L’esperienza delle udienze on–line è finita il 30 giugno. Un emendamento presentato dalle forze di maggioranza alla legge di conversione del Decreto Rilancio voleva allungare alla fine del 2021 la possibilità di celebrare, su accordo delle parti, tutte le udienze penali da remoto, senza più le limitazioni contenute nel Decreto Cura Italia; tuttavia, il testo approvato dalla Commissione Bilancio della Camera dei Deputati venerdì scorso, in aula per la votazione da ieri, è molto ridimensionato, dato che il collegamento da remoto alle udienze penali riguarderà unicamente i detenuti, con il consenso delle parti, e non potrà andare oltre al 31 ottobre di quest’anno.

Sotto il profilo politico, la scelta di non forzare la mano, imponendo una stabilizzazione di fatto del processo penale digitale, è stata saggia.

E’ una riforma troppo innovativa per introdurla con un emendamento a una legge di conversione a un decreto – legge che è dedicato solo in minima parte a misure relative al settore giudiziario; l’infrastruttura digitale è impreparata per dare esecuzione a un tale cambiamento in modo così massivo e repentino; l’avversione di buona parte dell’avvocatura e della magistratura a tale misura, soprattutto perché “calata dall’alto” senza nessuna vera interlocuzione e condivisione, avrebbe probabilmente stoppato il processo penale telematico prima ancora che iniziasse a marciare a regime.

Ma l’esperienza di questi mesi deve essere valorizzata, purchè all’interno di una riflessione complessiva – e il più possibile condivisa – sulla riforma della giustizia penale, della cui necessità si parla da anni.

Prima dello scoppio dell’epidemia, ci eravamo lasciati con un braccio di ferro durissimo, dato che anche all’interno della stessa maggioranza di Governo, sul punto, esistono sensibilità molto diverse, che avevano portato i ministri di Italia Viva a disertare il Consiglio dei Ministri che, a metà febbraio, aveva votato una serie di proposte di legge delega collegate alla riforma della prescrizione; proposte di cui oggi poco ancora si parla, ma che in realtà sono agli atti parlamentari.

L’attuale contesto è molto mutato. Lo stop imposto dall’epidemia ha definitivamente messo a nudo le fragilità del sistema penale, e sono necessari interventi concreti per rinnovarlo, mettendo al centro i diritti dei cittadini senza trascurare il fatto che viviamo in un’era digitale: la nostra associazione è convinta che sia il momento per avviare un serio percorso di riforma della giustizia penale, al cui interno trovi stabile, e chiaro, collocamento la presenza delle nuove tecnologie.

Come prima cosa bisogna incentivare i riti alternativi, per ridare centralità al dibattimento. Il patteggiamento deve diventare una negoziazione vera e propria tra accusa e difesa, che ampli gli attuali limiti e possa avere per oggetto anche le conseguenze patrimoniali della sentenza, a cominciare dalla confisca e dalle pesantissime ricadute sui rapporti tra imprese e pubblica amministrazione; il giudizio abbreviato deve prevedere un aumento della possibilità di integrazione del fascicolo del pubblico ministero con le prove richieste dalla difesa, in modo da diventare un rito più equilibrato e garantito.

Parallelamente, andrà prevista la sistematica telematizzazione di tutti i fascicoli, del giudice e del pubblico ministero, senza discriminazione su base reddituale dei costi di copia per i cittadini, nonchè di tutte le notifiche dei difensori degli imputati e delle altre parti private.

In un panorama così rinnovato, si potrà pensare di stabilizzare l’effettuazione da remoto, su richiesta delle parti, delle attività giudiziali da svolgersi in camera di consiglio, in cui non debba perciò formarsi la prova orale, che andrà sempre assunta di persona in aula, in modo da garantire il rispetto dei principi costituzionali di immediatezza e oralità. Le nostre proposte sono pubblicate integralmente sul sito www. italiastatodidiritto. it

* consigliere Italiastatodidiritto