Senza soldi meno democrazia. Oltre 26 anni fa, il 29 aprile 1993, Bettino Craxi parlò per l'ultima volta nell'aula di Montecitorio.

La Camera discuteva l'autorizzazione a procedere nei suoi confronti e il leader del Psi, il pesce più grosso finito nella rete di Tangentopoli, pronunciò la propria autodifesa nel silenzio più assoluto dell'aula, dicendo a voce alta quel che in realtà tutti sapevano: che da sempre non i partiti ma l'intero sistema politico ( fu Craxi stesso a sottolineare la specifica) viveva di finanziamento illegale.

Riconobbe che all'interno di quel sistema generale di illegalità diffusa, anzi onnipresente, esistessero anche «aree infette», «casi di corruzione e concussione», ma il grosso dello scandalo che aveva travolto la prima Repubblica nei mesi precedenti riguardava non casi individuali di malaffare bensì un intero sistema di finanziamento della politica.

La chiamata in correità fu totale: «Non credo che ci sia nessuno in quest'aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo». Non si alzò nessuno.

Il discorso di Craxi e il caso rubli. La chiacchierata del 18 ottobre scorso all'Hotel Metropol di Mosca è ancora tutta da chiarire e a occuparsene dovrebbe essere solo la magistratura.

Ma il problema che comunque evoca, 26 anni dopo il discorso di Craxi e il referendum che abolì con una valanga di voti superiore al 90% il finanziamento pubblico ai partiti, 45 anni dopo il varo della legge Piccoli, che nel 1974 tentò per la prima volta di normare le contribuzioni e introdusse il reato di finanziamento illecito, 61 anni dopo la presentazione del primo ddl in materia, presentato al Senato nel 1958 da don Sturzo in persona, è sempre lo stesso: il costo della politica e il gioco a rimpiattino che intorno a quel nodo oggettivamente aggrovigliatissimo si articola da decenni.

La riforma del 1974. La legge Piccoli, che garantiva ai partiti 45 miliardi di vecchie lire ogni anno e 60 in quello delle elezioni imponendo di rendere pubblici i bilanci, avrebbe dovuto permettere ai partiti di evitare il ricorso ai finanziamenti privati illeciti, come quelli che erano stati all'origine di alcuni scandali di maestose dimensioni sia nei ' 60 che all'inizio dei ' 70.

Non funzionò, anche perché i costi della politica continuavano a lievitare e tra la fine del decennio e gli anni ' 80 si inaridì progressivamente anche il fiume un tempo in piena permanente dei sostegni economici da parte di entrambi i blocchi Usa- Urss ai partiti di riferimento.

Le ' mazzette' erano ampiamente diffuse ben prima dell'arrivo di Craxi. Il referendum del ' 93 arrivò sull'onda dello scandalo che aveva scoperchiato quel sistema: Tangentopoli.

Fu quindi fortemente condizionato da una temperie emotiva che mirava non a risolvere il rebus dei costi della politica ma a punire i politici.

Il risultato faceva a pugni con la logica. In nome della guerra santa ai fondi illegali il quesito referendario proponeva di cancellare quelli leciti, senza peraltro intervenire sui costi.

Un labirinto destinato inevitabilmente a sortire l'effetto opposto a quello desiderato, rendendo obbligatorio il ricorso al finanziamento illecito.

I rimborsi elettorali. E' vero che il verdetto delle urne fu aggirato subito grazie alla scappatoia dei ' rimborsi elettorali'.

Nel 1997 fu stabilito per legge che lo 0,4% dell'Irpef sarebbe stato devoluto al rimborso in questione.

Due anni dopo furono istituiti cinque fondi destinati a coprire le spese per le elezioni politiche, europee, regionali, comunali e referendarie ma senza obbligo di spendere realmente i capitali così incassati per coprire le spese elettorali.

Nel 2002 il fondo complessivo fu portato dai 193 mln del 1999 a 469 mln di lire e il quorum necessario per accedere al rimborso fu abbassato dal 4% all' 1%.

Quattro anni più tardi una legge ulteriore stabilì che si aveva diritto al pieno rimborso delle spese elettorali anche in caso di scioglimento anticipato della legislatura.

I costi della politica e la nuova propaganda. Sull'altro piatto della bilancia pesava un'impennata senza precedenti dei costi della politica dovuta in parte al nuovo modello di propaganda, ricalcato sulla pubblicità di mercato, in parte al peso crescente assunto dalle amministrazioni locali, tanto più dopo la riforma costituzionale ' federalista' del 2000.

La roccaforte di Tangentopoli, che era appunto un sistema strutturato di finanziamento illecito, si è così frammentato in una cascata a pioggia di casi di corruzione spesso stracciona e onnipresente, nonché in un dilagare della clientela diventata essenziale per la tenuta delle amministrazioni locali.

La conseguente e definitiva delegittimazione della politica ha rinvigorito gli umori, compiutamente ' populisti', che erano già all'origine del referendum del 1993 e nel tentativo sgangherato di inseguire quelle pulsioni, sulle quali è cresciuto in 10 anni l'M5S, il governo Letta ha cancellato nel dicembre 2013, ma con decorrenza dal 2017, il finanziamento pubblico, già dimezzato l'anno precedente dal governo Monti.

Punire la politica. La logica è sempre la stessa: la politica va punita per la sua corruzione endemica lasciandola a secco, e dunque costretta a ricorrere sempre più a finanziamenti oscuri.

Senza contare che su questa strada si incontrano necessariamente compagni di viaggio d'ogni risma: faccendieri, maneggioni, militanti che tirano a piegare la linea del capo nella loro direzione preferita, millantatori alla ricerca di un tornaconto personale.

Proliferano rapporti dubbi: con banche, fondazioni, aziende, Stati sino all'inestricabile nesso biunivoco che vede un soggetto privato, la piattaforma Rousseau, finanziato dai parlamentari a Cinque stelle.

La Commissione parlamentare d'inchiesta che verrà proposta e approvata nei prossimi giorni riuscirà probabilmente a peggiorare le cose.

Nasce con lo spirito del detective alla ricerca di prove degli illeciti: si trasformerà di conseguenza in una guerra di tutti contro tutti.

Il nodo reale, cioè la consapevolezza che la politica e la democrazia hanno un costo e che la faccenda andrebbe impostata affrontando realisticamente questo dato di fatto, resterà fuori dalla porta della Commissione.