Inutile chiedere a Giulio Tremonti una riflessione sul governo Renzi: «No, scusi: di questo non parlo e la finiamo lì». Però di argomenti da discutere ce ne sono, eccome. Per esempio la madre di tutte le battaglie politiche: il referendum costituzionale che si svolgerà in autunno. «Ci sono alcune cose positive e molte altre assolutamente negative. Le seconde sovrastano le prime. Dunque voterò no».E così le modifiche alla Costituzione saltano. Non è anche questo negativo?«Sa come ho concluso il mio intervento al Senato? Con queste parole rivolte alla maggioranza: “So che non vi convincerò, ma parlo a futura memoria. Anzi a presente memoria”. Se al referendum prevale il Sì, i problemi si vedranno subito».Senatore, entriamo nel merito. Cosa le sembra positivo e cosa no della riforma targata Renzi-Boschi?«Nel testo in discussione c’è una parte buona e una cattiva. Quella buona l’avrei votata ma c’è la parte cattiva che prevale su quella buona. La parte buona è la riforma del Titolo V della Costituzione. Il testo attualmente in vigore fu scritto nel 2000 e gli effetti furono radicalizzati e se possibile stravolti dalla combinazione con la legge Bassanini. Siamo l’unico Paese al mondo che fa insieme il federalismo ed il decentramento: il federalismo, come dice il nome stesso, è pluralità; il decentramento è una variante sulla parola “centro”, cioè unità. Puoi fare l’una o l’altra ma non tutte e due insieme. Detto questo, a mio avviso la parte del testo in esame riguardante il Titolo V - certo discutibile e sicuramente migliorabile - almeno in linea di principio è accettabile».Allora veniamo alla parte “cattiva”.«Le principali ragioni del mio dissenso sono tre. Primo. Viene sostenuto che l’obiettivo della riforma è velocizzare e semplificare il procedimento legislativo. Non è vero. Premesso che in Italia di leggi ce ne sono fin troppe, la vera riforma su questo terreno è già stata fatta mediante la generalizzazione dello strumento del voto di fiducia. Che da eccezione è diventata la regola. Per capirci: allo stato non c’è provvedimento di un qualche significato, perfino quello sul Colosseo, che non passi in 60 giorni. Secondo. Al posto di semplificare, la riforma rende più complesso l’intero meccanismo legislativo. Invece di avere i conflitti verticali Stato-Regioni avremo i conflitti orizzontali Camera-Senato. E qui arriva la terza ragione: il Senato come viene ridisegnato. Anche se per effetto di una legge elettorale ci fosse una maggioranza coesa alla Camera... ».Ecco, appunto. Parliamo dell’Italicum. Come giudica i tanti che subordinano il Sì o il No referendario alla modifica della legge elettorale? Le piace se il premio di maggioranza va alla coalizione invece che alla lista?«Non intendo parlare della legge elettorale: non è il tema in esame in questa intervista. Quel che stavo dicendo per inciso è che le maggioranze create a tavolino per legge, per fictio iuris, non sono adatte a governare problemi reali, globali e colossali. Ovvero: se sei minoranza nel Paese e per finzione diventi maggioranza in Parlamento, in questo caso alla Camera, comunque minoranza tra gli elettori resti. E proprio questa asimmetria accresce il discredito per la democrazia, non lo riduce».Finito qui o ci sono altri elementi negativi?«Ce n’è un altro altrettanto decisivo purtroppo in senso ancora negativo. Riguarda i rapporti con l’Europa. Il nuovo Senato, infatti, avrà competenza in materia di Europa, a partire dai Trattati per arrivare a ciò da cui dipende l’appartenenza dell’Italia alla Ue. Bene. Come ho ricordato nel mio intervento sulla riforma a palazzo Madama, l’80 per certo della legislazione interna del nostro Paese ha origine in Europa, dalla Ue. Si passa dalle banalità sulla salvia e sul rosmarino - l’ultima Comunitaria parla di salvia, basilico e rosmarino per il risotto - per arrivare a temi più sostanziali e per certi versi drammatici come il risparmio ed il bail-in. Questo per sottolineare che l’Europa è diventata una realtà sovrastante e dominante: a partire dalla Brexit per finire a come stare dentro la Ue o fuori, che tipo di Trattati avviare eccetera. E la competenza su tutto questo è del Senato. Non è vero perciò che il bicameralismo è stato abolito: è stato “stortato”, distorto. Il Senato non sarà affatto eliminato: il nuovo Senato avrà competenza paritetica con la Camera sull’Europa. Dunque manterrà una assoluta centralità proprio perché l’80 per cento delle leggi proviene dall’Europa e riguarda il futuro di tutto».Qual è la sua critica?«Semplice. L’assurdità risiede nel fatto che il nuovo Senato, a differenza di una Camera che si pretenderebbe coesa e organica, sarebbe composto da cento senatori che saranno pro quota sindaci a tempo parziale; un’altra ottantina di consiglieri regionali, più alcuni padri della Patria però con mandato a tempo determinato visto che resteranno in carica sette anni. Per inciso così congegnato il Senato è destinato a perpetuarsi in eterno, non viene mai sciolto: si autogenera. Il risultato di questo marchingegno produrrà un’assemblea totalmente ingovernabile e con caratteristiche anarchiche. Il nuovo Senato sarà asimmetrico rispetto a Montecitorio, espressione di venti e passa elezioni regionali con sistemi diversi».Frutto di equilibri politici locali, no?«Ma neanche: sarà del tutto casuale. Già la parola equilibri mi appare, come dire, vecchio stile. La realtà è che il nuovo Senato diventerà totalmente anarchico e ingovernabile perché dipenderà da una pletora di leggi elettorali regionali. E sarà sempre più asimmetrico rispetto alla Camera, sempre più disorganico. L’obiezione perciò non è che si mettono in mano questioni delicatissime a persone che non hanno conoscenza di politica internazionale. Il problema è che viene consegnato un potere ampio e articolato, in particolare un potere di veto, ad un blocco di persone che avrà la caratteristica di essere un insieme dominato dall’anarchia. Con la specifica che il governo non potrà mettere la fiducia. Quindi è l’esatto opposto della tanto ricercata e pubblicizzata stabilità: magari non pianificata ma il risultato sarà una sistematica instabilità. Per questo ho concluso il mio intervento al Senato dicendo: so che probabilmente non vi convinco ma faccio queste mie considerazioni a futura memoria. Anzi, di più: a presente memoria».Tuttavia, senatore, la considerazione secondo la quale o passa questo pacchetto di riforme o se ne riparlerà tra vent’anni, è suadente. Davvero non la convince?«No, guardi: il risultato della riforma in discussione è talmente devastante che non può essere accettato. Il nuovo Senato avrà un effetto devastante immediato e successivamente sul futuro del Paese. Ogni altra valutazione diventa secondaria rispetto a questo».