«È una situazione incerta, inedita e imprevedibile quella che si è creata negli Stati Uniti dopo la scelta dei giurati di condannare Trump». È il giudizio di Furio Colombo, scrittore, giornalista e storico corrispondente dagli Usa, all’indomani della decisione di considerare colpevole l’ex presidente repubblicano degli Stati Uniti, presa all’unanimità dalla giuria composta da 12 persone alla fine del processo, durato 6 settimane, che si è tenuto in un tribunale di Manhattan (New York). La condanna riguarda il reato commesso da Trump, nel corso del 2017, di falsificazione delle registrazioni contabili e di altri documenti (34 in tutto), relativi al denaro utilizzato per convincere la porno star Stormy Daniels a mantenere il silenzio sulla relazione avuta da lei con lo stesso Trump nel 2016, proprio prima delle elezioni presidenziali americane, in cui il tycoon newyorkese vinse di stretta misura sulla Democratica Hillary Clinton. Ovviamente il denaro (130mila dollari) non fu versato direttamente da Trump, per non lasciare tracce imbarazzanti, bensì da un suo assistente, Michael Cohen, che però ha ricevuto dal suo capo il rimborso, e la documentazione presentata nel processo prova esattamente questa circostanza, così come la registrazione di operazioni fittizie per giustificare l’uscita del denaro dai conti di Trump. Va detto che la sentenza vera e propria è prevista per l’ 11 luglio, ed è scontato che Trump farà appello.

Cosa avverrà a questo punto?

Dal punto di vista giuridico – spiega Furio Colombo – potrebbe succedere di tutto, considerato che negli Stati Uniti la libertà decisionale del giudice è notevole, e potrebbe quindi limitare, e perfino ribaltare, gli effetti della decisione dei giurati di riconoscere la colpevolezza dell’ex presidente. Gli stessi giornali americani stanno mostrando cautela al riguardo, e sebbene tutto faccia immaginare che la carriera politica di Donald Trump sia giunta al termine, non bisogna dimenticare che quest’ultimo ha di fronte a sé due possibili scappatoie: la prima è che il giudice effettivamente ridimensioni la condanna, mentre la seconda è il possibile intervento della Corte Suprema, che ha il potere di annullare la condanna. Va detto che il giudice che deve emettere la sentenza, tale Juan Manuel Merchan, ha già condannato nel 2022 il responsabile finanziario della società di Trump, Allen Weisselberg, per frode fiscale. È inoltre il giudice del processo, che deve iniziare, contro Steve Bannon, accusato di frode e riciclaggio, e quindi non sembra molto probabile che avrà una mano leggera nei confronti del candidato repubblicano alle elezioni presidenziali Usa di quest’anno. Diverso è il discorso per la Corte Suprema, dove siedono in maggioranza esponenti repubblicani, alcuni dei quali nominati proprio da Trump. Infatti tra i 9 membri, solo 3 sono ritenuti vicini alle posizioni democratiche, sebbene 2 esponenti dell’area repubblicana (Roberts e Cavanaugh) sono considerati moderati, e potrebbero rappresentare il classico ago della bilancia.

Che effetti ci saranno sulla campagna elettorale?

È innegabile – chiosa Colombo – che il danno per Trump c’è comunque stato, ed è sicuramente alto. Al tempo stesso si registra una notevole confusione ed incertezza, tanto che la situazione politica si può considerare complicata quanto quella giuridica. Per i suoi sostenitori è più importante la volontà del popolo, piuttosto che la decisione del giudice, che viene tacciato come soggetto senza valore, ma non è detto che tutti gli elettori repubblicani la pensino così. E se è vero che per il momento non si parla di una riunione dei vertici repubblicani per valutare la situazione, in vista dell’ipotesi di sostituire un candidato che è stato condannato per fatti ignominosi, al tempo stesso non si può escludere che il tema venga messo all’ordine da giorno nei prossimi tempi. Da parte dei Democratici, è probabile che giocheranno la carta della condanna, mettendo da parte ogni fair play, anche perché le prossime elezioni vengono considerate decisive per il futuro della nazione. A sua volta Trump non dà segnali di voler farsi da parte, o correre per ruoli minori rispetto a quello di Presidente. Insomma, ci si trova in una situazione senza precedenti per vari aspetti: in primo luogo è la prima volta che un ex presidente subisce una condanna penale (salvo sorprese nella lettura della sentenza prevista per l’11 luglio), e in secondo luogo, è ancora la prima volta che un candidato finale (ossia dopo la nomination del partito) alle elezioni presidenziali sia destinatario di una pena in base al codice penale.