«La Cassazione ci ha dato ragione: le intercettazioni nei confronti di Romeo sono state invasive e senza una rigorosa valutazione dell’impianto probatorio che le legittimava». L’avvocato Alfredo Sorge, difensore di Alfredo Romeo, non può che mostrare soddisfazione dopo aver letto le motivazioni con cui la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza di arresto del suo assistito, che tuttavia ha passato quattro mesi nel carcere di Regina Coeli e da luglio si trova agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico.

Avvocato, che cosa dicono le motivazioni della sentenza di Cassazione?

La Suprema Corte ha accolto le nostre doglianze processuali con motivazioni che forniscono un importantissimo contributo in tema di intercettazioni. Ricostruendo la vicenda giudiziaria, possiamo dire che l’indagine si fonda quasi esclusivamente su intercettazioni di ogni genere, ma in particolare su quelle eseguite grazie all’utilizzo dei virus spia, i Trojan Horse. Queste intercettazioni sono state ampiamente usate sia dal Gip che dal Tribunale del riesame nei provvedimenti da loro emessi, ignorando le eccezioni formulate da noi difensori in materia di utilizzabilità. Ecco, la Cassazione ha giudicato fondate le nostre tesi.

E quindi, che cosa si evince?

Partiamo dal presupposto che i Trojan hanno dei precisi limiti di utilizzabilità, con presupposti ben chiari: primo tra tutti, il fatto che i reati ipotizzati siano di criminalità organizzata o aggravati dalla finalità mafiosa. La Corte sancisce che, proprio per la particolare invasività dello strumento tecnologico, sia necessario un rigoroso apprezzamento sia nella fase genetica della richiesta di utilizzo dei Trojan da parte degli inquirenti, sia in quella della successiva autorizzazione. Invece, nel caso di Romeo, la Corte nota che i pre- supposti mancano nella fattispecie: non c’è traccia di criminalità organizzata o di mafia, ma i fatti in causa riguardano condotte di presunta corruzione.

In sostanza, Romeo non ha commesso reati che prevedevano l’utilizzo delle intercettazioni con i Trojan Horse come strumento di indagine?

Sì, nel caso di Romeo siamo fuori dai presupposti per l’utilizzabilità, perchè nell’inchiesta non è mai stata nemmeno adombrata l’ipotesi di criminalità organizzata, per i reati ipotizzati come compiuti a Roma. Di conseguenza, l’impiego dei Trojan non era ammesso.

Nessuna ipotesi di criminalità organizzata in capo a Romeo, dunque?

Nessuna. Di più, non esiste alcun elemento indiziario che ci fossero gli estremi per una attività di criminalità organizzata. Ecco, ora la Cassazione ha sancito espressamente che i presupposti per intercettare con i Trojan Horse devono preesistere e che non possono essere conseguenza di un atto di indagine, che magari prosegue anche per due o tre anni.

Lecite o illecite, tuttavia, queste intercettazioni hanno avuto larga utilizzazione sia processuale che mediatica.

Purtroppo, sia le intercettazioni che i documenti di questo procedimento sono stati fin troppo divulgati sulla stampa, non si sa bene come. Le intercettazioni, in particolare, sono state usate processualmente in danno a Romeo e poi hanno avuto anche una incredibile divulgazione illecita, frutto di rivelazione di notizie coperte da segreto. Aggiungo anche che molte di queste sono ancora nel possesso di parecchie testate, che di volta in volta pubblicano illecitamente testi e parole.

Cosa altro chiariscono le motivazioni?

La Cassazione muove critiche generali anche alle modalità con le quali si è svolta l’indagine, in particolare al comportamento di omessa motivazione di molti decreti autorizzativi delle intercettazioni. Inoltre, solleva dubbi di utilizzabilità anche dei cosiddetti pizzini e documenti, che noi difensori avevamo criticato come inutilizzabili. Anche su questo la Cassazione ha stabilito che questi atti andavano verificati di volta in volta, anche attraverso l’attività di consulenti tecnici. Proprio questa, tra l’altro, era stata la linea della nostra difesa: noi abbiamo prodotto una consulenza grafologica, totalmente ingnorata dal Tribunale del Riesame, che dimostrava la non riconducibilità dei documenti a Romeo.

Possiamo dire che una parte del “sistema Consip” è stato smontato?

Sicuramente la Corte ha mostrato l’infondatezza del sistema Romeo. Un teorema che è stato preso come presupposto indimostrato dell’indagine, un assioma senza alcun significato processuale.

Che cosa succederà ora?

La legge stabilisce che, se un atto è nullo, è come se non esistesse. Quindi, dopo la sentenza di Cassazione di annullamento con rinvio, il Tribunale del Rinvio dovrà stabilire se, in base ai principi sanciti dalla sentenza, queste intercettazioni possano essere utilizzate. Io mi sento di dire, con grande fondatezza, che non lo sono e che il Tribunale debba dichiararne la nullità. A quel punto, ne chiederemo la distruzione.

Possiamo dire che l’inchiesta Consip ha subito una dura battuta d’arresto?

Difficile fare previsioni su Consip. Io però le posso dire con certezza che tutti gli elementi processuali probatori in relazione ai quali sono state adottate le intercettazioni con i Trojan hanno subito una battuta negativa sul piano dell’utilizzabilità. Siamo in attesa delle valutazioni del giudice del rinvio, ma io credo che verranno distrutte. Lo stesso vale per la decisione della misura cautelare per Romeo: io credo che non avrebbe nemmeno dovuto essere emessa e proprio questo sarà oggetto di dibattimento al Tribunale del Rinvio.