Raffaele Sollecito sa bene cosa sia un processo mediatico violento e una ingiusta detenzione. Quattro anni di carcerazione preventiva, sei mesi in isolamento, dipinto come uno mostro sulla stampa. Ma era innocente. Non aveva ucciso lui Meredith Kercher nel 2007. Chi meglio di lui può affrontare le questioni di questa intervista?

Cosa ne pensa di quanto sta accadendo con l’indagine Garlasco bis?

Innanzitutto vorrei dire che sono contento che sia stato riaperto il caso perché sono sicuro che Alberto Stasi sia innocente. Per il resto, sinceramente non mi sorprende per niente quello che sta succedendo adesso. Si è scatenato un circo mediatico enorme che non fa bene alla serenità degli investigatori, alla famiglia della vittima e al nuovo indagato. Il mio caso non ha insegnato nulla. Oggi come allora si fa un processo sui giornali e si emette già una sentenza, a causa di materiale coperto da segreto che esce dalla procura o dalla polizia giudiziaria. Non esiste infatti una realtà soprannaturale che prende le carte dai loro uffici e le trasporta nelle redazioni. Oggi come allora si costruiscono dei mostri: Alberto Stasi, io, ora Andrea Sempio. A fare notizia purtroppo non sono mai le cose belle, bensì quelle brutte.

Crede che Andrea Sempio sia innocente?

Non spetta a me dirlo. Però immagino cosa stia passando. A questo ragazzo, a questo giovane uomo, stanno comunque rovinando la vita a prescindere da come finirà questa vicenda. Hanno scatenato una bomba che coinvolge tante persone senza immaginare le conseguenze sul piano personale e professionale. E poi c’è una cosa che non capisco.

Cosa?

Con tutto il rispetto per loro, non ho mai compreso in generale perché le famiglie delle vittime credano senza alcun dubbio alla tesi delle procure. Capisco il loro dolore, capisco che stanno male, ma io per primo, nei loro panni, non darei tutto per oro colato.

Per questa nuova inchiesta i cittadini hanno meno fiducia nella giustizia.

Processi mediatici come quello che ha riguardato me ma anche la strage di Erba, il delitto di Chiara Poggi, la morte di Yara Gambirasio sono stati tali anche per una fragilità nei protocolli scientifici che ha messo in dubbio le indagini e i processi successivi. Ricordiamoci che è solo dal 2009 che i carabinieri si sono adeguati ai protocolli scientifici internazionali. Se la mia difesa e i miei consulenti non si fossero accorti che la scena del crimine di Perugia era stata contaminata io sarei potuto essere vittima di un enorme errore giudiziario. E credo che lo sia pure Alberto Stasi. Ho sempre creduto nella sua innocenza. Gli ho anche scritto una lettera in carcere ma non so se l’abbia ricevuta. Il problema è che gli inquirenti si fissano su una teoria e fanno sì che tutto combaci con quella essa.

Che ne pensa della proposta di legge “Sciascia Tortora” presentata da varie forze politiche (+Europa. Pd, FI, Avs, Noi moderati) che prevede tra l’altro che il periodo formativo dei magistrati in carcere includa anche il pernotto?

La condivido pienamente. Un magistrato dovrebbe rendersi conto di quella che è la vita carceraria e delle conseguenze a cui potrebbe andare incontro un detenuto. La conoscenza non deve essere solo teorica, ma anche esperienziale. Che ne sanno di cosa sia realmente la privazione della libertà personale? I magistrati sono così onnipotenti tuttavia allo stesso tempo non sanno quello che accadrà dopo che avranno esercitato quell’immenso potere, perché sono totalmente distanti dall’effettiva realtà carceraria. Alcuni di loro pensano che i detenuti siano oggetti pericolosi da rinchiudere in un armadio, in realtà sono esseri viventi. Avere a che fare con i detenuti sarebbe un gesto di umanità, di umiltà e una grande e buona palestra educativa per capire effettivamente cosa significhi stare dietro le sbarre.

Secondo lei così ci sarebbero pure meno ingiuste detenzioni?

Certo, e anche forse una maggiore attenzione prima di innamorarsi di una tesi accusatoria che poi si potrebbe rivelare fallace ma intanto avrebbe prodotto degli effetti devastanti sull’innocente, come è capitato a me che sono rimasto in carcere da non colpevole per quattro anni.

Nei giorni scorsi su questo giornale presentando il libro Innocenti - Il libro bianco dell’ingiusta detenzione in Italia, curato dai giornalisti Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone abbiamo ricordato alcuni casi in cui lo Stato, con motivazioni poco condivisibili, non ha accolto la domanda di indennizzo per ingiusta detenzione a molte persone. Anche a lei è capitato.

Una vera e propria assurdità. I magistrati, in sintesi, mi hanno detto che non meritavo un risarcimento perché avrei deviato io le indagini degli inquirenti. Questo non è mai successo, anzi sono stati loro a violare i miei diritti, ad esempio impedendomi di parlare con i miei avvocati. Per questo il pm fu anche censurato dal Csm. Però alla fine io non devo essere risarcito. Lo Stato non si assume la responsabilità del suo sbaglio, perché in fondo i magistrati vogliono sempre avere ragione.