«È una vittoria di Forza Italia e della coalizione. E finalmente il cittadino saprà di avere davanti a sé un giudice realmente terzo, che non ha alcuna forma di parentela con le altre parti». Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia, è a dir poco raggiante. La neonata riforma dell’ordinamento giudiziario, che porta anche la firma del fondatore di Forza Italia Silvio Berlusconi, è «elegante ed equilibrata», spiega, e non intaccherà per niente l’indipendenza della magistratura. L’allarmismo delle toghe, dunque, è frutto di «fake news», aggiunge il numero due di via Arenula, convinto che un eventuale referendum non farà che rendere la conquista «ancora più bella».

L’ok del Consiglio dei ministri alla separazione delle carriere segna un primo punto per la realizzazione di un vecchio sogno di Berlusconi. Crede che si riuscirà ad evitare il referendum e a portare a casa la riforma nel più breve tempo possibile, visti i tempi necessari per una riforma costituzionale?

Con il ministro Nordio abbiamo costruito il trampolino e ora, partendo da qui, bisogna fare un salto, di qualità e quantità, che consenta alla riforma di diventare Costituzione. I tempi sono, ovviamente, nelle mani del Parlamento, ma siamo abituati ad affrontare queste sfide, belle perché nello stretto interesse dei consociati. Abbiamo ovviamente l’obbligo di dare il massimo. E qualora si arrivasse al referendum sono convinto che si rafforzerà il convincimento della bontà della nostra scelta. Se questa ratifica dovesse arrivare dai cittadini sarebbe ancora più bello, davvero meraviglioso.

L’Anm lamenta, tra le altre cose, il rischio di trasformare il pm in un super-poliziotto. È verosimile che con due Csm si finisca per dare troppo potere ai pubblici ministeri?

Non c’è nessun rischio. Con la riforma si rafforza tantissimo il ruolo del giudice, la sua strutturale terzietà, garanzia della possibilità concreta di essere imparziale nelle sue decisioni. Con questa riforma a regime, invece, il cittadino, entrando in un’aula di giustizia, sarà sicuro e rassicurato, avrà di fronte un giudice veramente terzo, diverso dalle parti, che saranno finalmente e davvero sullo stesso piano. Inoltre, sia chiaro, anche a chi non vuole ascoltare: la riforma non intacca minimamente l’indipendenza della magistratura inquirente, anzi, il testo afferma esattamente il contrario, ribadendo perentoriamente all’articolo 104 che “la magistratura è un ordine autonomo e indipendente”.

Il sorteggio è davvero il rimedio per ridurre il potere delle correnti? Siete disposti a pensare, nel corso dell’iter parlamentare, ad un ammorbidimento della proposta, passando al sorteggio temperato?

Il percorso parlamentare sarà sovrano, quindi è chiaro che il contributo dell’Aula sarà accolto con il necessario rispetto. Però un merito almeno ci va riconosciuto: è una riforma scritta in punta di fioretto, anche se qualcuno magari si aspettava fendenti di scimitarra: per esempio, abbiamo voluto mantenere le proporzioni attuali del Csm, parificando altresì i criteri di reclutamento dei magistrati a quelli dei laici, strutturando poi l’Alta Corte con criteri di assoluta eccellenza. Il provvedimento è ovviamente aperto, perché è giusto che sia il Parlamento il luogo privilegiato per discutere e deciderne sorti e dettagli. Mi piace rammentare che un importante elemento di questa riforma, che è l’Alta Corte, nasce da un’idea di Luciano Violante, intelligenza che di certo non può essere di certo accostata al centrodestra, a riprova dello spirito laico dell’intervento riformatore. Anche questa innovazione servirà a migliorare il tasso valoriale di indipendenza e autonomia della magistratura.

È verosimile che nel corso della discussione in Parlamento venga reinserito il punto relativo all’avvocato in Costituzione, dato che la proposta convince anche Pd e M5S?

Per il momento abbiamo voluto concentrarci su una riforma che riguarda l’ordinamento giudiziario; ma l’avvocato in Costituzione è uno di quei temi che saranno oggetto di discussione in ambito parlamentare.

Qual è il messaggio politico con cui pensate di far valere, con gli elettori, una conquista che riguarda una materia di difficile comprensione per il cittadino comune?

Il messaggio è molto chiaro: se c’è un impegno che è stato assunto nel programma condiviso con gli elettori va mantenuto, soprattutto in un settore, quale la giustizia, che Forza Italia ritiene nevralgico: un messaggio chiaro e forte. Questo è un governo che se assume un impegno fa di tutto per mantenerlo. E noi siamo convinti, ribadisco, che la giustizia sia un settore decisivo per garantire la democrazia del Paese e la tutela del cittadino, in linea con la storia di Forza Italia, da Silvio Berlusconi fino ad Antonio Tajani. Una giustizia giusta significa un Paese più giusto. E anche migliore.

Ora che Forza Italia ha ottenuto questo risultato, cambia qualcosa nel rapporto tra i partiti?

L’esatto contrario. Penso che ogni conquista nel rispetto del programma proposto per acquisire il consenso rafforza tutta la coalizione. Significa che insieme siamo capaci di garantire il raggiungimento degli obiettivi. È proprio questo che caratterizza la coalizione: una diversità che è capace sempre di maggiore unità. E questo, ovviamente, rafforza la capacità di governare.