Pensiamo che insieme si debba difendere i diritti e le garanzie e promuovere un percorso di formazione culturale comune.

Ogni giorno, nei corridoi e nei bar del palazzo di giustizia, mi avvicinano avvocati, anche penalisti, indignati per la campagna di delegittimazione della giurisdizione e soprattutto consapevoli che la riforma della magistratura non serve a risolvere i veri problemi della giustizia.