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Sempre più angosciati dai numeri da ecatombe. Sempre più ristretti negli spazi e nelle libertà: ora anche l’esercito nelle strade. Sempre più martoriati nella mente e nell’anima per aver inveito al Cigno nero e poi non averlo saputo riconoscere perché covava dentro di noi, lo respiravamo nei polmoni. Inconsapevoli e incubatori al tempo stesso. E adesso che giorno dopo giorno comprendiamo che “torneremo come prima” è un whishful thinking, un pio e semplicistico desiderio, buono per cullarci la sera prima di dormire ma pronto a scoppiarci in faccia al risveglio come una bolla di sapone: adesso, appunto, che facciamo?Stiamo chiusi a casa (e non sempre i molti che escono lo fanno per divertimento) e ci laviamo le mani perché abbiamo paura. Stiamo incollati ai notiziari radio e tv per ascoltare le misure decise da un governo cui ci aggrappiamo come fosse un medico, ripetendoci che quello pietoso porta alla cancrena. Aspettiamo notizie di cure sanitarie finalmente decisive e di risolutivi finanziamenti nazionali ed europei, illudendoci che quegli stessi elicotteri he adesso ci intimano di rientrare prima o poi faranno piovere la manna sottoforma di banconote e aiuti. Coltiviamo questo insieme di sentimenti, sapendo che sono virtuali. Perché presto o tardi, e verosimilmente più presto che tardi, la realtà si imporrà, dispiegandosi dinanzi a noi come un paesaggio primordiale, sconosciuto. C’è qualcuno che pensa a questo? Qualcuno che pensa al “dopo”, a come ricostruire senza enfasi, senza aspettative miracolistiche, senza demagogia? Ci viene detto che siamo in mezzo al tunnel e dobbiamo imparare a viverci, scacciando la presunzione di volerne vederne la fine. Ma se stiamo nel tunnel e ci acconciamo al buio, finiremo per diventare ciechi. Invece è proprio adesso il momento di provare ad allungare lo sguardo. A capire che non ci sarà alcun “dopo” se non prepariamo da subito un “prima”. L’Europa ci aiuterà ma tranquilli: gli egoismi dei Paesi del Nord e le spinte egemoniche della Germania non defletteranno. Dobbiamo essere noi, l’Italia, a costruirci il futuro: con le nostre mani. E’ necessario predisporre un piano concreto e condiviso per risollevare il Paese. Un copione che devono scrivere tutti, maggioranza e opposizione, ciascuno prendendosi le proprie responsabilità. Il gioco del tanto peggio porta al disastro.