Radio radicale rischia di morire. Il rischio è altissimo. Se Radio radicale sarà spenta, la ferita per il sistema di informazione italiano sarà molto profonda. E sarà un colpo micidiale alle libertà di stampa.

Ieri a Roma è iniziato l'ottavo congresso del Partito Radicale che viene dedicato interamente a questa battaglia di civiltà. Tra gli altri ha parlato Massimo Bordi, che è una delle voci più antiche di questa radio. Se a giugno la radio chiude non ascoltermo più la mattina la sua voce, roca e romanesca, raccontarci con sapienza e spirito critico cosa hanno scritto i giornali. La chiusura della raio provocherà la caduta brusca della qualità dell'informazione in Italia. E l'informazione di qualità, in Italia, non è una merce diffusa.

Lavoro nerl giornalismo da quasi mezzo secolo e ho visto chiudere tanti giornali. In genere per ragioni economiche. Giornali importantissimi nei quali io ho lavorato sono stati chiusi o almeno hanno sospeso le pubblicazioni. Penso all'Unità e a Liberazione.

Hanno chiuso anche molte altre testate storiche, per esempio Il Mondo, Paese Sera, l’Europeo, il Borghese, il Popolo. Ogni volta che uno di questi giornali spariva dalle edicole il risultato era un indebolimento del sistema- informazione. Fortissimo. E anche un indebolimento della nostra democrazia politica. In Occidente la democrazia politica vive di informazione e vive di giornali, di radio, di Tv. Senza muore. Oggi anche i maggiori studiosi europei osservano come il sistema dell’informazione, in Italia, sia molto debole. Ci sono tre o quattro grandi giornali che svolgono ancora una funzione “generalista” e poi alcuni piccoli giornali, come anche il nostro, impegnati sul fronte dell’informazione con tutte le proprie forze, ma oggettivamente deboli. Al fianco di questi giornali c’è un certo numero di giornali di propaganda, che galleggiano bene nel mercato ma hanno modeste funzioni di informazione.

Radio Radicale, che esiste da 42 anni, aveva - ed ha - una funzione assolutamente speciale. Copre le istituzioni e la politica a tutto campo. Con grande professionalità, in modo imparziale, completo. Offre alla società delle enormi possibilità di conoscere e una quantità grandissima di informazioni e di sapere. Non è possibile sostituirla. Cioè sostituire o surrogare il lavoro che fa.

L’inventò Marco Pannella, che è stato tra i quattro o cinque personaggi più importanti della Repubblica italiana. Era il 1976, mancavano pochi mesi alle elezioni politiche. Era in corso un gran duello tra il Pci di Berlinguer e la Dc che aveva appeno messo a terra Fanfani e scelto Zaccagnini. Il duello poi finì in un’alleanza, un patto.

In quel frangente Pannella decise di presentare il Partito radicale alle elezioni, sebbene l’impresa fosse quasi disperata. Alla tornata precedente, nel 1972, un paio di partiti di sinistra, piuttosto robusti, come il Psiup di Basso e Foa e il manifesto di Magri e Natoli, che teneva insieme i principali gruppi extraparlamentari, avevano fallito l’obiettivo. Insieme avevano raccolto quasi due milioni di voti ma non avevano superato sbarramento ( che allora consisteva nella conquista piena di un collegio elettorale, senza l’aiuto dei resti: meccanismo complesso che spiegheremo bene un’altra volta). Pannella rischiò, anche se tutti lo sconsigliavano, ce la fece per pochissimi voti. In tutto ne raccolse meno di 400 mila ma riuscì a centrare il collegio pieno ( credo a Roma, ma non sono sicuro) e mandò quattro deputati a rompere le scatole all’alleanza tra Dc e Pci, che controllavano più dei tre quarti del Parlamento. Segretario del partito radicale era Adelaide Aglietta, che credo sia stata la prima segretaria di partito donna di tutta la storia italiana. Donna combattiva, intelligente, appassionata, anche spigolosa, forse, ma molto mite, dolcissima. Prima delle elezioni del 1976 nessuna donna era mai stata né segretaria di partito, né ministra, né rettore di università, né Procuratore della repubblica. Pannella andò in Parlamento insieme ad Emma Bonino, che Pertini battezzò “il monello di Montecitorio”, alla Aglietta e, se ricordo bene, ad Adele Faccio. E organizzò un gran casino. Alla Camera tornò l’ostruzionismo, che era sparito dai tempi della legge truffa, cioè dal 1953.

E’ alla vigilia di quella campagna elettorale che iniziò a funzionare Radio Radicale. Tenete conto che all’epoca le radio libere erano pochissime. La radio era solo Rai ( primo, secondo e terzo) più radio Vaticana e Montecarlo. La Tv solo Rai ( primo e secondo). Basta. Pannella puntò sull’informazione e riversò sulla radio tutto il finanziamento pubblico al partito che riusciva a mettere insieme. Disse: il finanziamento non è al partito ma a un servizio pubblico. Radio radicale

è il servizio pubblico.

Quando negli anni ottanta la radio stava per morire, Pannella riuscì a firmare una convenzione con palazzo Chigi che riconosceva il valore di servizio pubblico e in cambio dava un finanziamento.

Ora il nuovo governo gialloverde vuole levare il finanziamento. Come ha deciso di levarlo ai giornali. La conclusione sarà la chiusura di radio radicale e del manifesto. Non credo che nessuno possa dubitare che se questo succederà sarà un attacco evidente e grave del governo all'informazione. Speriamo che tutto il mondo dell’informazione saprà mobilitarsi per difendere se stesso. Difendere Radio Radicale ( e anche il manifesto) vuol dire difendere se stesso. Speriamo che il governo ci ripensi. Che abbandoni, o metta in minoranza, le idee autoritarie e anti liberali che hanno ispirato il taglio a Radio Radicale.