In attesa che nelle sale arrivi la seconda parte di Loro, il 10 maggio, Paolo Sorrentino ne racconta l’origine e le intenzioni. Con i suoi 100 minuti, Loro 2 chiude il cerchio, conclude un percorso di attraversamento della vita privata di Silvio Berlusconi, analizzata nei suoi momenti di attesa e stasi, quelli della Sardegna bucolica, delle feste e dell’epilogo della sua storia con Veronica Lario. La seconda parte non fa che confermare ciò che solo si sospettava, è la storia d’amore a fare da filo conduttore ed è sempre l’amore in generale ciò che genera il fallimento, il disincanto e la delusione di tutti i personaggi del film, dall’ambizioso Sergio Morra ( Riccardo Scamarcio), all’arrivista Santino Recchia fino alla bella e dimenticata Kira ( Kasia Smutniak) per arrivare infine alla Veronica che rappresenta tutte le donne colte nel momento del confronto con la vecchiaia e il crollo del castello costruito con tanti sforzi. In Loro ci siamo anche noi, che lo si voglia ammettere o no e Sorrentino durante l’incontro ricorda che il cinema deve sforzarsi di cercare di comprendere il perché delle azioni umane, anche le più aberranti. «Quando ho letto la sceneggiatura - ricorda Toni Servillo, ormai icona del cinema del regista napoletano - ho capito che Paolo ci portava in una zona che si allontanava dalla cronaca ma ce la raccontava con il linguaggio del cinema».

Dopo la proiezione di Loro 1, è iniziato un gioco in stile album delle figurine, in cui tutti si destreggiavano a cercare di capire il “chi è chi” all’interno del film. Che ne pensa?

Il gioco del “chi è chi” sarà anche legittimo ma è un po’ da rotocalco e non ha tanto senso farlo. Nel film alcuni personaggi hanno il nome che richiama direttamente quello di una persona reale, quando non è così non ha senso cercare di capirlo. Il personaggio di Fabrizio Bentivoglio non è l’ex ministro Sandro Bondi, anche perché una persona su due nel mondo scrive segretamente poesie, quindi non è per forza riconducibile a lui. Kasia Smutniak non è Sabina Began. Non si scherza con il fatto che le persone si sentano chiamate in causa quando non volevo farlo.

Visto che molti cercano di imitarla, ha paura anche lei di imitare se stesso?

Non posso che fare un film alla Sorrentino, posso capire che a qualcuno possa stufare ma come dice anche un personaggio del film, è piuttosto difficile uscire da se stessi. Molti dicono che cerco di imitare Kubrick, Fellini, Scorsese o Harmony Korine. Bisogna provare a imitare i capolavori ed è nel momento in cui non ci si riesce che si diventa originali. Visto che mi dicono che non riesco ad imitare, almeno che mi si riconosca l’essere originalissimo.

Come ha dichiarato nelle note di regia, Loro non si schiera dalla parte di nessuno ma vuole indagare il privato e l’umano dietro il politico...

Sarebbe stato stupido fare un film schierato e ideologico, un film che ponesse al centro della discussione berlusconismo e antiberlusconismo. Sarebbe stato fuori tempo massimo. Quello che non era così puntualizzato era la dimensione dei sentimenti che stavano dietro l’uomo politico e dietro certi personaggi che vengono raccontati nel film. Il film non è un attacco né tantomeno una difesa. Il fatto che ci sia una controparte che nel film viene interpreta da Elena Sofia Ricci che incarna molte domande che molti detrattori avrebbero voluto fargli, non significa che io sia d’accordo con Veronica o che sia d’accordo con Silvio Berlusconi, non è questo l’intento del film. Volevamo indagare la dimensioni dei sentimenti che ci sono dietro i personaggi. Ci sono i personaggi e le loro paure. La capretta ha paura dell’aria condizionata, ci sono tante forme di paura che riguardano i giovani, le persone di mezza età ed anche ovviamente Berlusconi. Sarò ripetitivo ma la paura della vecchiaia e della morte, sono paure che credo che aleggino in tutti, anche nei ragazzi di 20 anni che vengono messi in scena nel film. In questo sta la dimensione di attualità del film, non nei fatti. È un film in costume, quello che si spera che possa essere attuale sono i sentimenti delle persone che rimangono i medesimi nei secoli e che si sono sviluppati in un prorompente vitalismo proprio in quel periodo storico.

Dov’è il suo sguardo in questo film?

Il mio sguardo sta nel tono, quello della tenerezza, una parola che adesso fortunatamente gira molto. Non volevo puntare il dito contro nessuno, sarebbe stato presuntuoso, penso che un film, come anche un libro, debba essere, a dispetto della cronaca sempre più emotiva, l’avamposto per la comprensione di qualcosa. Bisogna sempre provare nel cinema e nella letteratura ad essere comprensivi, a cercare di comprendere il perché delle cose, di comportamenti che non ci piacciono o sono moralmente discutibili. Anche se, provando a fare questo, ci si sottopone a giudizi non sempre gradevoli da parte di pubblico e critica.

Loro è fondamentalmente una storia d’amore?

È sicuramente una storia d’amore. Quando concepimmo il film con Umberto Contarello ci era sembrato che una delle chiavi di accesso al personaggio fosse la storia d’amore, era il perfetto punto di partenza.