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Forse qualche lettore si sarà sorpreso del fatto che ieri abbiamo messo in evidenza in prima pagina la figura del presidente del Consiglio. Lo abbiamo fatto nel nostro stile: con sobrietà, accostando le opinioni di chi per storia professionale o sapienza istituzionale può esprimere valutazioni condivisibili o meno, ma comunque appropriate. Lo abbiamo fatto soprattutto per evidenziare il fatto che in campo c’è solo lui; il premier. Con il carico di responsabilità e di potere che da questa condizione gli deriva. Il resto è silente, messo in simbolica quarantena oppure racchiuso in una dimensione necessariamente di moral suasion, fondamentale ma che rischia di restare eterea. La dialettica democratica, la grammatica del bilanciamento dei poteri ne risulta sconvolta. Deputati e senatori “rappresentano” i cittadini perché sono stati eletti da loro. È appena il caso di ricordare che l’attuale capo del governo - pienamente legittimato e operante nel totale nel rispetto delle sue funzioni - non è stato eletto da nessuno. Palazzo Chigi sforna decreti a ripetizione perché è giusto e necessario. Al contrario, il Parlamento che dovrebbe discuterli, esaminarli e votarli è interdetto dall’emergenza sanitaria e balbetta modalità che faticano a sedimentarsi. Non ci sono precedenti di una situazione simile, è vero. Ma questo non può diventare un alibi per l’inanità. Chi suggerisce l’uso di tecnologie che soccorrano procedure e modalità scompaginate dal virus non lo fa per annichilire un insuperabile presidio democratico. Chi si àncora a vincoli costituzionali non lo fa per anchilosi mentale o per omaggio ad anacronistiche regole. E’ urgente individuare meccanismi validi e condivisi affinché la linfa della rappresentanza popolare possa trovare sbocchi ed esprimersi senza limitazioni di sorta. Mai come nei momenti di crisi - e davvero nessuno può negare che questo lo sia - è decisivo che cittadini e istituzioni marcino all’unisono, senza divaricazioni, senza “distanze” oltre quelle che già ci sono e segnano dolorosamente la disaffezione nel momento in cui si aprono le urne e si scoprono vuote di partecipazione. Il Parlamento deve funzionare, gli “eletti dal popolo sovrano” non sono robot sostituibili. O manovrabili.