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Non è detto neanche che possa avere gli effetti sperati sul voto siciliano, anche se lì il margine è così ristretto che comunque una secchiata di fango sul leader di uno degli schieramenti in lizza qualcosa può spostare. Stavolta questa indagine sul Cav. è davvero un po’ troppo sfacciata...
Ammenoché l’obiettivo non sia invece quello di influenzare i giudici europei che nelle prossime settimane dovranno giudicare il ricorso di Berlusconi contro la sua espulsione dal Senato: ma anche in questo caso è probabile che i giudici europei prenderanno con un sorriso l’ipotesi sgangherata della procura di Firenze, e non si faranno influenzare.
E tuttavia questa iniziativa giudiziaria ( con corollario di fuga di notizie e di conferma dell’alleanza di ferro tra settori delle Procure e settori del giornalismo) non può essere presa alla leggera. Perché ci ripete che il problema dell’ingerenza di alcune Procure nella lotta politica è ancora attualissimo, nonostante gli sforzi evidenti di pezzi importanti della magistratura, a partire dall’Anm ( e naturalmente del Csm) che stanno cercando di ricreare una situazione di normalità istituzionale, da troppi anni perduta, e di frenare le incursioni politiche all’arma bianca di un certo numero di Pm e di molti giornalisti.
Il problema è che nessuno ha il coraggio di affrontare la questio- ne nell’unico modo ragionevole: rendendo legalmente impossibili le fughe di notizie ( limitando la discrezionalità dei giornali), separando le carriere tra Pm e Gip ( per superare la situazione attuale che, spessissimo, è di totale appiattimento dei Gip sulle posizioni dell’accusa), disciplinando rigorosamente le intercettazioni ( e la loro lettura, e la loro divulgazione...), rendendo più controllabile l’azione dei Pm ed evitando che i loro errori marchiani restino privi di sanzione.
Il caso di Berlusconi, naturalmente non è isolato. Ci sono moltissimi esponenti politici dell’altro schieramento, cioè del centrosinistra, che sono stati vittime degli errori ( chiamiamoli così, per carità di patria...) giudiziari, e persino - tra loro – ministri o interi governi ( penso al governo Prodi). Tuttavia il capitolo che riguarda Berlusconi è particolarissimo. Spieghiamo in un articolo di Paolo Delgado, a pagina 2, come neppure gli avvocati sappiano più quanti sono i procedimenti giudiziari avviati contro il cav. C’è chi dice un po’ più di quaranta, chi dice un po’ più di sessanta. Facciamo una media: diciamo cinquanta. Dei quali – uno: dico uno e uno solo – conclusosi con la condanna. 49 ( o più) finiti nel nulla. Peraltro, l’unica condanna è una condanna molto discutibile, perché l’accusa era di evasione fiscale ( circa lo 0,5 per cento del dovuto) da parte di una azienda che era di sua proprietà ma della quale, in quegli anni, lui evidentemente non si occupava perché Presidente del Consiglio.
Ora io proprio nemmeno da lontano posso essere considerato berlusconiano e non voglio neppure sapere quale possa essere il parere di chi si considera berlusconiano o su posizioni politiche liberali vicini a quelle del leader di Forza Italia. Chiedo invece a quelli, come me, lontanissimi dalle idee e dalle scelte politiche del cav.: qualcuno di voi, in buona fede, può dire che cercare di processare per cinquanta volte in pochi anni, con le accuse più diverse ( truffa, finanziamenti ad Arafat, stragi, evasioni fiscali, sesso sfrenato, amicizie sospette, favoreggiamento e cose simili) uno dei più importanti leader politici europei, sia una pratica normale e non sollevi il sospetto di una vera e propria, intenzionale, persecuzione politica?
Non credo che nessuno possa dirlo.
Però molti, moltissimi, immaginano che comunque le iniziative, anche le più bislacche, della magistratura, possano essere utili a danneggiare Berlusconi e dunque a favorire la propria parte politica. Così come del resto succede spesso, a parti invertite, ai giornali della destra, che si reinventano forcaioli se la magistratura mette sotto a accusa la sinistra o i grillini ( vedi il caso recente del sindaco di Riace, Mimmo Lucano, esponente della sinistra radicale inquisito in modo fantasioso da alcuni Pm calabresi, o vedi Penati, Graziano, Guidi e tanti altri).
È questo il guasto fondamentale, che rischia di logorare tutto il sistema democratico. La sostituzione della lotta giudiziaria alla lotta politica.
Una volta per imporre il proprio punto di vista si faceva uno sciopero, o una battaglia in Parlamento, o si teneva un comizio, o si faceva un corteo, o si scriveva un articolo. Oggi è diverso: si spera che un magistrato prenda lui l’iniziativa. E come ho scritto anche ieri, commentando i fatti di Spagna e d’America, questa non è una caratteristica solo italiana. Da noi, certo, ha una frequenza assolutamente patologica. Ma in Spagna, con le accuse mosse dalla Procura a Puidgemont ( sedizione, ribellione, malversazione...) e negli Stati Uniti, dove è partita la campagna per ottenere l’impeachment di Donald Trump, le cose non vanno molto diversamente.
C’è una tendenza, nell’opinione pubblica, e tra gli intellettuali – in tutto l’Occidente - a voler consegnare alla magistratura il compito di moralizzare e di commissariare la politica. Accettando una sfida di potere che la magistratura da tempo ha lanciato. Se non si frena questa tendenza è molto, molto difficile, difendere seriamente la struttura della democrazia politica moderna. Vogliamo stabilire che quella struttura è ormai vecchia, è novecentesca, va sostituita? Va bene, ma con che cosa? La risposta certo non è quella di un ritorno al potere oligarchico di una casta ( per esempio i magistrati) o della consegna del comando ai potentati dell’economia. Qualcuno ha una idea migliore con la quale pensa di poter sostituire la vecchia democrazia politica? La tiri fuori. Altrimenti è bene che destra, e centro, e sinistra si alleino, smettano di combattersi tra loro a colpi di procedimenti giudiziari, e avviino un serio percorso di ricostruzione dello Stato di diritto – che ormai sembra Cenerentola - e dell’idea di libertà.