«Dalla parte dei cittadini. Senza sottrarre forza investigativa all’autorità giudiziaria. Siamo per la prima volta davanti a una riforma penale scritta davvero nell’interesse degli italiani. In linea con quanto ha sempre voluto il presidente Berlusconi, perché finalmente realizziamo un’idea liberale. Dire che gli dedichiamo la riforma significa anche certificare che, con il nome di Silvio incastonato nel simbolo, Forza Italia non solo continuerà il suo percorso ma avrà, nel solco dei suoi insegnamenti, grandi possibilità di espansione».

Francesco Paolo Sisto si occupa di giustizia. Ne è il viceministro. Quindi non può che vedere la riforma penale appena varata dal governo come strumento allo stesso tempo di «bilanciamento costituzionale» e di affermazione del «diritto di difesa».

Ma si può anche dire che la riforma è calibrata con una certa cura per fare in modo da portarla al traguardo senza velleitarismi?

Primo, la riforma nasce dalle specifiche e solide competenze di questo governo. Coniuga valori costituzionali come la presunzione d’innocenza, il diritto alla riservatezza e il diritto di cronaca nel bilanciamento più volte sancito dalla Corte costituzionale.

Sull’abuso d’ufficio siete particolarmente incisivi, non c’è dubbio.

Si parte dalle statistiche, dalla realtà. Con tutto il rispetto per opinioni diverse e, per carità, legittime, il governo, dopo aver ascoltato, decide. Secondo le proprie valutazioni e in base ai dati, oggettivamente misurati. Abroghiamo un reato che non combatte nulla, se non gli stessi amministratori. Che produce la paura della firma, il timore dell’atto lecito, un paradosso che genera una burocrazia difensiva: cose che, in costanza di Pnrr, sono inconcepibili. Così operando, restituiamo fluidità e conferiamo propulsione verso gli obiettivi del Paese.

C’è chi grida che la lotta alla corruzione si indebolisce.

Prima di tutto, il ministro Nordio ha illustrato al commissario Ue Reynders il già vastissimo arsenale anticorruzione di cui disponiamo, in modo da superare qualsiasi timore sul punto. Inoltre non era possibile ignorare l’appello dei sindaci: quando tutti, e se dico tutti mi riferisco anche ai sindaci di opposizione, ti dicono che quel reato produce disastri, basti pensare alla disarmante franchezza di Matteo Ricci, non si può rimanere indifferenti.

Persino il governatore De Luca vi applaude.

Appunto. E credo che sia altrettanto prezioso l’intervento sul traffico d’influenze: la norma è stata tipizzata, è stata eliminata la millanteria, l’utilità data o promessa è stata puntualmente individuata come utilità di tipo economico. C’è anche la definizione di mediazione illecita come finalizzata a ottenere un atto contrario ai doveri d’ufficio costituente reato: si assicura ulteriore stabilità alla fattispecie.

Insomma, si colpiscono le condotte sicuramente criminali, non un’indistinta descrizione di fatti tale da potere oggi sanzionare anche il semplice lobbismo.

Tengo moltissimo anche alla norma sull’informazione di garanzia, che ne cancella il marchio color rosso mediatico oramai da tempo assegnatole. Sia perché prevediamo che l’autorità giudiziaria debba comunicare all’indagato non solo il reato per il quale procede ma anche il fatto concreto in questione, in modo che il diritto di difesa possa esercitarsi davvero, sia perché dell’informazione di garanzia sarà vietata la pubblicazione, in modo da mettere fine all’uso di tale istituto come arma da tiro al bersaglio.

Sulle intercettazioni siete stati equilibrati, al di là delle letture ingigantite proposte da alcuni giornali.

Innanzitutto, non si limita l’uso dello strumento investigativo. Si interviene semplicemente su quella sorta di Bronx che finora ( non) ha disciplinato il nodo della non pubblicabilità. Un ambiente fumoso in cui alla fine prevaleva il liberi tutti.

Come avete pensato di risolvere?

Con l’attribuzione al giudice della responsabilità di definire quali intercettazioni sono pubblicabili e quali no. La meccanica è semplicissima: si àncora la pubblicabilità sui media alla trascrizione formale che, delle intercettazioni, il giudice fa, o non fa, nei propri provvedimenti: può finire sui giornali solo ciò che lo stesso giudice inserisce nei propri atti, non altro.

Così finisce lo sbandieramento del gossip giudiziario alla curva dei propri tifosi.

Se determinate intercettazioni non sono mai richiamate dal giudice nella fase preliminare, diventeranno pubblicabili nel momento in cui sono utilizzate nel successivo dibattimento. Le si lega così anche al concetto di utilizzabilità processuale. È chiaro che qui, oltre al reato di pubblicazione arbitraria previsto dal 684, entra in gioco anche l’articolo 115, che crea il link fra divieto di pubblicazione e possibile sanzione deontologica, dunque non penale ma disciplinare.

Un modo per coinvolgere la responsabilità etica dei giornalisti, d’accordo. Le misure cautelari?

Intanto il passaggio dal gip monocratico al collegio di tre giudici significa moltiplicare il livello di attenzione nel momento in cui la misura in gioco è custodiale carceraria.

Si può dire che si separano in un certo senso le carriere di pm e gip?

Non si tratta di questo, ma di una maggiore garanzia per il cittadino assicurata dal carattere collegiale della decisione, in una fase in cui si può esprimere la gran parte del potenziale aggressivo del procedimento penale. È altrettanto giusto dare all’indagato la possibilità di essere prima ascoltato e solo dopo eventualmente incarcerato, per i casi in cui non vi è pericolo di fuga, né di inquinamento delle prove, ma solo di reiterazione del reato, e a condizione che non si tratti dei delitti più gravi o con grave offensività nei confronti della persona, come i reati sessuali e simili.

L’inappellabilità delle assoluzioni che avete previsto sfuggirà alla censura costituzionale?

Abbiamo bilanciato la riforma Cartabia che introduce alcuni limiti all’appello dell’imputato. Lo abbiamo fatto per i reati, certo non gravi, che non passano per l’udienza preliminare.

In generale, la riforma cambia il quadro senza distorcere gli equilibri.

Me la faccia spiegare così: questa riforma sposta il baricentro dai sacerdoti ai fedeli. È scritta nell’interesse dei cittadini, del loro diritto di difesa, senza togliere nulla alla giurisdizione, ma con una inedita, mi lasci dire mai vista attenzione per la persona.

Nessuno di noi, ahimé, avrebbe mai pensato di dovergliela dedicare. Queste sono le idee di Forza Italia: vederle tradotte in norme è una grande emozione. Ed è così: è impossibile non pensare a chi, come il presidente Berlusconi, ha vissuto sulla propria pelle le battaglie perché quelle idee trovassero attuazione.

Bastano, riforme così, a garantire che Forza Italia non sparirà?

Forza Italia non scomparirà: oggi ( ieri per chi legge, ndr) abbiamo tenuto una conferenza stampa le cui parole chiave sono state unità e continuità. È come un atto, responsabile, di accettazione dell’eredità di Berlusconi: il suo nome resta nel simbolo. Restiamo tutti uniti appassionatamente per tenere alti i valori che Silvio ci ha lasciato. Teniamo viva la componente moderata del centrodestra. Le cui prospettive sono solo di grande, gioiosa crescita.