«Se la Sicilia e l’Italia saranno consegnate ai Cinque Stelle la colpa non sarà la nostra ma di Matteo Renzi». Nico Stumpo, colonna di Articolo 1- Mdp, da sempre braccio destro di Pier Luigi Bersani, rovescia nei confronti del segretario del Pd ed ex premier la stessa accusa che lui aveva lanciato agli scissionisti. Definisce quella di Giuliano Pisapia «la leadership di un collettivo» e sulla legge elettorale: «Siamo per il Mattarellum, ma se non fosse possibile sul sistema tedesco, che sia veramente tale, si può ragionare». Apprezza il riconoscimento fatto da Gianni Letta a Massimo D’Alema, definito dall’ex sottosegretario plenipotenziario dei governi Berlusconi «personalità con prestigio e esperienze da preservare e non rottamare». Osserva amaro Stumpo: «Il Pd invece lo ha solo denigrato».

Onorevole Stumpo, Giuliano Pisapia, dunque, è o non è il leader del nuovo centrosinistra che si contrappone alle politiche di Renzi?

Sicuramente Pisapia sarà il punto di riferimento di una leadership collettiva così come avviene in tutti i soggetti democratici. Se per leader si intende colui che guida questo percorso sicuramente lui lo è. A me non piace questa deriva plebiscitaria per cui le leadership sono diventate cose a sé stanti rispetto ai partiti. Sicuramente Pisapia sarà la guida di uno schieramento che ha una leadership plurale di un soggetto democratico in cui tutti hanno diritto di dire la propria opinione.

Mdp sarà, comunque, la forza trainante di questo schieramento?

Quando si fanno scommesse come la nostra non si difendono più posizioni come se fossero delle casematte. Mdp è nata solo da pochi mesi e ha avuto la forza di andare controcorrente per la costruzione di un soggetto a sinistra e un centrosinistra alternativo alle politiche del Partito Democratico e sarà tra i promotori di una nuova soggettività politica. Faremo entro l’autunno un’assemblea costituente dove Mdp confluirà insieme ad altri, se ci sarà il tempo per farlo, in un nuovo partito, altrimenti in un nuovo soggetto politico con il quale ci presenteremo alle elezioni, dopo le quali faremo un partito in quanto tale.

Non rischiate di ripetere in dimensioni più piccole le stesse contorsioni dell’Ulivo e delle sue varie gambe su chi debba essere il baricentro?

Non dobbiamo ripetere tutte le volte la stessa cosa. Dico una cosa paradossale: nessuno sentiva la necessità di un nuovo partito, ma ce ne era bisogno. C’è bisogno di un partito di sinistra, di centrosinistra che torni a difendere gli interessi del mondo del lavoro, che guardi al welfare e alla sanità come luogo di diritti, insomma che riattivi quelle politiche che distinguono la sinistra dalla destra, che faccia cose di sinistra.

Qui però non si è ancora capito, ad esempio, se in Sicilia Pisapia appoggia come voi Claudio Fava oppure no. C’è un’ambiguità da sciogliere?

No, nessuna ambiguità. Come me, Pisapia avrebbe voluto costruire una coalizione aperta al civismo, purtroppo è successo che la candidatura ( voluta dal Pd ndr) di Mi- cari in ticket con un alfaniano si è rivelata una cosa abbastanza strana. E Pisapia ha detto con nettezza che quella non era la coalizione con la quale poter fare un’alleanza.

Quindi, appoggerà Fava?

Mi sembra che Pisapia non abbia detto ancora nulla. Ma il problema è che in Sicilia il quadro è cambiato per le scelte sciagurate fatte dal Pd con l’alleanza con Angelino Alfano, scelte sciagurate per oggi e per domani, mi riferisco al patto fatto con Ap per la legge elettorale. E mi meraviglio che persona attenta come il mio amico ministro Andrea Orlando in un’intervista per giustificare l’alleanza con Alfano abbia provato a spiegarci che dividere il campo avversario è una pratica per vincere, accusandoci di poca lungimiranza politica.

Cosa gli risponde?

Che i colori pastello non sono più molto graditi né in Italia né in Europa. Questi pateracchi porteranno a favorire i Cinque Stelle non solo in Sicilia ma in tutta Italia. E la responsabilità sarà di tutto il Partito Democratico. Questo è il rischio, se continuano a pensare che è meglio unirsi con il centrodestra anziché presentarsi con una proposta chiara e netta di centrosinistra, riportando al voto milioni di persone e cercando di recuperare chi vota Cinque Stelle, ma senza mettersi tutti contro di loro altrimenti a Grillo apriamo un’autostrada.

Renzi veramente vi accusa della stessa cosa. Non rischiate di apparire antirenziani a prescindere?

Ho appena raccontato le ragioni per le quali la responsabilità è tutta del Pd. Io non ho nulla di personale contro Renzi, ma penso che siano sbagliate le sue politiche dal jobs act che ha significato solo sperperare un po’ di miliardi, alla scuola dove è stato combinato un disastro, non a caso al referendum il corpo insegnante e i giovani in prevalenza sono stati per il No.

Un banco di prova decisivo sarà la legge di Stabilità. Potreste votare no?

Noi abbiamo proposte dal lavoro alla sanità alla scuola. Sarà Pisapia ad avanzarle. Il nostro non sarà né un voto a prescindere a favore né a prescindere un voto contrario. Dipenderà dal governo se vorrà accogliere richieste che stanno a cuore a milioni di italiani.

Bersani nell’intervista al “Corriere” della sera sulla legge elettorale si è attestato sul Mattarellum ma è parso abbia fatto anche un’apertura al sistema tedesco. È così?

Andare a votare con due sistemi disomogenei, i moncherini usciti dalle sentenze della Corte è una follia. Il richiamo del presidente Mattarella dovrebbe stimolare tutti. La mia preoccupazione è che Renzi e Berlusconi siano preoccupati di perdere i cento capilista bloccati previsti alla Camera, disinteressandosi delle sorti del Paese. Noi siamo per il Mattarellum, se non lo si vuole fare allora si torni a quella che era l’ipotesi del tedesco, ma senza sotterfugi e furbizie per avere qualche seggio in più, mettendo in sintonia le due Camere.

Ecco, ma pur nella netta differenza di campo, potreste trovare un dialogo con Forza Italia, che vuole il tedesco?

Ripeto, noi vogliamo provare a rilanciare il Mattarellum. Ma se non ce ne fossero le condizioni, il tedesco ( e non però l’italianellum) che è un sistema semplice e abbastanza lineare, è un modello sul quale si può discutere.

Che effetto le hanno fatto le parole di riconoscimento di Gianni Letta nei confronti di D’Alema?

È la conferma della stima per D’Alema da parte del mondo politico che, al di là delle differenze politiche, vede in lui una personalità importante per il Paese. E soltanto per ragioni di piccolo cabotaggio politico D’Alema è stato, invece, denigrato dal Pd che invece ha lavorato per toglierlo dalla presidenza della Feps ( Fondazione di studi del Pse ndr). Da lì D’Alema avrebbe potuto continuare a dare un grande contributo all’Italia.