In questi mesi di emergenza sanitaria i pensieri sono stati catturati anche dalle preoccupazioni per il lavoro, per le difficoltà economiche di tantissimi italiani, gravemente esposti al rischio di perdere l’autosufficienza, già profondamente incrinata da lunghissimi anni di crisi.

Improvvisamente, con una velocità inimmaginabile, la diffusione della pandemia ha costretto tutti i governi del mondo ad adottare potenti misure restrittive della libertà di movimento individuale e inibitorie dell’azione vitale della gran parte delle strutture aziendali, sconvolgendo d’un tratto tutte le consolidate “routine” competitive e il profilo di rischio delle iniziative imprenditoriali di mercato, destabilizzate dall’imponderabilità degli scenari economici e geopolitici di riferimento dell’immediato futuro.

Ora bisognerà affrontare l’eccezionale complessità del percorso di rilancio, che dovrà riuscire nella delicata quanto necessaria opera di bilanciamento selettivo delle politiche di sostegno pubblico straordinario.

Nel farlo bisognerà dare fiducia al talento creativo che caratterizza l’imprenditorialità e al profilo etico degli imprenditori, che non possono trascurare gli interessi compositi delle ampie collettività con le quali interagiscono e delle quali si alimentano. Naturalmente pronti e adeguatamente attrezzati sul piano tecnico per intervenire compatti come sistema Paese, con fermezza, tempestività e massima severità nei casi in cui si riscontrino devianze e speculazioni. Tentazioni pervasive e, purtroppo, già profondamente e diffusamente radicate nel tessuto sociale italiano, che richiedono strumenti e sinergie istituzionali nelle azioni di contrasto sempre più evolute e potenti.

Certamente tutte le imprese avranno bisogno innanzi tutto di tempo. Per molte attività il fatturato perso non sarà recuperabile e, molto probabilmente, la ripresa troverà ostacoli e rallentamenti nelle limitazioni alla mobilità e nel permanere delle insicurezze.

In ogni caso, per tutte le imprese si registrerà un aumento dei costi di gestione e un peggioramento significativo della produttività per effetto delle disposizioni di distanziamento sociale. Gli impatti di queste perdite di efficienza avranno effetti differenziati sugli equilibri di bilancio e percorsi evolutivi diversi a seconda delle modalità in cui si assesteranno le decisioni internazionali in merito ai provvedimenti di “lockdown” e le tensioni geopolitiche e finanziarie in atto, colpendo in modo particolare le realtà aziendali meno capitalizzate.

Dicevamo poc’anzi della necessità di garantire tempo alle imprese e agli imprenditori; si tratta, infatti, di una risorsa molto preziosa, non meno importante del soccorso finanziario e delle misure di ristoro delle spese e delle facilitazioni fiscali. Il tempo è necessario e prezioso per trovare la lucidità necessaria per ragionare ed esplorare più a fondo la complessità della crisi, per individuare nuove strategie e percorsi di sviluppo compatibili con le mutate condizioni di contesto, per riorganizzare e ammodernare la “macchina” aziendale alla ricerca di nuove e più sfidanti efficienze. Ma un “congruo” tempo è assolutamente irrinunciabile per porre un argine istituzionale ai pericoli derivanti dagli scossoni delle tensioni finanziarie innescate dalle difficoltà di riavvio delle attività di produzione e di vendita, che espongono anche le aziende sane e competitive al rischio di essere risucchiate nel vortice delle procedure concorsuali, causando danni esiziali ed irreversibili per il Paese. Una prospettiva agghiacciante, che finirebbe per estromettere imprenditori qualificati ed onesti dal governo delle proprie aziende, lasciate in balia di procedimenti di certo non progettati per garantire un efficace percorso di rilancio economico.

Oltre al tempo e alla preziosa iniezione di fiducia, le imprese avrebbero bisogno di profonda vicinanza istituzionale. Questo percorso di avvicinamento strategico aiuterebbe certamente a valorizzare in fase attuativa le tante ed importanti misure di aiuto approntate dal Governo, apportando informazioni empiriche essenziali per calibrare, integrare e dettagliare ulteriormente il già robusto armamentario di azioni da implementare.

Si potrebbero destinare, ad esempio, maggiori energie agli incentivi alla ricapitalizzazione, ai programmi di rigenerazione urbana, al rilancio delle vocazioni industriali assopite da anni di delocalizzazioni di massa, alle straordinaria opportunità dell’economia circolare.

Si potrebbero anche circoscrivere in modo chirurgico le partecipazioni a fini strategici dello Stato al capitale privato aziendale, liberando risorse preziose da destinare al co- finanziamento e all’incentivazione fiscale di speciali fondi di investimento a spiccata propensione verso le sfide imprenditoriali del futuro; iniziative alimentate in larga parte da capitale frutto del risparmio privato, gestite da esperti di management dell’innovazione e del trasferimento tecnologico.

In conclusione, la gravità e la brutalità dei teatri di guerra che dovremo affrontare nei prossimi mesi richiedono uno speciale reclutamento di “combattenti” tra gli imprenditori di maggiore successo. In Italia fortunatamente abbiamo un tessuto produttivo ricco di imprese sane e di avanguardia, in tutti i territori; imprese provate dalle crisi di questi anni e di questi giorni, ma pronte a dare il proprio contributo di pensiero, di esperienza e di azione alla ricostruzione e al rilancio dell’economia italiana, con il sostegno indispensabile delle risorse pubbliche, ma con l’energia, la professionalità, l’attitudine al rischio e i capitali aggiuntivi che qualificano la migliore libera iniziativa aziendale privata.

* Ordinario di Economiae Gestione delle Imprese, Università Federico II di Napoli