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SALVATORE VASSALLO DIRETTORE ISTITUTO CATTANEO
Salvatore Vassallo, direttore dell’Istituto Cattaneo, spiega che le prossime elezioni in Campania e Puglia saranno fondamentali per il futuro del campo largo dopo le sconfitte nelle Marche e in Calabria. Abbandonare il M5S, spiega il politologo, «sarebbe un’ipotesi possibile in presenza di un altro genere di leadership che però oggi non si vede né tra gli attuali leader di partito né tra i cosiddetti riformisti del Pd che sono dubbiosi sulla linea Schlein».
Professor Vassallo, cosa ci hanno lasciato le due elezioni regionali appena passate, nelle Marche e in Calabria?
L’idea che mi sono fatto avendo analizzato entrambe le tornate elettorali è che mentre nel caso delle Marche ricorrono più o meno gli stessi elementi che abbiamo trovato in competizioni regionali e locali precedenti cioè una sostanziale stabilità e gli elettorati così come misurati alle Europee con poche variazioni, il caso della Calabria è abbastanza diverso.
Cioè?
Nelle Marche abbiamo osservato che la distanza tra il vincitore e lo sconfitto così elevata rispetto alle aspettative è prodotta in primo luogo dalle aspettative errate, in particolare modo la convinzione che Ricci fosse stato attrattivo e questo è dato dalla differenza tra la mediaticità di Ricci a livello nazionale e quella a livello regionale. In secondo luogo c’è stato un astensionismo elevato tra i Cinque Stelle e accentuato anche tra gli elettori di Avs. C’è poi una quota di centristi, cioè Iv, Azione e Più Europa che si distribuiscono tra i candidati alle Regionali tra centrodestra e centrosinistra. È rimasto lo schema per cui il campo largo perde pezzi per la sua eterogeneità.
In Calabria invece cosa è accaduto?
Il caso della Calabria è diverso perché alle Regionali hanno una forte influenza sul voto i candidati al Consiglio regionale, una volta si diceva clientelare ora non so più se è così ma una cosa bene evidente guardando alle serie storica nel lungo periodo in Calabria è che il centrodestra negli ultimi 15- 20 anni ha quasi sempre ottenuto un risultato significativamente migliori che alle precedenti elezioni Europee.
Ci fa degli esempi?
È successo tra il 2009 e il 2010, tra il 2019 e il 2020 e tra il 2024 e il 2025. Non è capitato nel 2014 solo perché allora ci fu il grande boom del Pd renziano. Ma forse la dinamica è la stessa perché una buona parte del ceto politico radicato in Calabria si spostò su Renzi perché si sapeva che avrebbe vinto.
E quest’anno?
In questo caso si è verificata una dinamica già osservata: ci sono elettori calabresi che votano per partiti nazionali di un certo tipo perché pensano che in quel momento si presentino con proposte che tutelano i loro interessi, come il M5S con il reddito di cittadinanza, ma dodici mesi dopo votano per i candidati al Consiglio regionale che conoscono o per il governo regionale che sta sostenendo in qualche modo l’economia.
Ha avuto peso anche la scelta dei candidati, Occhiuto da un lato e Tridico dall’altro?
Occhiuto si è presentato in continuità con la sua attività precedente, Tridico evidentemente è apparso come un candidato con una forte immagine pubblica nazionale, ma non particolarmente presente sul territorio. La cosa clamorosa è che non ha potuto votare perché ha la residenza a Roma. A quel punto la percezione si era già consolidata ma questo episodio è emblematico.
Come hanno influito nelle elezioni, se lo hanno fatto, le due vicende giudiziarie che hanno coinvolto Ricci nelle Marche e Occhiuto in Calabria?
Penso che abbiano influito poco ma non ho dati e mi baso solo sulla mia esperienza. La mia impressione è che non abbiano influito in maniera significativa in nessuno dei casi perché c’è ormai una percezione dell’opinione pubblica consolidata riguardo al fatto che non necessariamente dietro a un avviso di garanzia ci sia una certezza della colpevolezza e nemmeno del buon esito del procedimento. Nel caso di Occhiuto penso che abbia addirittura consolidato la sua immagine di persona determinata e autorevole.
Fa bene il Pd a insistere nella linea del “testardamente unitari” con il M5S?
Una prova che questo sia utile e necessario la si avrà nelle due regioni del Sud che vanno al voto, cioè Campania e Calabria perché sono entrambe Regioni dove il M5S rappresenta il punto di riferimento di una quota significativa di elettori, senza la quale non c’è alcuna speranza per il centrosinistra sia stretto che allargato per competere nei collegi uninominali. Non vedo alternative.
Alcuni parlano della possibilità di abbandonare il M5S e puntare ai voti moderati del centro del centrodestra…
Sarebbe un’ipotesi possibile in presenza di un altro genere di leadership che però oggi non si vede né tra gli attuali leader di partito négi tra i cosiddetti riformisti del Pd che sono dubbiosi sulla linea Schlein. Un’altra strategia presupporrebbe un nuovo Renzi, cioè qualcuno che sia in grado grazie al tipo di messaggio che comunica e alla personalità che esprime a generare un significativo sfondamento dall’altra parte.
Quindi puntando, per capirci, ai voti di Forza Italia?
Non è una questione di geometrie perché il Renzi del 2014 non ha preso voti moderati del centrodestra. Ha preso cose varie, quindi non penso sia solo una questione di posizionamento. Non basta trovare uno che stia un po’ più a destra di Schlein, serve una leadership creativa che al momento non si vede.