“Alla ricerca della pecora Fassina”, per quasi trecento pagine di vignette ci va Bobo, il personaggio inventato da Sergio Staino, fumettista storico dell’Unità e anche - e magari sorattutto - anima critica e disincantata di una sinistra che sembra aver perso identità e coscienza di sè. Nella discesa nel profondo delle contraddizioni che la albergano, Bobo ha un suo Virgilio che l’accompagna: un piccolo rom che si chiama «Marlonbrando tutt’attaccato». Perché? «Beh - sorride Staino - lui compare quando Bobo inciampa in una tagliola e i compagni attorno a lui invece di liberarlo discettano dell’universo mondo, come tante volte accade nelle discussioni nelle sezioni o via web. Quando tutti si allontanano, Marlonbrando tira fuori un ferretto e lo libera. Volevo dire che in troppe occasioni a sinistra ci si confonde nelle fumisterie e si perde di vista la realtà, non si risolvono i problemi pratici».Il suo militante tipo deve avere cuore a sinistra, il cervello a destra. Più che un umano sembra un cyborg. O magari Roberto Benigni: anche lui ha detto che con il cuore è per il no al referendum costituzionale, ma la mente gli impone di votare sì.«Benigni lo abbraccerei. Ha scritto cose bellissime, forse anche una risposta ad una lettera che gli avevo scritto qualche settimana fa. In quel binomio cuore-cervello io credo molto. Quando mi chiedono: ma tu politicamente cosa sei? Io rispondo che sono anarchico-riformista. Sembra un ossimoro, invece regge. Con il cuore sono anarchico, credo in una società di tutti uguali, un po’ come la Papuasia prima dell’arrivo del Bounty. Ma questa è l’utopia; poi ci si deve calare nella realtà. Per farlo, ci vuole un cervello riformista, un cervello che ci dice che per raggiungere certi obiettivi occorrono piccoli passi, alleanze e così via».Insomma Benigni la convince. E convince pure Bobo...«Sì. E sa anche perché? Perché non criminalizza chi vota no. L’errore grave che sta facendo Renzi è proprio questo: fa di ogni erba un fascio. Non si può offendere, come fa lui, quelli che votano no. Tra di loro c’è, per dirne una, don Ciotti. Ma come si permette di offendere il no di don Ciotti, una delle persone più belle che abbiamo? Gli puoi dire: guarda che ti sbagli ma niente di più. Ne avessimo tanti come don Ciotti: potremmo fare a meno della riforma costituzionale».Lei ha citato Renzi. Parliamone. A pagina 46 Bobo si impegola in una discussione con lui ed il premier gli dice: «Prima regola della comunicazione: mai riconscere di aver fatto figure di merda». Più avanti, Eugenio Scalfari spiega: «L’Italia è un talk show generalizzato». E’ davvero così?«Purtroppo penso che per molti aspetti è così. Renzi alla comunicazione ci tiene da morire. Io vorrei che ci mettesse anche un po’ di cuore. Quel che tira fuori è anche bello ma superficiale, non si avverte alcuna profondità. Mi fa l’impressione di un computer: efficiente ma privo di radici».E allora ha ragione Sabino Cassese che a pagina 66 si rivolge a Bobo e dice: «Ogni Paese ha la sinistra che si merita». Dunque la sinistra italiana si merita Renzi, giusto?«Certo che è così. Ce lo meritiamo nel senso che il vecchio gruppo dirigente, seppur involontariamente, ha fatto di tutto perché vincesse lui. Sono stati compiuti errori colossali. Presentarsi in tre o quattro a Firenze per impedirgli di diventare sindaco è stato un disastro. Non a caso da lì Renzi ha preso l’abbrivio: se la sinistra fossa stata unita l’avvrebbe fermato e tutto finiva lì. Non solo. Se Bersani, dopo aver vinto le primarie - ed è stata quella l’ultima occasione in cui la sinistra si è sentita, diciamo così, eccitata - avesse formato le liste elettorali in linea con i risultati, la storia sarebbe andata in altro modo. Invece le primarie sono state tradite e Bersani ha riempito le liste di nominati. Da lì, è andato tutto a rotoli. Dunque se poi arriva Renzi, nulla da dire e onore al merito. Che si fa ora? Che i vecchi dirigenti se ne vanno a riposo, i giovani che sono di sinistra cominciano a lavorare con lui appoggiando le cose giuste e criticando quelle che ritengono sbagliate e così creano l’alternativa per il prossimo congresso».Ma quando Renzi dice: o cambio l’Italia o me ne vado a casa, lei sente un brivido per la schiena o invece prova rassicurazione?«Nessuno delle due. Mi incazzo. Oppure, per tornare a Benigni, rido della sua battuta: Renzi va a casa? Nessun problema: abita a palazzo Chigi... Mi incazzo perchè non è nel nostro Dna, non è nella nostra storia dire così. Vale anche per Fassina quando dice: o cambia la riforma costituzionale così o me ne vado. Mai un esponente di un partito di sinistra deve dire una cosa simile. Non si possono accettare ricatti: si discute e si vota a maggioranza. Vale a maggior ragione per un leader come Renzi. E’ l’abc di un partito progressista».Proseguiamo. A pagina 80 Bobo dice: il peggior governo di sinistra è comunque meglio del migliore dei governi di destra. Un po’ fazioso, no?«No, invece è proprio così. Un esempio? Non credo che un cattivo governo di sinistra potesse fare le cose ha fatto la giunta Alemanno a Roma. So di tanti che delusi da Rutelli, delusi da Veltroni hanno poi votato Alemanno. Ricordo le discussioni con Carlin Petrini, affascinato dalle posizioni pro-agricoltura che prese Alemanno da ministro. Ebbene non ho ricordi un una giunta di sinistra che sia arrivata ai livelli di clientelismo, di corruzione, di incapacità della giunta Alemanno».A proposito di Roma. Ad un certo punto Bobo propone Bono degli U2 sindaco. Ma serve davvero un alieno al Campidoglio? C’è già stato un marziano - mi riferisco a Marino - e, per usare un eufemismo, non è andata un granché...«Marino non l’ho mai appoggiato: ho in uggia i politici improvvisati».Giachetti non lo è?«Per niente. A parte che studia da studia da politico e da sindaco da tanto tempo, di lui mi piace il fatto che gioca in prima persona, anche usando il corpo come fanno i radicali. Penso che per una città come Roma un radicale sia la scelta giusta: troppe confusioni tra laicità e cattolicesimo. Vero è che ora c’è un bel Papa, ma fissare certi paletti resta giusto. Sono fiducioso che alal fine vinca».A pagina 222, parlando con Macaluso, Bobo gli domanda: «Si può costruire un partito di sinistra partendo da questo Pd? ». Vuol provare a rispondere lei?«Non lo so. So che fin quanto è possibile bisogna rimanere dentro al partito e tentare di cambiare. Per fare una scissione devi avere il popolo dietro, deve essere come fece il Pci nel 1921. Sennò resta una faccenda di primedonne».Vogliamo chiudere con Grillo? Che farebbe Bobo in caso di vittoria dei Cinquestelle?«Il catastrofismo grillino equivale a Salvini. Entrambe spianano la strada a soluzioni di destra. Se i grillini arrivassero al governo sarebbe come tornare al 1919, e a cercare l’Uomo della Provvidenza».